Di Rosalia Ruggieri su Giovedì, 29 Novembre 2018
Categoria: Il caso del giorno 2018-2019 - diritto e procedura civile

Giudizio contro l’Asl e chiamata in causa del medico: la Cassazione ricostruisce le regole processuali

Con la sentenza n. 30601 dello scorso 27 novembre, la Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla responsabilità di una struttura sanitaria che aveva chiamato in giudizio, quale coobbligato solidale, il medico che aveva effettuato l'intervento imperitamente eseguito, ha escluso che la chiamata in causa implicasse l'insorgenza di un litisconsorzio necessario, statuendo che il principio dell'estensione automatica della domanda dell'attore al chiamato in causa da parte del convenuto non trova applicazione allorquando il chiamante, senza postulare la esclusione della propria responsabilità (ed anzi presupponendola), faccia valere nei confronti del chiamato un rapporto diverso da quello dedotto dall'attore come "causa petendi", come avviene nell'ipotesi di chiamata di un terzo in garanzia, propria o impropria, o di azione condizionata di regresso nei confronti del terzo chiamato in coobbligazione.

Nel caso sottoposto all'attenzione della Corte, un uomo conveniva in giudizio l'Asl, per ottenere il risarcimento dei danni correlati ad un intervento chirurgico erroneamente eseguito, a seguito del quale l'uomo riportava postumi invalidanti consistenti nella paralisi del nervo facciale destro.

Sia il Tribunale che la Corte di Appello di Catanzaro dichiaravano inammissibile la domanda di risarcimento proposta contro il medico chirurgo, chiamato in causa dall'Asl con azione di rivalsa condizionata: si sosteneva che, non essendo stato evocato in giudizio il medico quale unico ed esclusivo responsabile del danno, non trovava applicazione la regola della estensione automatica al terzo chiamato della domanda risarcitoria attorea svolta originariamente nei confronti della convenuta Azienda Ospedaliera.

Contro la sentenza del collegio di Catanzaro, l'uomo proponeva ricorso per Cassazione, denunciando la violazione e falsa applicazione delle norme processuali dettate in materia di chiamata in causa del terzo e rapporto di garanzia. 

Secondo il ricorrente, la Corte di Merito avrebbe dovuto estendere automaticamente la domanda in origine formulata avverso l'Asl anche nei confronti del terzo chiamato: a tale conclusione si arrivava interpretando la nota sentenza delle Sezioni Unite n. 24707 del 2015 la quale, secondo la difesa del ricorrente, ritenendo meramente descrittiva la differenza tra garanzia propria e impropria, premetteva di fatto di estendere la domanda risarcitoria svolta dall'attore nei confronti del convenuto anche al terzo chiamato in garanzia (propria od impropria) dal convenuto.

La Corte ritiene che la domanda non sia fondata.

Preliminarmente gli Ermellini specificano che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, l'indifferenza tra garanzia propria ed impropria (valevole per le Sezioni Unite limitatamente ad alcuni aspetti processuali), non può assumere rilevanza con riguardo al tema – non preso in considerazione in quella sentenza del 2015 – relativo all'automatica estensione della domanda risarcitoria anche al terzo chiamato in garanzia (propria od impropria) dal convenuto.

La Cassazione rileva, inoltre, come – nel caso sottoposto alla sua attenzione – non sia neanche corretto parlare di garanzia propria o impropria, in quanto la domanda proposta dal convenuto-chiamate (Asl) nei confronti del terzo (medico chirurgo) non presuppone alcun rapporto di garanzia, ma viceversa di coobbligazione solidale.

Sul punto, gli Ermellini chiariscono che, qualora il convenuto in un giudizio di risarcimento dei danni chiami in causa un terzo con il quale non sussiste alcun rapporto contrattuale, indicandolo come il vero legittimato passivo, non si versa in un'ipotesi di chiamata in garanzia impropria (la quale presuppone la non contestazione della suddetta legittimazione), ma di chiamata del terzo responsabile.

È solo in questo caso - allorquando si chiami un terzo ritenendo che lo stesso sia l'unico responsabile, con conseguente esclusione di ogni profilo di propria responsabilità – che sussiste l'estensione automatica della domanda al terzo: essendo "unico" il rapporto da accertare, si tratta solo di stabilire chi tra i due soggetti che negano di essere entrambi l'effettivo destinatario della pretesa risarcitoria sia il vero responsabile in via alternativa, con la conseguenza che il giudice può e deve (trattandosi di un litisconsorzio necessario successivo, di natura processuale) esaminare le relative responsabilità senza necessità che l'attore ne faccia esplicita richiesta (Cass. sent. 24294/2016 e ordinanza n. 5580/2018). 

Viceversa, il principio dell'estensione automatica della domanda dell'attore al chiamato in causa da parte del convenuto non trova applicazione allorquando il chiamante, senza postulare l' esclusione della propria responsabilità (ed anzi presupponendola), faccia valere nei confronti del chiamato un rapporto diverso da quello dedotto dall'attore quale causa petendi, come avviene nell'ipotesi di chiamata di un terzo in garanzia, propria o impropria, o di azione condizionata di regresso nei confronti del terzo chiamato in coobbligazione: in tal caso non sussiste alcuna automatica estensione dell'accertamento compiuto sul rapporto principale atteso che l'eventuale accertamento della responsabilità del convenuto, non determina quale implicazione necessaria l'esclusione di responsabilità del terzo chiamato; è quindi rimessa in via esclusiva all'attore (come nel caso di litisconsorzio facoltativo) la scelta di proporre o meno autonoma domanda anche nei confronti del terzo chiamato (Cass. n. 841/2016).

Nel caso di specie, l'Asl – convenuta in giudizio – ha chiamato in causa il proprio dipendente (medico-chirurgo), senza esplicitamente escludere la propria legittimazione passiva rispetto all'azione risarcitoria; ne deriva che, non essendo stato il medico chiamato in causa in posizione di alternatività-incompatibilità con l'affermazione di responsabilità della Azienda Ospedaliera oggetto del rapporto principale, non sussistevano le condizioni di oggettiva necessità che imponevano di procedere unitariamente nei confronti di più soggetti, così instaurando un litisconsorzio necessario.

In particolare, il giudizio sulla domanda principale e quello sulla chiamata in causa restavano distinti e suscettibili di separazione ai sensi del secondo comma dell'art. 103 cod. proc. civ., sicché era rimessa in via esclusiva all'attore la scelta di proporre autonoma domanda risarcitoria anche nei confronti del medico, in quanto coobbligato solidale in base a diverso titolo di responsabilità, rispetto al titolo di responsabilità della Azienda ospedaliera.

Non avendo l'attore esteso la propria azione risarcitoria anche nei confronti del terzo, con una rituale iniziativa processuale e formulando specifica domanda di condanna anche contro il medico chiamato in causa dalla Azienda ospedaliera, il ricorso dell'uomo viene rigettato. 

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