Con la sentenza n. 29171 dello scorso 21 dicembre, le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione – chiamate a indicare il giudice competente a statuire sulle domande relative all'affidamento dei figli proposte nei giudizi di separazione e divorzio – ha precisato che "nei giudizi di separazione e di divorzio, che attengano anche all'affidamento ed alla collocazione di un figlio minorenne, al fine di determinare quale sia il giudice nazionale dotato di giurisdizione, deve aversi riguardo alla residenza del nucleo familiare, all'interno del quale il medesimo vive, al momento della proposizione della domanda, rimanendo ininfluente il successivo trasferimento del figlio con un genitore all'estero".
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dalla domanda presentata da un madre, volta ad ottenere la separazione personale dall'ex marito, con le conseguenti statuizioni in ordine all'affidamento della figlia minore.
Costituendosi in giudizio, il marito eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice italiano, a favore del Tribunale portoghese.
Sia il Tribunale che Corte d'appello di Milano ribadivano la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano e, per l'effetto, pronunciavano la separazione dei coniugi, stabilendo i tempi e le modalità di frequentazione del padre e ponendo a carico di quest'ultimo un assegno di mantenimento della minore.
I giudici di merito rilevavano come il giudizio di separazione fosse stato correttamente incardinato in Italia, nel luogo di residenza della ricorrente: la donna, infatti, era cittadina italiana, in Italia svolgeva la sua attività lavorativa, che aveva interrotto solo momentaneamente per un periodo di aspettativa per ricongiungersi con il marito residente all'estero.
Anche in merito al giudizio relativo all'affidamento della minore, il giudice di appello rilevava che la causa era stata correttamente incardinata nel luogo di abituale residenza della minore: la bambina era residente in Italia, ove viveva con la madre e frequentava l'asilo; nel comune italiano vi sarebbe ritornata al termine delle vacanze estive trascorse all'estero con il padre.
Il padre proponeva, quindi, ricorso per Cassazione, denunciando il difetto di giurisdizione del giudice italiano sulla questione di giurisdizione relativa all'affidamento della minore.
In particolare, il ricorrente rilevava come erroneamente la Corte d'appello aveva ritenuto che il luogo di residenza abituale della figlia fosse da individuarsi in un Comune Italiano: la bambina, infatti, per otto mesi aveva vissuto con il padre all'estero, con conseguente iscrizione presso il Sistema sanitario portoghese; tale collocazione era stata frutto della concorde scelta dei genitori, per consentire alla madre di reperire lavoro in Italia, dove la medesima aveva deciso di ritornare.
Conseguentemente, secondo il ricorrente, una volta trascorsi ben otto mesi dal cambiamento della precedente residenza della minore, non avrebbe potuto la madre instaurare il giudizio dinanzi ad un Tribunale italiano, facendo uso del meccanismo della cosiddetta "ultrattività della preesistente residenza abituale".
La Cassazione non condivide le doglianze sollevate dal ricorrente.
La Corte premette che la giurisdizione sulle domande relative all'affidamento dei figli ed al loro mantenimento si fonda sul "rapporto di prossimità del minore", radicandosi nel luogo in cui il minore risiede abitualmente, a norma dell'art. 8 del Regolamento CE n. 2201/2003.
Conseguentemente, nei giudizi di separazione e di divorzio, che attengano anche all'affidamento ed alla collocazione di un figlio minorenne, al fine di determinare quale sia il giudice nazionale dotato di giurisdizione, deve aversi riguardo alla residenza del nucleo familiare, all'interno del quale il medesimo vive, al momento della proposizione della domanda, rimanendo ininfluente il successivo trasferimento del figlio con un genitore all'estero.
Sul punto, la giurisprudenza ha specificato che, al fine di accertare quale sia lo Stato in cui ha la residenza abituale un figlio di tenera età, nato da genitori non uniti in matrimonio che vivono in Paesi diversi, e di individuare in conseguenza il giudice nazionale dotato di giurisdizione, al fine di assumere i provvedimenti riguardanti il minore, ben possono valorizzarsi indicatori di natura proiettiva, quali - appunto - l'iscrizione del bambino presso l'asilo in un determinato Paese ed il godimento dell'assistenza sanitaria presso il sistema pediatrico del medesimo Stato
Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come alla data di proposizione del ricorso per separazione dei coniugi, concernente anche l'affidamento e la collocazione della figlia minore, quest'ultima era ormai stabilmente residente in Italia presso la madre: tale dato, oltre ad essere incontroverso tra le parti - avendolo affermato anche lo stesso ricorrente – è stato correttamente rilevato dalla Corte territoriale, essendo emerso che la minore frequentava l'asilo in un comune italiano, nel quale aveva fatto ritorno al suo rientro in Italia.
In conclusione, la Corte ritiene sussistente la giurisdizione del giudice italiano e, per l'effetto, rigetta il ricorso.