L'ombra della Colpa - Gli avvocati vivono il sabato del villaggio tutta la vita, come sotto cauzione
Sono giorni leggeri a cui non sono abituato. Gli avvocati vivono il sabato del villaggio tutta la vita. Quello di cui parla Leopardi.Anche le giornate migliori, in cui vinci una causa, o non ti chiedono dei soldi, sei sotto cauzione. Sai già che finirà. Sai che te ne chiederanno conto. Vaffanculo, ma si può andare avanti così ? Si può. Sono in studio a scrivere un ricorso per sequestro conservativo di una barca. Un ricorso semplice. Un cantiere esegue dei lavori su di una barca. I proprietari di questa non pagano. E la barca può salpare da un momento all'altro. Naturalmente, l'imbarcazione batte bandiera panamense. Sono lì che mi scrivo il mio ricorso tranquillo, quando suona il telefono.
E' il mio amore, Agata la buona.
- Dimmi Agatina.
- Mario, ho la lista testi del tuo processo. Mi hanno indicata come testimone.
E giù un singhiozzo. Strozzato in gola, come un tramonto che si interrompa sul più bello, quando il rosso dovrebbe cominciare ad incendiare il mare.
- Non ti preoccupare, vieni in studio, stai tranquilla.
Che scemo che sono. Potevo mai pensare che la procura non avrebbe compiuto questa mossa, quella del cavallo, quella con cui si dà scacco al re legando a filo mortale la regina ? Mi sento uno stupido. Agata ha partecipato alle indagini difensive, come facciamo sempre. In assenza di una videoregistrazione tutti i manuali ci insegnano che un testimone – interno allo studio – è indispensabile. Io avevo Agata, ho lei. Il problema è che nel frattempo – tra quelle indagini difensive e il mio personalissimo processo da imputato – è spuntato un amore profondo, avviluppante, come non avrei più creduto potesse sbocciare nella mia vita. Quegli amori che ti portano al sacrificio, Squinzati. Cerco di riflettere con raziocinio, prima che Agata rientri. Se anche io non fossi stato innamorato di lei, cosa avrei potuto fare, mi interrogo. Sul banco dei testimoni il PM l'avrebbe portata comunque e Agata si sarebbe trovata pur sempre all'imbocco di un bivio. Dire la verità o dire la verità. Non posso certamente metterla a rischio, per una mia cazzata di natura umanitaria. Ne basta uno di avvocato alla griglia. Il teste sentito ha dichiarato quello che appare scolpito nel mio verbale di indagine difensiva e poi – purtroppo – il contrario in quelle maledette sit arrivate dopo. Certo, si può dare battaglia alle sit. Non fanno parte del processo dove io sono imputato, arrivano da un altro fascicolo, ma è complicato. Maledettamente complicato. Che cazzo faccio ora ? Devo dirlo a Massimo che tra me e Agata è divampato un amore epocale ? Oltretutto, mi arriva alla mente un pensiero traditore, un po' vigliacco, una specie di lama sottile, come un barbaglio di luce che vedo soltanto io. Non è che questo amore è cruciale solo per me ma non per lei ? Mario, cosa stai facendo ? Agata è una ragazza giovane, giovane, e tu sei al giro di boa, Squinzati, non dico che hai i giorni contati, ma sei sicuro che per te ci sia ancora tanto miele, tutto quel miele così dolce ?
Squilla il telefono.
- Pronto.
- Avvocato ?
- Chi parla ?
- Giannini, avvocato.
- Signora mi prende in un brutto momento. Mi richiami.
- Mio marito sta male.
- Immagino gli abbia fracassato la testa, a questo giro.
Silenzio.
- Pronto ?
- Ha un tumore.
- Senta signora…
Ha già buttato giù. Non capisco perché la fase più delicata della vita di un cliente debba essere comunicata all'avvocato che si è scelto. Mai una buona notizia; soltanto quelle ferali arrivano dentro il nostro spazio di vita quotidiano. Una volta mandavano in tv una rubrica che si chiamava l'Almanacco del Giorno. Potrei vincere quella della notizia letifera del dì. Mi piace questo aggettivo. Lo usano tanti PM durante le operazioni autoptiche per indicare l'evento che ha causato la morte di una persona. Deriva dal latino fero, porto, e Lete, il fiume dell'oblio. Portare l'oblio o la morte ? Non sono poi la stessa cosa ? Agata entra nella mia stanza piangendo e mi abbraccia stretto, strettissimo, come nessun'altra donna ha fatto mai, a parte mia madre. Cara, stai serena. In questo momento, non penso più a me. Capisco che soltanto questo amore mi interessa.
Sono già immerso in un fiume alla ricerca del mare.
Consolo Agata come posso e cerco di spiegarle che sarebbe stato tutto uguale anche se non fosse sbocciato l'amore tra di noi.
- Mario, non voglio essere io il punto debole in questa storia. Qui va della tua carriera. Non ti meriti una cosa del genere. Vado a testimoniare e non mi discosterò da quanto ha dichiarato il teste in studio.
- Brava Agata. Così, non ci sarà un solo avvocato indagato. Ci saranno due imputati. Non aspettano altro.
- Chiamiamo subito Massimo. Sono sicura che lui troverà un modo. E' più distaccato di noi due. Di te senza dubbio.
- Lo chiamiamo domani. Credo ci sia ben poco da fare. Se sentono te, sarai costretta a dire la verità. Devo patteggiare.
Ecco. Mi è uscita dal profondo del cuore. Dall'anima è salita su la parola impronunciabile, quella che non voglio mai neanche proporre ai clienti quando si siedono davanti a me un poco ansanti.Patteggiare equivale ad ammettere la propria responsabilità. Una sentenza di patteggiamento non a caso è equiparata a una sentenza di condanna. Un tempo non era così. Era un mettersi d'accordo con la parte pubblica, senza nulla riconoscere. Era un rito nato per deflazionare i processi e basta. Oggi non è niente di più nè di meno di una sentenza di condanna ad una pena ridotta fino ad un terzo alla velocità che deriva dallo scegliersi una sorte esattamente quantificata con la calcolatrice. Agata strepita. Mi urla che io non sono uno che possa patteggiare. Non ho mai visto questa ragazza così disperata. Neanche nei suoi momenti più difficili, quelli in cui la vita l'ha presa al laccio. Mi rendo conto che deve sentirsi in trappola, e peggio che mai, dentro una specie di tagliola dove le gambe intrappolate sono quattro: le mie e le sue. Glielo rispiego un'altra volta. Cerco di scegliere le parole, tento di convincermi anch'io che non c'è via più semplice di questa. L'unica preoccupazione è l'Ordine. Devo essere certo che mi infliggano al massimo una censura, un richiamo verbale, ma niente di più. Devo chiamare Massimo e dirgli di andare a parlare con il Procuratore Capo, quello che poi verrà su al Consiglio, il giorno del procedimento disciplinare. La sua parola, il suo giudizio, conta più di quello di tutti i membri del Consiglio. E' assurdo ma è così.
Un consesso fatto di avvocati dovrebbe essere autonomo e capace di valutare l'opinamento del rappresentante del pubblico ministero come un parere meramente consultivo ma non vincolante. Invece, conta quasi come un parere obbligatorio, capace di regolare le coscienze. Questa rimane l'unica mossa da compiere. Per il resto, amore mio, non ti preoccupare per me. E' assurdo che patteggi proprio io, l'ho sempre detestato questo istituto,l'ho sempre considerato l'emblema della rinuncia, la bandiera dei cagasotto.Comunque non sono un santo.
Sono solo una persona che non si può permettere di fare altri danni.
Adesso basta.
Studio le domande da formulare alla psicologa nel processo Salmaso. Non posso fare due cose così delicate contemporaneamente. Un cervello modesto come quello assegnatomi in sorte non sopporta di stare in due alberghi nello stesso momento. Devo scegliere. Agata chiamerà Massimo. Ogni volta che devo parlare del mio processo, mi sale un nodo alla gola, o al respiro, non so. Ecco perché fanno fatica a respirare i miei clienti. E' come avere un sasso che ti schiaccia il diaframma, un incubo permanente che non ti lascia vivere neanche di giorno. Pensare che il mio peggior incubo era sognare di sostenere ancora una volta l'esame da procuratore legale, altrochè fare l'imputato. Non me lo sarei neanche immaginato. Noi non diventavamo avvocati subito ma procuratori legali, con la possibilità di esercitare entro il distretto di Corte d'Appello per i primi sei anni. Dopo, si diventava avvocato e allora potevi esercitare in tutta Italia. In soffitta ho ancora la targhetta di ottone da procuratore. Me l'aveva attaccata al portone dell'ufficio mio padre. Era venuto con il suo borsello, dentro cui la teneva. Quando l'affisse, non lo vidi, ma credo sia andato via come un generale vittorioso sul campo. Con il sole dietro le spalle. Sono in studio dall'alba. Voglio essere tranquillo e curare il controesame senza distrazioni. Il mattino è fondamentale. E' la membrana temporale in cui i pensieri volano come rondini. E' il luogo dell'anima in cui ogni nozione risulta incisa dentro i neuroni per non sfuggirne più. E' il momento più prezioso, quello che mi fa stare bene per il resto della giornata. Separo mentalmente i miei casini dallo studio del processo più importante di questo periodo. Una vocina sottile mi dice che il mio è il più delicato, quello a cui devo badare di più, anche se mi ripugna e mi fa stare male. Quando sono in studio devo evitare di pensare alla mia vita privata. Qui contano i clienti, i loro problemi, il fatto che si siano affidati a me. In Philadelphia, quando Denzel Washington chiede a Tom Hanks se avesse mai detto di essere omosessuale ai suoi datori di lavoro, Tom risponderà che non l'aveva fatto perché in uno studio legale non si porta la propria vita privata: anzi, non bisognerebbe neanche averla una vita privata, in studio.
Così dev'essere, penso, anche se so che tra Agata e Massimo c'è chi veglia su di me. La mattina vola. Il telefono mi lascia vivere, non squilla, sono calmo e assimilo come una spugna. Un sms infrange la mia apparente tranquillità. Leggo.
"Pensi di scopartela soltanto tu una come la tua bionda ? Cornuto".
Smanetto subito per capire da chi arrivi il messaggio fottuto. Anonimo. Devono averlo inviato da internet. Non ci posso credere. Ci mancava solo questa. Sento una vampata di gelosia cieca, acida come veleno o come il mercurio, salirmi agli occhi, alla bocca. Sono stupido o cosa ? Posso pensare che Agata non avesse dei pretendenti gelosi, soprattutto se respinti ? So già che la nostra relazione è di dominio pubblico. Devo farle vedere questo messaggio, però. Non posso credere che non sia soltanto mia. E' stupido quello che penso, lo so, ma una punta sottile mi punge in fondo al cuore.
Bastardi.