Giuseppe Guido Loschiavo (1899-1973), magistrato e scrittore, iniziò la sua carriera come Pretore in Sicilia per poi ricoprire il ruolo di Presidente di sezione alla Corte di Cassazione. Fu autore di saggi giuridici e di opere di narrativa, tra cui La legge della terra (Il segreto delle Madonie); Piccola Pretura (In nome della legge), Colombo, Roma 1948, che ebbe sette edizioni e Fu vincitore del premio letterario "Isola d'Elba"(dal libro fu tratto il celebre film del 1949 di Pietro Germi "In nome della legge"); Gli inesorabili, Colombo, Roma 1950, da cui fu tratto il film omonimo diretto da Camillo Mastrocinque nel 1952; Il mare di pietra, Vito Bianco, Roma 1960; 100 anni di mafia, Vito Bianco editore, Roma 1962; Il dialogo allo specchio, Mursia, Milano 1969; La giustizia in minitoga, Pan, Milano 1972.
Brano tratto da: Piccola Pretura, Colombo, Roma 1948.
Strilli e bestemmie svegliarono Guido Schiavi.
- A te proprio a te, monaco maledetto! Ti debbo rompere...
Grida femminili si partivano dal sentiero sottostante al convento.
Guido Schiavi salto fuori dal lettuccio e, alzata la rete, guardò fuori.
Sotto le finestre c'era un gruppo di contadini e contadine in abito di festa.
Si recava alla prima messa per celebrare di buon mattino il matrimonio e da una cella un getto di acqua saponata si era rovesciato improvvisamente sullo sposo: una doccia che gli aveva ammollato il cappello nuovo, la cravatta e la camicia e gli aveva lavata la faccia.
- Che è successo° - domandò con un sorriso amabile.
- Ah' Signor Pretore' Un monaco forestiero, un monaco con la barba e occhiali, ha bagnato lo sposo ! Guardi Voscenza come è ridotto'
- La cravatta nuova' La mia bella cravatta nuova!
- Senti, Jachino Chiarenza, non ci pensare troppo! Non l'ha fatto apposta!..
.. In quanto alla cravatta, te ne offro una nuova io: sarà il mio regalo nozze. Gira dalla porta alta.
- Ma, signor Pretore, non si disturbi. Quanto onore...
La comitiva era lusingata dal dono e l'ira era sbollita.
Si ritrasse dalla finestra: sulla soglia della cella c'era il Procuratore del Re con aria mortificata.
- Ha visto, collega, che guaio ho combinato?
- Non ci badi, può capitare a tutti...
Credevo che il Convento desse sulla campagna... e lei, adesso, e una cravatta...
Guido Schiavi trasse dalla valigia una cravatta e corse alla porta del convento: tornò dopo pochi minuti raggiante.
- Vede? Oggi sono veramente contento!... Se avesse visto la gioia dello sposo e come tutti lo invidiavano!... Ognuno avrebbe voluto su di sé questa occia!
- Collega! - il Procuratore si era seduto al tavolino - Quando ci siamo lsciati... la vigilia di Natale... lei non volle stringermi la mano. Ricorda?
~ Perfettamente! Pure ieri sera non ci siamo stretta la mano: noi non siamo amici, siamo il superiore e il dipendente...
- Lei, però, è amico del Procuratore Generale!
~ Affatto!
- Lei è protetto dal Procuratore Generale!
- Non me ne sono accorto.
- Io avevo scritto un rapporto a suo carico e dalla Procura Generale hanno risposto di non preoccuparmi di lei: ciò vuol dire che lei è protetto.
- Sarà Dio, che mi protegge, signor Procuratore del Re, perché soltanto lui vede come agisco e vivo.
Il Superiore lo guardò in silenzio e dopo una pausa:
- Lei pensa questo?
- Fermamente.
Altra pausa.
- Sono contento di essere venuto qua, perchè così ho potuto modificare alcuni preconcetti su di lei. Penso che qualche cosa di buono la Giustizia potrà un giorno ottenere da lei...
- Perché? Tutto quello, che ho fatto finora, non prova nulla?
- Predice quello che affermol... Mi sono già formato il convincimento che questo e un paese infernale, che l'opera della Giustizia e più vana che utile... D'altronde non si può lasciare questa gente senza il Pretore e lei, che si trova in particolare condizione d'ambiente, vi potrà rimanere benissimo...
- Senta, signor Procuratore: le sue parole oggi confortano ma non ripagano le mie sofferenze. Io non voglio rimanere qua... Non posso resistere più all'isolamento, all'incubo di sapermi controllato da mille occhi ed esposto alle malevolenze di tutti... La prego, mi faccia trasferire.
- Collega, lei e giovane! Guardi con fiducia all'avvenire e attenda al suo dovere... Cerchi pure di vivere. Caute nisi autem caste! Ciao, Collega!
Gli battè familiarmente la mano sulla spalla e, dopo avere guardato in giro la cella, uscì sospirando.
Ciccio Messana si era dato tutto alla sua vita di campiere e di carrettiere: con foga rabbiosa. Si incaricava dei trasporti più lontani per evitare d'incontrarsi con i paesani, per non rivedere i luoghi, che gli ricordavano la sua vergogna.
Nel cuore gli si era scavato un abisso: non che amasse Vastianedda: il suo era stato capriccio di maschio per la ragazza acerba e bella, dopo che la Scanniota gliela aveva messa in mente! L'aveva sognata sposa e il vedersene spossessato era per lui un fuoco in petto. Pure con la Scanniota ce l'aveva, perché era stata lei con le sue arti a rimbecillirlo.
I muli e le giumente conoscevano questo stato d'animo del padrone, ché, Ciccio, quando era pigliato da quei pensieri, frustava come avrebbe frustato il cugino, se lo avesse avuto fra le mani.
Paolino non pensava più al cugino: era felice, e attendeva ai preparativi delle nozze, cantava e sullo strumento agreste a sera lanciava la sua dolce malia dal muricciolo, che guardava la valle.
Haiu accattatu 'u langararuni:
'ntintiri 'ntontari vògghiu sunari,
La prima vota chi a la Chiesa isti
cu li tò occhi li ninfi addumasti...
Se avesse incontrato Ciccio, lo avrebbe abbracciato come se nulla fosse stato.
Soltanto massaro Sciandro non era tranquillo e non gli si partiva dal fianco e lo voleva in campagna con sé. Alla sera non mancavano amici, che vegliassero e scortassero.
La trebbiatura era finita e i contadini, con le mule cariche di bisacce di grano o di reti di paglia, assaltavano giorno e notte le collina, su cui il paese si stendeva come gregge di pecore.
Le bùccine marine muggivano allegramente nel soffio soddisfatto degli agricoltori.
La natura era bella e ispirava amore; l'aria sembrava sorridere e ispirava pace e letizia agli uomini e la terra rispondeva con la sua feracità come madre orgogliosa che mostri i figli.
Paolino tornava da Bèssina con il cognato e con 'Nzulu Faraci. La via era lunga e, affinchè le bestie camminassero più speditamente, si batteva la stradale, che viene da...
I giovani erano allegri e Michele, fra Paolino e 'Nzulu faceva le spese.
Improvvisamente, alla svolta della via, una teoria di carri si parò innanzi a loro: veniva su carica e i muli soffiavano per vincere l'erta. In testa era Jannazzu, che guidava, e, dopo i carri attraccati, seguiva un ultimo veicolo isolato, coperto da un ombrellone rosso. Una voce cantava la carrettiera.
Ad un tratto, distintamente, si levò nell'aria:
Ciuri di malvetta!
Si Vastianedda a iddu si marita,
di Paulina inchino 'a cunetta!
Ecché, cugino? Questi buoni propositi hai? - esclamò Paolino, rallentando la mula e fermandosi dietro il carro.
- Oh! Chi si vede! - rispose Ciccio, rizzandosi sul gomito da sotto l'ombrello, mentre un sorriso cattivo gli sfiorava le labbra. - Ti avrò col pensiero... È tanto che non ti vedo!... Dalle brache di papà sei passato alle sottane della fidanzata? Non ti si vede più in giro... Hai paura, è vero?
» Non ho paura! Aria netta non ha timore di tuoni: così sono.
- E Vastianedda che dice?
Il mulo del carro si era fermato e la teoria si era dilungata, sparendo alla svolta.
'Nzulu e Michele, fermi anch`essi sulle cavalcature, cercavano di sviare il discorso.
- Sai, Ciccio? - disse 'Nzulu -Il mese entrante "parto" per il reggimento: "vado" a Napoli...
- E tu, Paolino, quando partirai soldato?
- C'è tempo!
- Peccato! Così dovrò aspettare molto!
- Che cosa?
- Che lasci libero il posto! Se permetti, quando andrai soldato, prenderò io il tuo posto... presso Vastianedda... Tu hai preso il mio... adesso...
- Ah! Figlio di bagascia!
Paolino saltò giù dal basto, strappando la cavezza alla mula:
- Ti debbo rompere quella bocca maledetta, lazzarone!
- E sia! Io per i cuccioli come te ho la frusta...
Anche Ciccio era saltato giù dalla sommità del carro, stringendo la frusta in pugno e roteandola in aria.
Michele e 'Nzulu grídavano e non osavano avvicinarsi ai due giovani,
che si erano accapigliati e picchiavano sodo con i pugni, i piedi, a colpi di testa, sollevando dalla strada nuvole di polvere.
Ciccio era più forte. Sapeva come menare cazzotti: ne cacciò uno in fronte a Paolino, fra gli occhi, e quello vacillò, portò le mani alla testa, indietreggiò come se un velo di sangue gli fosse calato davanti.
- Mordimi, cane! Mordimi, bel malandrino! Ladro di fidanzate! - ruggiva Ciccio. - Morderai la terra ora, per sempre...
- Ciccio, no!
Noi No! Getta il revòlvere!...
'Nzulu e Michele gridavano.
_ Aiuto! Aiuto! "Boni cristiani", aiuto!...
Dai campi accorrevano contadini con i bidenti in pugno.
Un colpo partì: Paolino, colpito, traballando, con le mani sugli occhi, feceper fuggire, incespicò nel paracarro e precipitò nella cunetta, bocconi. Ciccio gli fu sopra e due tre quattro colpi echeggiarono, soffocati dalla carne.
Una sghignazzata e via come un lupo inseguito dai cani.
Michele, 'Nzulu, gli accorsi scaricarono il carro di Ciccio e vi sdraiarono.
Paolino boccheggiante. Il carro ritornò in paese e lungo il percorso il
ferito vaneggiava: "Pretorel Perché? Perché?..."
Morì giungendo a casa, appena in tempo per vedere la mamma sua, che si chinava a baciarlo.
In tasca gli fu rinvenuto lo scacciapensieri avvolto in una ciocca di capelli biondi.
Saliva le scale il Sindaco, trafelato e gocciolante sudore da tutti i pori.
Sopraggiungeva il Parroco: era preoccupato in volto e lanciava occhiate sospette a destra e a manca.
Don Bernardino e il Cancelliere facevano gli onori di casa.
- Prego! Per di qua, Dottore!
- Per favore, massaro Gallinella, passi nell'aula.
Ad uno ad uno, si presentavano gli invitati, e l'ordine categorico aveva dovuto destare nella coscienza di ciascuno sopiti ricordi e non sopite preoccupazioni: tutti si guardavano silenziosamente, perplessi.
Cerano tutti i civili del paese, il Foro, i rappresentanti delle varie Società e Leghe, l`Amministrazione comunale al completo, l'Autorità ecclesiastica, l`Appuntato Grifò, don Ciccio il Comandante, la màfia con massaro Turi Passalacqua in testa.
-Il Pretore ci terrà una conferenza! - spiegò sorridendo il Dottore.
l- Bel modo di farsi ascoltare, facendo spaventare la gente! - Borbottò il Parroco.
- Ne informerò subito il Procuratore del Re! Questi sono abusi! - minacciò l'avvocato Faranda.
Gli invitati si erano distribuiti per l'aula a gruppi secondo le simpatie o le repulsioni. Mai, da molti anni, si erano trovate riunite, in così ristretto ambiente, persone che mal si vedevano, che non si salutavano, che si denigravano, si perseguitavano, si nocevano a colpi di spillo...
Il gruppo dei campieri era schierato davanti alla porta; don Ciccio e l'Appuntato erano seduti per abitudine sul banco degli imputati.
Entra il Pretore!
Dalla porticina del suo ufficio Guido Schiavi apparve in tocco e toga.
` Era pallidissimo in volto e sembrava che si fosse alzato da letto dopo una lunga malattia.
Il volto severo zittì tutti.
- Non ignoro che appena avrò finito di parlare, vi saranno commenti poco benevoli, deformazioni del mio pensiero, ricorsi, del caso mi"... Troppi ne sono stati scritti sul mio conto: ne conosco gli autori...
Sguardi interrogativi si consultarono tra gli ascoltatori e sommessi colpettini di tosse si corrisposero in sordina.
- Io, oggi, dopo dieci mesi che qui mi trovo, vi dico "Addio". Mi accomiato da voi perché sono stanco di soffrire fra voi, perché sono incompreso da voi, perché non sono il Giudice per il vostro mandamento. Qui avete bisogno di un simulacro di Giustizia! Non meritare di avere una Pretura, che rappresenta il simbolo più alto della civiltà...
Le Autorità mostravano in viso segni di congestione.
- Siete poche famiglie benestanti e vi odiate e vi sfuggite come lebbrosi! Siete quattro gatti in avvocatura e vi odiate, e ad ogni causa perduta vi diffamate con ricorsi... che interessano pure il Pretore! Siete pochi Sacerdoti e dimenticate talvolta il vostro ministero!... Siete pochi insegnanti e vi odiate ferocemente date le discordanze delle ideologie politiche! Siete tutti bravi lavoratori dei campi e delle miniere e vi odiate scambievolmente e pensate unicamente ad assaltare la proprietà altrui. E a tutto ciò si aggiunge la vita attiva della delinquenza, favorita dal vostro disordine, e la vita attiva della mafia, le cui leggi soltanto vi fanno tremare!
Sembrava che tafàni pizzicassero le gambe degli ascoltatori.
- Chi può vivere con voi? Chi potrà mai rimanere con voi? Chi potrà stimare civile questo paese?
Lo sguardo del Pretore girò lentamente sul pubblico. Tutti abbassavano o stornavano a mano a mano gli occhi. Soltanto massaro Turi con il suo gruppo guardava a viso aperto e il capo-màfia aveva sempre il sorriso sulle labbra.
~ E dire che avevo avuto tanta fiducia in voi ed ho creduto che la mia buona volontà, il mio fervore potessero giovare... Che cosa ne ho avuto?
Indifferenza, malignazioni, ricorsi, persecuzione... Gli occhi del Pretore si incontrarono con quelli di Padre Bonaventura, il quale, in fondo all'aula, ascoltava, rosso in viso, e tutto teso come se dovesse scattare da un momento all'altro ~ Non un sorriso vicino, non la confidenza di un amico, fuor che, adesso, il cuore dei Frati, presso i quali vivo, non il sollievo di almeno sapermi apprezzato!
~ No! No! Questo poi no! f il Sindaco era scattato in piedi - Tutti le vogliamo bene! Tutti sappiamo quello che lei ha fatto per la popolazione!
- È vero! È vero! - cominciò a strillare mastro Gesualdo Patanè. - La zolfara...
- Lasciatemi dire!... Un solo amico avevo ed era creatura di questa terra: Paolino Tanibè!... Dov'è adesso questo mio unico amico? E dov`è colui che l'ha ucciso?... Sapete? Ciccio Messana è mafioso e con la màfia non c'e nulla da fare!... E l'assassino, che voi deprecate quando tolse la fidanzata a Paolino, adesso avrà tutta la vostra simpatia - Paolino è morto! - e di sicuro avrà tutta la protezione dei suoi amici! Io, adesso, vorrei domandare a ciascuno di voi: "Se Paolino fosse stato vostro figliuolo, che avreste fatto?".
Massaro Turi era impallidito: con un cenni impercettibile dell'occhio aveva chiamato Gallinella, che aveva accostato rispettosamente l'orecchio alle labbra del capo. Poi Gallinella e massaro Giadone erano usciti piano piano dal`aula.
_ Lascerete impunito l'assassino di Paolino? Owero vorreste farvi Giustizia da voi? Oppure pensereste che il vostro Giudice, quello dello Stato, dovrebbe punire il colpevole?...
Uno scalpitare di cavalli al galoppo rintronò nel Corso, perdendosi verso il Poggio.
- Mi e stato ucciso l'unico amico, ed era un giovane onesto, voi tutti l'avete conosciuto, e buono e lavoratore. Era figlio della vostra terra e bastava lui solo a "farmi volere bene" voi tutti e perdonate le tribolazioni inflittemi. Pensavo: se qui, dove tutto è tristo, brilla un giovane onesto, di sicuro cene saranno altri e il buon seme potrà modificare un giorno questi animi impietriti e rendere civile e degno di rispetto il paese... E invece?...
Accanto al vecchio padre e alla madre, che piangono inconsolabili, giù nella valle ormai non c'è nessuno.Voi avete accompagnato il morto al cimitero e ritenete di avere compiuto cosi tutto il vostro dovere! Paolino è già tanto lontano da voi..."Chi muore giave e chi vive si dà pace" e il vostro proverbio... Però massaro Sciando, la povera madre, avranno pace fino a quando il colpevole non sarà punito? E chi punirà questo colpevole? Chi lo consegnerà alla Giustizia? A quella vera?...
- Voscenza, Pretorel... massaro Turi si era fatto avanti lentamente nella corsia fra le sedie, donsolandosi nel passo di sussiego del suo grado- Voscenza e l`unico in grado di consegnarlo alla Giustizia...
Lo stupore si diffuse nell`aula: un senso di commozione turbava i convenuti, faceva luccicare gli occhi.
-Sono l'ultimo degli uomini, qui riuniti, sono un povero agricoltore; ma credo che posso parlare per tutti.
- Sì! Sì! - rilevavano voci di consenso.
- Voscenza ha parlato da saggio ed ha ragione. Noi siamo indegni di avere la Giustizia qui, specie quando la Giustizia è vera come quella sua.
Noi la preghiamo, però, di non lasciarci e di rimanere con noi... Qui tutti le vogliono bene! _ .. Sa com'è? Non lo possono dimostrare! Tutti sono divisi fra loro e la gelosia scambievole si riflette, si riversa, su Voscenza... Qui ora tutto cambierà... Io le dico solennemente, e il Cristo che è su quella croce mi vede: fino a quando Voscenza ci onorerà di restare fra noi, solanto Voscenza... soltanto Voscenza, mi capisce? eh?, giudicherà!
- Resti con coi!
- Resti con noi
Tutti si affollavano intorno al banco, stringendosi al Pretore, ch'era tubato stranito convulso.