Il principio è stato espresso dal Consiglio di Stato, Sezione III, con sentenza 10/02/2016 n. 578, che si è pronunciato sull´appello proposto dal Comune di Bologna per la riforma della sentenza del T.A.R. Emilia - Romagna, Sede di Bologna, n. 407/2015, resa tra le parti, concernente diniego apertura di una sala dedicata all´esercizio degli apparecchi da gioco.
La controversia all´esame di Palazzo Spada traeva origine dal divieto di autorizzazione all´esercizio di una sala giochi mediante videoterminali in Bologna, adottato dalla Questura di Bologna, in quanto l´ubicazione prescelta non rispettava "la distanza minima di 1.000 metri, misurata sul percorso pedonale più breve che collega i rispettivi punti di accesso più vicini dai seguenti luoghi sensibili: asili, scuole di ogni ordine e grado, luoghi di culto, ospedali, case di cura, camere mortuarie, caserme e strutture protette in genere", come richiesto dall´art. 23, comma 3, del Regolamento di Polizia Urbana del Comune di Bologna.
Il diniego era stato impugnato dal richiedente l´autorizzazione e dalla società concessionaria cui è collegato, unitamente alla disposizione regolamentare presupposta.
Con la sentenza appellata il Tar aveva accolto il ricorso, ritenendo che l´art. 23, comma 3, del Reg. P.U. fosse illegittimo, in mancanza del presupposto costituito dagli adempimenti previsti, a livello dell´Amministrazione centrale, dall´art. 7 del D.L. n. 158 del 2012, convertito in L. n. 189 del 2012, il cui rispetto era peraltro previsto dall´art. 6 della l.r. Emilia-Romagna 5/2013.
L´art. 7, comma 10, del D.L. n. 158 del 2012 (c.d. decreto Balduzzi), come modificato dalla legge di conversione n. 189/2012, prevedeva che "L´Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e, a seguito della sua incorporazione, l´Agenzia delle dogane e dei monopoli, tenuto conto degli interessi pubblici di settore, sulla base di criteri, anche relativi alle distanze da istituti di istruzione primaria e secondaria, da strutture sanitarie e ospedaliere, da luoghi di culto, da centri socio-ricreativi e sportivi, definiti con decreto del Ministro dell´economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata (...) provvede a pianificare forme di progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco praticato mediante gli apparecchi di cui all´articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al R.D. n. 773 del 1931, e successive modificazioni, che risultano territorialmente prossimi ai predetti luoghi. Le pianificazioni operano relativamente alle concessioni di raccolta di gioco pubblico bandite successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e valgono, per ciascuna nuova concessione, in funzione della dislocazione territoriale degli istituti scolastici primari e secondari, delle strutture sanitarie ed ospedaliere, dei luoghi di culto esistenti alla data del relativo bando. (...)".
L´art. 6, comma 2, della L.R. Emilia Romagna n. 5 del 2013, che "Al fine di perseguire le finalità di cui all´articolo 1 della presente legge e gli obiettivi di cui all´articolo 2 della L.R. 24 marzo 2000, n. 20 (Disciplina generale sulla tutela e l´uso del territorio), i Comuni possono dettare, nel rispetto delle pianificazioni di cui all´articolo 7, comma 10, del D.L. n. 158 del 2012, convertito dalla L. n. 189 del 2012, previsioni urbanistico-territoriali in ordine alla localizzazione delle sale da gioco.".
Con il proprio appello, il Comune di Bologna aveva sostenuto che:
- l´art. 7, comma 10, del D.L. n. 158 del 2012, ha ad oggetto la tutela della salute e non l´ordine pubblico, rientrando quindi nella potestà legislativa di cui all´art. 117, terzo comma, Cost.; dato che l´art. 6 della L.R. Emilia Romagna n. 5 del 2013 consentiva ai Comuni di dettare criteri per la localizzazione delle sale gioco, e che non erano stati ancora definiti il decreto interministeriale e le conseguenti pianificazioni statale, esisteva dunque il potere comunale di disciplinare la materia;
- il TAR aveva superato i limiti della propria giurisdizione, con riferimento ai poteri attribuiti alle Regioni.
Costituitesi le parti, il Consiglio ha premesso che l´art. 1 del D.L. n. 1 del 2012 prevede il divieto espresso, discendente dai principi Europei di libertà di concorrenza e di prestazione dei servizi, di introduzione di disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale o temporale con prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico, che pongono programmi non ragionevoli; aggiungendo che la compressione delle attività economiche attraverso la fissazione di limiti può avvenire soltanto se vengono rispettati i principi di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità dell´azione amministrativa, tanto che il Protocollo n. 2 impone alle autorità amministrative di adottare misure idonee, necessarie ed adeguate; mentre, nel caso in esame, detti parametri sono violati, in quanto la fissazione di una distanza di 1.000 metri rende impossibile l´esercizio delle attività di gioco lecito sulla quasi totalità del territorio comunale, a fronte di un interesse - che finisce per identificarsi con il decoro urbano - che è difficile identificare con quello della maggioranza dei consociati. Inoltre, ha osservato il Collegio, anche a voler ricondurre l´intervento comunale nell´alveo della tutela della salute, il principio di precauzione deve essere contemperato con quello di proporzionalità, nella ricerca di un equilibrato bilanciamento dei contrapposti interessi, mentre la norma regolamentare in questione stabilisce una presunzione assoluta di pericolosità del gioco lecito, senza consentire di dimostrare che, in considerazione dell´adozione delle speciali cautele sul "gioco responsabile" imposte dall´Agenzia delle dogane e dei monopoli, non arreca in concreto nocumento agli interessi coinvolti.
Pertanto, a giudizio del giudice d´appello, era necessaria una compiuta istruttoria, circa l´incidenza nello specifico tessuto socio-economico comunale del fenomeno del gioco lecito, ed ua adeguata motivazione circa la decisione di introdurre una distanza minima così preclusiva. Perplessità anche in ordine ai lamentati "problemi riguardanti il contesto urbano e la sicurezza urbane ed i problemi connessi con la viabilità, l´inquinamento acustico ed il disturbo alla quiete pubblica delle dinamiche ludiche".
Rigettate le eccezioni circa l´improcedibilità dell´appello, "in quanto il Comune mantiene l´interesse a rivendicare la legittimità della disposizione regolamentare precedente e dei provvedimenti adottati sulla base di essa, anche nella prospettiva di eventuali pretese risarcitorie", il Consiglio ha ritenuto non conducente la soluzione offerta dal Tar ma ha ugualmente rigettato l´appello, confermando, con altra motivazione, la sentenza gravata.
Premesso che le misure volte alla prevenzione ed al contrasto di forme di dipendenza dal gioco d´azzardo lecito (c.d. ludopatia - gioco d´azzardo patologico) rientrino principalmente nella materia della tutela della salute, il Collegio ha osservato come la Corte Costituzionale, con riferimento ai limiti di distanza delle sale da gioco rispetto ai luoghi sensibili, ha escluso la violazione dell´art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, ossia della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza (sent. n. 300/2011), precisando che tali disposizioni siano finalizzate a tutelare soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili e a prevenire forme di gioco cosiddetto compulsivo. Diversamente, la materia ordine pubblico e sicurezza, secondo la consolidata giurisprudenza della stessa Corte, "attiene alla "prevenzione dei reati ed al mantenimento dell´ordine pubblico".
Concludendo, sul punto, nel senso che le disposizioni sui limiti di distanza imposti alle sale da gioco siano dirette al perseguimento di finalità anzitutto di carattere socio-sanitario (come tali estranee rispetto alla materia della tutela dell´ordine pubblico, rimessa in via esclusiva allo Stato).
Finalità - ha soggiunto il Collegio - cui si affiancano quelle attinenti il governo del territorio, sotto i profili della salvaguardia del contesto urbano e dell´ordinata viabilità, oltre che al contenimento dell´inquinamento acustico.
Pertanto, i poteri in questione incidono in materie oggetto di potestà legislativa concorrente, nelle quali la Regione, ai sensi dell´art. 117, terzo comma, Cost., può legiferare nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale, per cui, anche ai sensi dell´art. 7, comma 10, del D.L. n. 158 del 2012, sono legittime le misure di pianificazione delle ubicazioni consentite alle sale giochi e scommesse basate su distanze minime da rispettare.
Principio implicitamente avvalorato dalla stessa disciplina statale che, demandando all´Agenzia delle dogane e dei monopoli, sulla base di criteri da stabilire con decreto interministeriale, la pianificazione della "progressiva ricollocazione" di esercizi legittimamente insediati dopo la sua entrata in vigore, sembra presupporre anche la legittimità di pianificazioni adottate prima della sua piena attuazione, e dalla legge delega in materia fiscale 23/2014 (art. 14, comma 1).
La circostanza che la fissazione di "parametri di distanza da luoghi sensibili validi per l´intero territorio nazionale", non sia ancora avvenuta, non impedisce quindi l´esercizio dei concorrenti poteri, rivolti alle medesime finalità, delle Regioni e degli Enti locali, per cui l´art. 6 della L.R. Emilia Romagna n. 5 del 2013, che richiede che le "previsioni urbanistico-territoriali in ordine alla localizzazione delle sale da gioco" siano adottate "nel rispetto delle pianificazioni" statali, non attribuisce a queste ultime il valore di presupposto necessario, ma soltanto che le previsioni dettate nell´esercizio del potere di pianificazione comunale non si pongano in contrasto con le previsioni stabilite a livello nazionale.
La prospettazione dell´appello, a giudizio di Palazzo Spada, risulta pertanto fondata.
Parimenti fondate, però, sono state ritenute le doglianze non esaminate dal TAR, riproposte in sede di appello, dalla società appellata.
In particolare, esaminando due delle censure, con cui è stato posto in discussione il contenuto della misura di prevenzione delle ludopatie, ritenendosi la distanza minima di 1.000 metri dai siti sensibili irragionevole, inadeguata e non proporzionata, e comunque insufficientemente motivata e frutto di un´istruttoria lacunosa, il Consiglio le ha ritenute meritevoli di condivisione.
Ad avviso del Collegio, "risponde ad un´esigenza di ragionevolezza che, in esito ad una valutazione dei comportamenti dei soggetti più vulnerabili e dell´incidenza del fenomeno delle ludopatie in un determinato contesto, venga stabilita dalla legge una distanza minima fissa, presuntivamente idonea ad assicurare un effetto dissuasivo, proteggendo i frequentatori dei c.d. siti sensibili; oppure, che la legge indichi detta distanza di rispetto nella sua misura massima, ovvero nella sua misura minima, consentendo alle Amministrazioni territoriali e locali di valutare le rispettive situazioni e di individuare conseguentemente come adeguate distanze diverse purché rispettose del limite".
Dato che la Regione Emilia Romagna non ha stabilito una distanza minima, così onerando gli enti locali di individuarla, contemperando gli interessi in gioco in relazione alle caratteristiche che assumono nello specifico contesto sociale di applicazione, "il Comune di Bologna avrebbe dovuto analizzare in modo approfondito l´incidenza delle ludopatie nel proprio territorio, valutare in relazione ad essa quale distanza di rispetto poteva ritenersi astrattamente adeguata alla consistenza del fenomeno da contrastare, e verificare se, in relazione alla diffusione dei siti sensibili, una simile distanza fosse misura proporzionata e sostenibile, in quanto tale da non impedire di fatto nuove ubicazioni per gli esercizi commerciali del settore e la disponibilità di sedi alternative in vista di possibili trasferimenti degli esercizi in attività".
Tale valutazione, però, a giudizio di Palazzo Spada, non risulta essere stata effettuata, ed anche dagli atti richiamati dal Comune (atto di indirizzo della Regione, da cui il Comune avrebbe tratto i dati di un censimento sul gioco d´azzardo effettuato su scala nazionale dalla Presidenza del Consiglio, indagine conoscitiva circa il coinvolgimento dei bambini, verbale della seduta del Consiglio comunale di approvazione della modifica regolamentare) "non si evincono considerazioni specifiche e basate su argomenti non esclusivamente di natura politica, circa l´adeguatezza e l´incidenza concreta sul territorio della distanza minima di 1.000 metri contenuta nella proposta da approvare".
Infine, dato che la pianificazione comunale prevista dalla L.R. n. 5 del 2013 si concretizza in disposizioni "urbanistico-territoriali", aventi finalità di tutela della salute, ma anche di qualità ambientale urbana in senso lato, la L.R. n. 20 del 2000 obbliga l´amministrazione a porre in essere un procedimento che comprende fasi di partecipazione idonee a far emergere la effettiva consistenza degli interessi in gioco, così da consentire valutazioni complete e razionali. Ma anche questi adempimenti nella fattispecie sono stati disattesi.
Da ciò, il rigetto dell´appello e la conferma, con altra motivazione, della sentenza gravata.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4452 del 2015, proposto da:
Comune di Bologna, rappresentato e difeso dagli Avv. Ada Labriola, Giorgio Stella Richter, Giulia Carestia, con domicilio eletto presso Giorgio Stella Richter in Roma, Via Orti della Farnesina, 126;
contro
- E.L.;
- M.T. e R.G. S.r.l., rappresentati e difesi dagli Avv. Cino Benelli, Gianfranco Fiorentini, con domicilio eletto presso Federico Mazzella in Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio, 1;
nei confronti di
- Ministero dell´Interno, Questura di Bologna, Istituto Professionale Industria Artigianato "A.Fioravanti", rappresentati e difesi per legge dall´Avvocatura Generale dello Stato, anche domiciliataria in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA, SEZIONE I, n. 00407/2015, resa tra le parti, concernente diniego apertura di una sala dedicata all´esercizio degli apparecchi da gioco denominati VLT;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di M.T. e R.G. S.r.l. e di Ministero dell´Interno, Questura di Bologna ed Istituto Professionale Industria Artigianato "A.Fioravanti";
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell´udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2016 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti gli Avvocati Giorgio Stella Richter, Cristiana Fedeli su delega di Gianfranco Fiorentini e l´Avvocato dello Stato Mario Antonio Scino;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. La controversia origina dal divieto di autorizzazione all´esercizio di una sala giochi mediante videoterminali (VLT) in Bologna, adottato ex art. 88 TULPS in data 4 febbraio 2014 dalla Questura di Bologna.
2. Il divieto è stato adottato in quanto l´ubicazione prescelta (come segnalato nel parere della Polizia Municipale in data 4 gennaio 2014) non rispetta "la distanza minima di 1.000 metri, misurata sul percorso pedonale più breve che collega i rispettivi punti di accesso più vicini dai seguenti luoghi sensibili: asili, scuole di ogni ordine e grado, luoghi di culto, ospedali, case di cura, camere mortuarie, caserme e strutture protette in genere", così come richiesto dall´art. 23, comma 3, del Regolamento di Polizia Urbana del Comune di Bologna, (introdotto con delibera di C.C. n. 256645 in data 11 novembre 2013).
3. Il diniego è stato impugnato dal richiedente l´autorizzazione e dalla società concessionaria cui è collegato, unitamente alla disposizione regolamentare presupposta.
Dopo l´originaria instaurazione del giudizio presso il TAR del Lazio, il giudizio è stato riassunto presso il TAR Emilia Romagna (indicato come competente dal primo con ordinanza n. 10967/2014), il quale, con la sentenza appellata (I, n. 407/2015), ha accolto il ricorso, ritenendo che l´art. 23, comma 3, del Reg. P.U. sia illegittimo, in mancanza del necessario presupposto costituito dagli adempimenti previsti, a livello dell´Amministrazione centrale, dall´art. 7 del D.L. n. 158 del 2012, convertito in L. n. 189 del 2012, il cui rispetto è previsto dall´art. 6 della l.r. Emilia-Romagna 5/2013.
4. Il TAR ha accolto la relativa censura, dopo aver ritenuto infondata quella con cui si sosteneva che la Questura non avrebbe potuto dare rilevanza a cause ostative attinenti ad interessi diversi da quelli relativi alla sfera dell´ordine e della sicurezza pubblica (ed ha assorbito le altre censure dedotte).
5. E´ utile precisare fin d´ora che l´art. 7, comma 10, del D.L. n. 158 del 2012 (c.d. decreto Balduzzi), come modificato dalla legge di conversione n. 189/2012 (la cui epigrafe comprende "...misure di prevenzione per contrastare la ludopatia ..."), prevede che "L´Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e, a seguito della sua incorporazione, l´Agenzia delle dogane e dei monopoli, tenuto conto degli interessi pubblici di settore, sulla base di criteri, anche relativi alle distanze da istituti di istruzione primaria e secondaria, da strutture sanitarie e ospedaliere, da luoghi di culto, da centri socio-ricreativi e sportivi, definiti con decreto del Ministro dell´economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata (...)provvede a pianificare forme di progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco praticato mediante gli apparecchi di cui all´articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al R.D. n. 773 del 1931, e successive modificazioni, che risultano territorialmente prossimi ai predetti luoghi. Le pianificazioni operano relativamente alle concessioni di raccolta di gioco pubblico bandite successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e valgono, per ciascuna nuova concessione, in funzione della dislocazione territoriale degli istituti scolastici primari e secondari, delle strutture sanitarie ed ospedaliere, dei luoghi di culto esistenti alla data del relativo bando. (...)".
6. E che, in analoga prospettiva, l´art. 6, comma 2, della L.R. Emilia Romagna n. 5 del 2013 ("Norme per il contrasto, la prevenzione, la riduzione del rischio della dipendenza dal gioco d´azzardo patologico, nonché delle problematiche e delle patologie correlate"), ha stabilito che "Al fine di perseguire le finalità di cui all´articolo 1 della presente legge e gli obiettivi di cui all´articolo 2 della L.R. 24 marzo 2000, n. 20 (Disciplina generale sulla tutela e l´uso del territorio), i Comuni possono dettare, nel rispetto delle pianificazioni di cui all´articolo 7, comma 10, del D.L. n. 158 del 2012, convertito dalla L. n. 189 del 2012, previsioni urbanistico-territoriali in ordine alla localizzazione delle sale da gioco.".
7. Nell´appello, il Comune di Bologna sostiene, essenzialmente, che:
(a) - l´art. 7, comma 10, del D.L. n. 158 del 2012, ha ad oggetto la tutela della salute (sotto forma di prevenzione delle ludopatie) e non l´ordine pubblico, quindi rientra nella potestà legislativa di cui all´art. 117, terzo comma, Cost.; l´art. 6 della L.R. Emilia Romagna n. 5 del 2013 consente ai Comuni di dettare criteri per la localizzazione delle sale gioco; non essendo stati ancora definiti il decreto interministeriale e le conseguenti pianificazioni statale; esiste dunque il potere comunale di disciplinare la materia, tanto più che l´art. 7 prevede la rilocalizzazione dei punti della rete di raccolta, così presupponendo la legittimità delle pianificazioni locali previgenti;
(b) - il TAR ha superato i limiti della giurisdizione, allorché, ritenendo necessaria una disciplina uniforme dei limiti di distanza su tutto il territorio nazionale, ha escluso attualmente il potere degli enti locali in materia, da ritenersi viceversa compreso nelle funzioni di pianificazione e governo del territorio loro attribuite.
Il Comune ripropone anche le eccezioni e difese (relative alle censure dedotte da controparte e) non esaminate dal TAR.
8. Si è costituita in giudizio la Questura di Bologna, chiedendo l´accoglimento dell´appello.
9. Si è parimenti costituita in giudizio la società vittoriosa in primo grado, controdeducendo puntualmente ai motivi di appello e riproponendo, ex art. 101, comma 2, cod. proc. amm., le censure non esaminate in primo grado.
9.1. Nel difendere le argomentazioni svolte dal TAR sulla necessaria pregiudizialità degli adempimenti previsti dalla normativa statale, gli appellati ribadiscono anzitutto che le disposizioni "urbanistico-territoriali" previste dalla suddetta norma regionale non possono essere contenute in un regolamento di polizia urbana, espressione non della potestà urbanistica, bensì di quella in materia di incolumità pubblica e decoro urbano.
9.2. L´art. 1 del D.L. n. 1 del 2012, convertito nella L. n. 27 del 2012, prevede il divieto espresso, discendente dai principi Europei di libertà di concorrenza e di prestazione dei servizi, di introduzione di disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale o temporale con prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico, che pongono programmi non ragionevoli; la compressione delle attività economiche attraverso la fissazione di limiti può avvenire soltanto se vengono rispettati i principi di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità dell´azione amministrativa scaturenti dagli artt. 97 Cost., 5 e 12 TUE e 296 TFUE, poi ripreso dal Protocollo n. 2, i quali impongono alle autorità amministrative di adottare misure idonee, necessarie ed adeguate; nel caso in esame, detti parametri sono violati, in quanto la fissazione di una distanza di 1.000 metri rende impossibile l´esercizio delle attività di gioco lecito sulla quasi totalità del territorio comunale, a fronte di un interesse - che finisce per identificarsi con il decoro urbano - che è difficile identificare con quello della maggioranza dei consociati; inoltre, anche a voler ricondurre l´intervento comunale nell´alveo della tutela della salute, il principio di precauzione deve essere contemperato con quello di proporzionalità, nella ricerca di un equilibrato bilanciamento dei contrapposti interessi, mentre la norma regolamentare in questione stabilisce una presunzione assoluta di pericolosità del gioco lecito, senza consentire di dimostrare che, in considerazione dell´adozione delle speciali cautele sul "gioco responsabile" imposte dall´Agenzia delle dogane e dei monopoli, non arreca in concreto nocumento agli interessi coinvolti;
9.3. Era necessaria una compiuta istruttoria, circa l´incidenza nello specifico tessuto socio-economico comunale del fenomeno del gioco lecito, ed un´adeguata motivazione circa la decisione di introdurre una distanza minima così preclusiva; né è dato conoscere in cosa consisterebbero i problemi riguardanti il contesto urbano e la sicurezza urbane ed i problemi connessi con la viabilità, l´inquinamento acustico ed il disturbo alla quiete pubblica delle dinamiche ludiche.
10. La società appellata ha depositato ulteriori memorie.
11. Il Collegio rileva anzitutto l´inammissibilità della costituzione in giudizio, con memoria (di stile) non notificata, della Questura, in quanto soggetto avente l´onere di proporre appello e non legittimato ad assumere nel giudizio di impugnazione una posizione adesiva di mero interveniente al fine di rimuovere una soccombenza "principale" sancita dalla decisione di primo grado.
12. Occorre poi sottolineare che, nelle more del giudizio, in data 3 giugno 2015 è entrato in vigore il nuovo Regolamento Edilizio Urbano, approvato con delibera di C.C. n. 201 del 20 aprile 2015, che, all´art. 32, comma 6, contiene una previsione della distanza minima pressoché identica a quella annullata.
13. La società appellata ne fa discendere il sopravvenuto difetto di interesse del Comune all´appello.
L´eccezione va disattesa.
Il Collegio non ritiene che si sia verificata l´improcedibilità dell´appello, in quanto il Comune mantiene l´interesse a rivendicare la legittimità della disposizione regolamentare precedente e dei provvedimenti adottati sulla base di essa, anche nella prospettiva di eventuali pretese risarcitorie.
14. Nel merito, la soluzione data dal TAR non convince.
14.1. Deve ritenersi che misure volte alla prevenzione ed al contrasto di forme di dipendenza dal gioco d´azzardo lecito (c.d. ludopatia o GAP - gioco d´azzardo patologico), come quella in questione - consistente nella imposizione di una distanza minima delle sale giochi e scommesse dai luoghi c.d. sensibili, vale a dire nei quali si presume la presenza di soggetti appartenenti alle categorie più vulnerabili o comunque in condizioni contingenti di difese ridotte rispetto alla tentazione del gioco d´azzardo ed all´illusione di poter conseguire attraverso di esso facili guadagni - rientrino principalmente nella materia della tutela della salute.
La Corte Costituzionale, con riferimento alle disposizioni della l.p. Bolzano 13/2010, che prevedono limiti di distanza delle sale da gioco rispetto ai luoghi sensibili, ha escluso la violazione dell´art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, ossia della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza (sent. n. 300/2011).
Ciò, precisando che tali disposizioni "sono dichiaratamente finalizzate a tutelare soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili, o per la giovane età o perché bisognosi di cure di tipo sanitario o socio assistenziale, e a prevenire forme di gioco cosiddetto compulsivo, nonché ad evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano, la viabilità e la quiete pubblica", mentre la materia ordine pubblico e sicurezza, secondo la consolidata giurisprudenza della stessa Corte, "attiene alla "prevenzione dei reati ed al mantenimento dell´ordine pubblico", inteso questo quale "complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge la civile convivenza nella comunità nazionale"", e "La semplice circostanza che la disciplina normativa attenga a un bene giuridico fondamentale non vale, dunque, di per sé, a escludere la potestà legislativa regionale o provinciale, radicando quella statale"; per concludere nel senso della legittimità delle suddette disposizioni provinciali, in quanto "hanno riguardo a situazioni che non necessariamente implicano un concreto pericolo di commissione di fatti penalmente illeciti o di turbativa dell´ordine pubblico, inteso nei termini dianzi evidenziati, preoccupandosi, piuttosto, delle conseguenze sociali dell´offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell´impatto sul territorio dell´afflusso a detti giochi degli utenti" e che "non incidono direttamente sulla individuazione ed installazione dei giochi leciti, ma su fattori (quali la prossimità a determinati luoghi e la pubblicità) che potrebbero, da un canto, indurre al gioco un pubblico costituito da soggetti psicologicamente più vulnerabili od immaturi e, quindi, maggiormente esposti alla capacità suggestiva dell´illusione di conseguire, tramite il gioco, vincite e facili guadagni; dall´altro, influire sulla viabilità e sull´inquinamento acustico delle aree interessate" (sent. cit.).
In sostanza (come espressamente sottolineato da TAR Lombardia, II, n. 1761/2015, con riferimento ad analoghe disposizioni della L.R. Lombardia n. 8 del 2013; da TAR Lazio, II, n. 2729/2014, con riferimento alla l.r. Liguria 17/2012; e da TRGA Trento, n. 206/2013, con riferimento alla l.p. Trento 9/2000), la Corte ha ritenuto che le disposizioni sui limiti di distanza imposti alle sale da gioco siano dirette al perseguimento di finalità anzitutto di carattere socio-sanitario (come tali estranee rispetto alla materia della tutela dell´ordine pubblico, rimessa in via esclusiva allo Stato).
A dette finalità si affiancano finalità attinenti al governo del territorio, sotto i profili della salvaguardia del contesto urbano e dell´ordinata viabilità, oltre che al contenimento dell´inquinamento acustico.
I poteri in questione incidono dunque, in netta prevalenza, in materie oggetto di potestà legislativa concorrente, nelle quali la Regione, ai sensi dell´art. 117, terzo comma, Cost., può legiferare nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale.
14.2. Dall´art. 7, comma 10, del D.L. n. 158 del 2012, si trae il principio della legittimità di misure di pianificazione delle ubicazioni consentite alle sale giochi e scommesse basate su distanze minime da rispettare (definite dalla citata giurisprudenza "prevenzione logistica" delle ludopatie), non anche quello della necessità della previa definizione di dette pianificazioni o dei relativi criteri orientativi a livello nazionale.
Può convenirsi con la prevalente giurisprudenza che si è occupata della questione, nel senso che la disciplina statale e quella regionale siano reciprocamente coerenti rispetto all´obiettivo da perseguire, utilizzando strumenti analoghi con analoghe finalità di prevenzione (oltre alle sentenze succitate, cfr. anche TAR Lombardia, I, n. 1613/2015).
Non appare invece condivisibile la opposta interpretazione, sulla base della quale il TAR Lecce ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell´art. 7 della L.R. Puglia n. 43 del 2013 (che prevede analoga distanza minima), per contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e secondo comma, lettera h), Cost. (cfr. ord. I, n. 2959/2015).
D´altra parte, la stessa disciplina statale, demandando all´Agenzia delle dogane e dei monopoli, sulla base di criteri da stabilire con decreto interministeriale, la pianificazione della "progressiva ricollocazione" di esercizi legittimamente insediati dopo la sua entrata in vigore, sembra presupporre anche la legittimità di pianificazioni adottate prima della sua piena attuazione.
Che questo sia il significato implicito della disciplina statale lo conferma la legge delega in materia fiscale 23/2014, che comprende, all´art. 14, comma 1, la delega al "riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici, riordinando tutte le norme in vigore in un codice delle disposizioni sui giochi", la quale, pur essendo orientata dai principi e criteri direttivi secondo i quali occorre "introdurre e garantire l´applicazione di regole trasparenti e uniformi nell´intero territorio nazionale in materia di titoli abilitativi all´esercizio dell´offerta di gioco, di autorizzazioni e di controlli, garantendo forme vincolanti di partecipazione dei comuni competenti per territorio al procedimento di autorizzazione e di pianificazione, che tenga conto di parametri di distanza da luoghi sensibili validi per l´intero territorio nazionale, della dislocazione locale di sale da gioco e di punti di vendita in cui si esercita come attività principale l´offerta di scommesse su eventi sportivi e non sportivi, nonché in materia di installazione degli apparecchi idonei per il gioco lecito di cui all´articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al R.D. 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, comunque con riserva allo Stato della definizione delle regole necessarie per esigenze di ordine e sicurezza pubblica", prevede anche espressamente che debba assicurarsi "la salvaguardia delle discipline regolatorie nel frattempo emanate a livello locale che risultino coerenti con i princìpi delle norme di attuazione della presente lettera".
14.3. Anche la Corte Costituzionale, nel giudicare inammissibili (a causa della inadeguata valutazione della rilevanza nel giudizio a quo e di possibili soluzioni ermeneutiche alternative) le questioni di costituzionalità sollevate dal TAR Piemonte nei confronti degli artt. 42 e 50, del D.Lgs. n. 267 del 2000, e dell´art. 31, comma 2, del D.L. n. 201 del 2011, convertito dalla L. n. 214 del 2011 (nella parte in cui tali disposizioni non prevedono la competenza dei Comuni ad adottare atti normativi e provvedimentali volti a limitare l´uso degli apparecchi da gioco di cui all´art. 110, comma 6, del TULPS), ha sottolineato che il giudice rimettente "omette di considerare che il potere di limitare la distribuzione sul territorio delle sale da gioco attraverso l´imposizione di distanze minime rispetto ai cosiddetti luoghi sensibili, potrebbe altresì essere ricondotto alla potestà degli enti locali in materia di pianificazione e governo del territorio, rispetto alla quale la Costituzione e la legge ordinaria conferiscono al Comune le relative funzioni" (sent. n. 220/2014); richiamando, a supporto di tale tesi, l´orientamento di questo Consiglio secondo il quale l´esercizio del potere di pianificazione non può essere inteso solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, ma deve essere ricostruito come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo, che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli, sia di valori ambientali e paesaggistici, sia di esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti (cfr. Cons. Stato, IV, n. 2710/2012).
14.4. In conclusione sul punto, la circostanza che la fissazione di "parametri di distanza da luoghi sensibili validi per l´intero territorio nazionale", non sia ancora avvenuta, non impedisce l´esercizio dei concorrenti poteri, rivolti alle medesime finalità, delle Regioni e degli Enti locali.
Per le considerazioni esposte, sembra evidente che l´art. 6 della L.R. Emilia Romagna n. 5 del 2013 , nel richiedere che le "previsioni urbanistico-territoriali in ordine alla localizzazione delle sale da gioco" siano adottate "nel rispetto delle pianificazioni" statali, non attribuisce a queste ultime il valore di presupposto necessario, ma richiede soltanto che le previsioni dettate nell´esercizio del potere di pianificazione comunale non si pongano in contrasto con le previsioni stabilite a livello nazionale.
Né a diversa conclusione può condurre il fatto che l´Assemblea regionale, con atto di indirizzo-ordine del giorno sul gioco d´azzardo patologico in data 2 luglio 2013, e pubblicato sul BUR contestualmente alla L.R. n. 5 del 2013, abbia invitato il Governo a dare attuazione all´art. 7, comma 10, del D.L. n. 158 del 2012, posto che la esigenza, ivi indicata, di "fornire agli enti del governo territoriale una cornice normativa nazionale qualificata dalla certezza, che consenta di adottare atti normativi e pianificatori efficaci e non censurabili sotto il profilo della legittimità" risulta strettamente collegata alla "progressiva ricollocazione" dei punti della rete fisica di raccolta del gioco, prevista dalla norma statale (ed estranea alla questione in esame), e che comunque l´esigenza di certezza non è incompatibile con la volontà di consentire da subito ai Comuni di pianificare le ubicazioni.
15. La prospettazione dell´appello risulta pertanto fondata.
16. Occorre di conseguenza esaminare le doglianze non esaminate dal TAR e riproposte dalla società appellata.
Due degli ordini di censura sopra sintetizzati (9.2. e 9.3.), si compendiano nel mettere in discussione il contenuto della misura di prevenzione delle ludopatie, ritenendosi la distanza minima di 1.000 metri dai siti sensibili irragionevole, inadeguata e non proporzionata, e comunque insufficientemente motivata e frutto di un´istruttoria lacunosa.
Dette censure appaiono fondate.
La difesa del Comune ne eccepisce l´inammissibilità, in quanto comporterebbero una sostituzione del giudice nell´esercizio di discrezionalità tecnica.
Il Collegio non è di questo avviso.
Nel caso in esame, se l´effetto dissuasivo della distanza dalle sale giochi dei (luoghi in cui si trovano di regola i) soggetti da tutelare risponde ad un criterio presuntivo generalmente condiviso, manca una regola tecnica cui fare riferimento per misurare l´efficacia di una determinata distanza.
Posto, dunque, che l´imposizione di una distanza di rispetto costituisce in via di principio uno strumento ragionevole per tutelare l´interesse pubblico primario (prevenzione delle ludopatie), e che la massimizzazione della cura di tale interesse condurrebbe ad imporre distanze molto ampie, l´individuazione di una distanza, piuttosto che un´altra, discende invece dall´esercizio di una discrezionalità amministrativa, che effettui la ponderazione con i contrapposti interessi allo svolgimento delle attività lecite di gioco e scommessa, alla luce dei canoni della adeguatezza e della proporzionalità.
In particolare, risponde ad un´esigenza di ragionevolezza che, in esito ad una valutazione dei comportamenti dei soggetti più vulnerabili e dell´incidenza del fenomeno delle ludopatie in un determinato contesto, venga stabilita dalla legge una distanza minima fissa, presuntivamente idonea ad assicurare un effetto dissuasivo, proteggendo i frequentatori dei c.d. siti sensibili; oppure, che la legge indichi detta distanza di rispetto nella sua misura massima, ovvero nella sua misura minima, consentendo alle Amministrazioni territoriali e locali di valutare le rispettive situazioni e di individuare conseguentemente come adeguate distanze diverse purché rispettose del limite.
Senza pretesa di esaustività: una distanza minima di cinquecento metri è prescritta dall´art. 4 della L.R. Toscana n. 57 del 2013, dall´art. 7 della L.R. Puglia n. 43 del 2013 e dall´art. 6 della L.R. Basilicata n. 30 del 2014; una distanza minima di trecento metri è invece prescritta dall´art. 5-bis della l.p. Bolzano 13/1992, dall´art. 13-bis della l.p. Trento 9/2000, dall´art. 5 della L.R. Liguria n. 13 del 2015 e dall´art. 3 della L.R. Abruzzo n. 40 del 2013; una distanza minima, determinata dalla Giunta regionale, ma comunque non superiore a cinquecento metri, è prevista dall´art. 5, comma 1, della L.R. Lombardia 8 del 2013, e dall´art. 6 della L.R. Friuli VG n. 1 del 2014, analogo potere è attribuito ai Comuni dall´art. 6 della L.R. Umbria 21 del 2014, mentre l´art. 4 della L.R. Valle d´Aosta n. 14 del 2015 prevede la stessa distanza, ma consente ai Comuni di stabilire una distanza maggiore; infine, l´art. 20 della L.R. Veneto 6 del 2015, senza individuare una distanza di riferimento, attribuisce ai Comuni il potere di stabilire la distanza minima.
La Regione Emilia Romagna non ha stabilito una distanza minima, così onerando gli enti locali di individuarla, contemperando gli interessi in gioco in relazione alle caratteristiche che assumono nello specifico contesto sociale di applicazione.
Pertanto, il Comune di Bologna avrebbe dovuto analizzare in modo approfondito l´incidenza delle ludopatie nel proprio territorio, valutare in relazione ad essa quale distanza di rispetto poteva ritenersi astrattamente adeguata alla consistenza del fenomeno da contrastare, e verificare se, in relazione alla diffusione dei siti sensibili, una simile distanza fosse misura proporzionata e sostenibile, in quanto tale da non impedire di fatto nuove ubicazioni per gli esercizi commerciali del settore e la disponibilità di sedi alternative in vista di possibili trasferimenti degli esercizi in attività.
Può convenirsi che, al riguardo, si trattasse di esercitare una discrezionalità piuttosto ampia, limitatamente sindacabile.
Tuttavia, nel caso in esame, non è stato argomentato dal Comune appellante, né risulta dalla documentazione in atti, che valutazioni di tal genere siano state compiute.
La difesa del Comune richiama (oltre che, genericamente, un atto di indirizzo della Regione, da cui il Comune avrebbe tratto i dati di un censimento sul gioco d´azzardo effettuato su scala nazionale dalla Presidenza del Consiglio e dell´indagine conoscitiva curata da Eurispes e dalla Onlus Telefono Azzurro circa il coinvolgimento dei bambini) il verbale della seduta del Consiglio comunale in cui è stata approvata la modifica regolamentare; ma dalla lettura degli interventi, assai estesi, dell´assessore competente e dei rappresentanti di tutte le forze politiche, non si evincono considerazioni specifiche e basate su argomenti non esclusivamente di natura politica, circa l´adeguatezza e l´incidenza concreta sul territorio della distanza minima di 1.000 metri contenuta nella proposta da approvare.
D´altro canto, la considerazione dei meno impegnativi limiti di distanza adottati nelle altre Regioni, appare tale da confortare la contestazione della ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità della decisione di stabilire una distanza di 1.000 metri.
17. Infine, per quanto esposto, la pianificazione comunale prevista dalla L.R. n. 5 del 2013 si concretizza in disposizioni "urbanistico-territoriali", aventi finalità di tutela della salute, ma anche di qualità ambientale urbana in senso lato.
La differenza, rispetto ad una disciplina come quella del regolamento di polizia urbana, oltre che nelle finalità di cura di interessi pubblici (in quel caso, concernenti l´incolumità pubblica ed il decoro urbano) che la ispirano, sta nel fatto che per il regolamento edilizio, quale componente della pianificazione urbanistica generale, la L.R. n. 20 del 2000 prevede un procedimento che comprende fasi di partecipazione idonee a far emergere la effettiva consistenza degli interessi in gioco, così da consentire valutazioni complete e razionali.
Proprio ciò che, per quanto esposto, non risulta essere avvenuto ai fini dell´adozione della norma regolamentare oggetto della controversia.
Anche sotto questo profilo (cfr. supra, 9.1.), pertanto, il ricorso introduttivo è fondato ed avrebbe dovuto essere accolto.
18. Dalla fondatezza dei profili di censura esaminati, discende che la sentenza di primo grado merita di essere confermata, per quanto riguarda l´accoglimento del ricorso introduttivo, ma con la diversa motivazione sopra esposta.
19. Le spese del doppio grado di giudizio, stante la relativa novità delle questioni affrontate, possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull´appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e conferma, con diversa motivazione, la sentenza appellata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall´autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2016 con l´intervento dei magistrati:
Marco Lipari, Presidente
Carlo Deodato, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore
Stefania Santoleri, Consigliere
La controversia all´esame di Palazzo Spada traeva origine dal divieto di autorizzazione all´esercizio di una sala giochi mediante videoterminali in Bologna, adottato dalla Questura di Bologna, in quanto l´ubicazione prescelta non rispettava "la distanza minima di 1.000 metri, misurata sul percorso pedonale più breve che collega i rispettivi punti di accesso più vicini dai seguenti luoghi sensibili: asili, scuole di ogni ordine e grado, luoghi di culto, ospedali, case di cura, camere mortuarie, caserme e strutture protette in genere", come richiesto dall´art. 23, comma 3, del Regolamento di Polizia Urbana del Comune di Bologna.
Il diniego era stato impugnato dal richiedente l´autorizzazione e dalla società concessionaria cui è collegato, unitamente alla disposizione regolamentare presupposta.
Con la sentenza appellata il Tar aveva accolto il ricorso, ritenendo che l´art. 23, comma 3, del Reg. P.U. fosse illegittimo, in mancanza del presupposto costituito dagli adempimenti previsti, a livello dell´Amministrazione centrale, dall´art. 7 del D.L. n. 158 del 2012, convertito in L. n. 189 del 2012, il cui rispetto era peraltro previsto dall´art. 6 della l.r. Emilia-Romagna 5/2013.
L´art. 7, comma 10, del D.L. n. 158 del 2012 (c.d. decreto Balduzzi), come modificato dalla legge di conversione n. 189/2012, prevedeva che "L´Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e, a seguito della sua incorporazione, l´Agenzia delle dogane e dei monopoli, tenuto conto degli interessi pubblici di settore, sulla base di criteri, anche relativi alle distanze da istituti di istruzione primaria e secondaria, da strutture sanitarie e ospedaliere, da luoghi di culto, da centri socio-ricreativi e sportivi, definiti con decreto del Ministro dell´economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata (...) provvede a pianificare forme di progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco praticato mediante gli apparecchi di cui all´articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al R.D. n. 773 del 1931, e successive modificazioni, che risultano territorialmente prossimi ai predetti luoghi. Le pianificazioni operano relativamente alle concessioni di raccolta di gioco pubblico bandite successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e valgono, per ciascuna nuova concessione, in funzione della dislocazione territoriale degli istituti scolastici primari e secondari, delle strutture sanitarie ed ospedaliere, dei luoghi di culto esistenti alla data del relativo bando. (...)".
L´art. 6, comma 2, della L.R. Emilia Romagna n. 5 del 2013, che "Al fine di perseguire le finalità di cui all´articolo 1 della presente legge e gli obiettivi di cui all´articolo 2 della L.R. 24 marzo 2000, n. 20 (Disciplina generale sulla tutela e l´uso del territorio), i Comuni possono dettare, nel rispetto delle pianificazioni di cui all´articolo 7, comma 10, del D.L. n. 158 del 2012, convertito dalla L. n. 189 del 2012, previsioni urbanistico-territoriali in ordine alla localizzazione delle sale da gioco.".
Con il proprio appello, il Comune di Bologna aveva sostenuto che:
- l´art. 7, comma 10, del D.L. n. 158 del 2012, ha ad oggetto la tutela della salute e non l´ordine pubblico, rientrando quindi nella potestà legislativa di cui all´art. 117, terzo comma, Cost.; dato che l´art. 6 della L.R. Emilia Romagna n. 5 del 2013 consentiva ai Comuni di dettare criteri per la localizzazione delle sale gioco, e che non erano stati ancora definiti il decreto interministeriale e le conseguenti pianificazioni statale, esisteva dunque il potere comunale di disciplinare la materia;
- il TAR aveva superato i limiti della propria giurisdizione, con riferimento ai poteri attribuiti alle Regioni.
Costituitesi le parti, il Consiglio ha premesso che l´art. 1 del D.L. n. 1 del 2012 prevede il divieto espresso, discendente dai principi Europei di libertà di concorrenza e di prestazione dei servizi, di introduzione di disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale o temporale con prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico, che pongono programmi non ragionevoli; aggiungendo che la compressione delle attività economiche attraverso la fissazione di limiti può avvenire soltanto se vengono rispettati i principi di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità dell´azione amministrativa, tanto che il Protocollo n. 2 impone alle autorità amministrative di adottare misure idonee, necessarie ed adeguate; mentre, nel caso in esame, detti parametri sono violati, in quanto la fissazione di una distanza di 1.000 metri rende impossibile l´esercizio delle attività di gioco lecito sulla quasi totalità del territorio comunale, a fronte di un interesse - che finisce per identificarsi con il decoro urbano - che è difficile identificare con quello della maggioranza dei consociati. Inoltre, ha osservato il Collegio, anche a voler ricondurre l´intervento comunale nell´alveo della tutela della salute, il principio di precauzione deve essere contemperato con quello di proporzionalità, nella ricerca di un equilibrato bilanciamento dei contrapposti interessi, mentre la norma regolamentare in questione stabilisce una presunzione assoluta di pericolosità del gioco lecito, senza consentire di dimostrare che, in considerazione dell´adozione delle speciali cautele sul "gioco responsabile" imposte dall´Agenzia delle dogane e dei monopoli, non arreca in concreto nocumento agli interessi coinvolti.
Pertanto, a giudizio del giudice d´appello, era necessaria una compiuta istruttoria, circa l´incidenza nello specifico tessuto socio-economico comunale del fenomeno del gioco lecito, ed ua adeguata motivazione circa la decisione di introdurre una distanza minima così preclusiva. Perplessità anche in ordine ai lamentati "problemi riguardanti il contesto urbano e la sicurezza urbane ed i problemi connessi con la viabilità, l´inquinamento acustico ed il disturbo alla quiete pubblica delle dinamiche ludiche".
Rigettate le eccezioni circa l´improcedibilità dell´appello, "in quanto il Comune mantiene l´interesse a rivendicare la legittimità della disposizione regolamentare precedente e dei provvedimenti adottati sulla base di essa, anche nella prospettiva di eventuali pretese risarcitorie", il Consiglio ha ritenuto non conducente la soluzione offerta dal Tar ma ha ugualmente rigettato l´appello, confermando, con altra motivazione, la sentenza gravata.
Premesso che le misure volte alla prevenzione ed al contrasto di forme di dipendenza dal gioco d´azzardo lecito (c.d. ludopatia - gioco d´azzardo patologico) rientrino principalmente nella materia della tutela della salute, il Collegio ha osservato come la Corte Costituzionale, con riferimento ai limiti di distanza delle sale da gioco rispetto ai luoghi sensibili, ha escluso la violazione dell´art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, ossia della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza (sent. n. 300/2011), precisando che tali disposizioni siano finalizzate a tutelare soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili e a prevenire forme di gioco cosiddetto compulsivo. Diversamente, la materia ordine pubblico e sicurezza, secondo la consolidata giurisprudenza della stessa Corte, "attiene alla "prevenzione dei reati ed al mantenimento dell´ordine pubblico".
Concludendo, sul punto, nel senso che le disposizioni sui limiti di distanza imposti alle sale da gioco siano dirette al perseguimento di finalità anzitutto di carattere socio-sanitario (come tali estranee rispetto alla materia della tutela dell´ordine pubblico, rimessa in via esclusiva allo Stato).
Finalità - ha soggiunto il Collegio - cui si affiancano quelle attinenti il governo del territorio, sotto i profili della salvaguardia del contesto urbano e dell´ordinata viabilità, oltre che al contenimento dell´inquinamento acustico.
Pertanto, i poteri in questione incidono in materie oggetto di potestà legislativa concorrente, nelle quali la Regione, ai sensi dell´art. 117, terzo comma, Cost., può legiferare nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale, per cui, anche ai sensi dell´art. 7, comma 10, del D.L. n. 158 del 2012, sono legittime le misure di pianificazione delle ubicazioni consentite alle sale giochi e scommesse basate su distanze minime da rispettare.
Principio implicitamente avvalorato dalla stessa disciplina statale che, demandando all´Agenzia delle dogane e dei monopoli, sulla base di criteri da stabilire con decreto interministeriale, la pianificazione della "progressiva ricollocazione" di esercizi legittimamente insediati dopo la sua entrata in vigore, sembra presupporre anche la legittimità di pianificazioni adottate prima della sua piena attuazione, e dalla legge delega in materia fiscale 23/2014 (art. 14, comma 1).
La circostanza che la fissazione di "parametri di distanza da luoghi sensibili validi per l´intero territorio nazionale", non sia ancora avvenuta, non impedisce quindi l´esercizio dei concorrenti poteri, rivolti alle medesime finalità, delle Regioni e degli Enti locali, per cui l´art. 6 della L.R. Emilia Romagna n. 5 del 2013, che richiede che le "previsioni urbanistico-territoriali in ordine alla localizzazione delle sale da gioco" siano adottate "nel rispetto delle pianificazioni" statali, non attribuisce a queste ultime il valore di presupposto necessario, ma soltanto che le previsioni dettate nell´esercizio del potere di pianificazione comunale non si pongano in contrasto con le previsioni stabilite a livello nazionale.
La prospettazione dell´appello, a giudizio di Palazzo Spada, risulta pertanto fondata.
Parimenti fondate, però, sono state ritenute le doglianze non esaminate dal TAR, riproposte in sede di appello, dalla società appellata.
In particolare, esaminando due delle censure, con cui è stato posto in discussione il contenuto della misura di prevenzione delle ludopatie, ritenendosi la distanza minima di 1.000 metri dai siti sensibili irragionevole, inadeguata e non proporzionata, e comunque insufficientemente motivata e frutto di un´istruttoria lacunosa, il Consiglio le ha ritenute meritevoli di condivisione.
Ad avviso del Collegio, "risponde ad un´esigenza di ragionevolezza che, in esito ad una valutazione dei comportamenti dei soggetti più vulnerabili e dell´incidenza del fenomeno delle ludopatie in un determinato contesto, venga stabilita dalla legge una distanza minima fissa, presuntivamente idonea ad assicurare un effetto dissuasivo, proteggendo i frequentatori dei c.d. siti sensibili; oppure, che la legge indichi detta distanza di rispetto nella sua misura massima, ovvero nella sua misura minima, consentendo alle Amministrazioni territoriali e locali di valutare le rispettive situazioni e di individuare conseguentemente come adeguate distanze diverse purché rispettose del limite".
Dato che la Regione Emilia Romagna non ha stabilito una distanza minima, così onerando gli enti locali di individuarla, contemperando gli interessi in gioco in relazione alle caratteristiche che assumono nello specifico contesto sociale di applicazione, "il Comune di Bologna avrebbe dovuto analizzare in modo approfondito l´incidenza delle ludopatie nel proprio territorio, valutare in relazione ad essa quale distanza di rispetto poteva ritenersi astrattamente adeguata alla consistenza del fenomeno da contrastare, e verificare se, in relazione alla diffusione dei siti sensibili, una simile distanza fosse misura proporzionata e sostenibile, in quanto tale da non impedire di fatto nuove ubicazioni per gli esercizi commerciali del settore e la disponibilità di sedi alternative in vista di possibili trasferimenti degli esercizi in attività".
Tale valutazione, però, a giudizio di Palazzo Spada, non risulta essere stata effettuata, ed anche dagli atti richiamati dal Comune (atto di indirizzo della Regione, da cui il Comune avrebbe tratto i dati di un censimento sul gioco d´azzardo effettuato su scala nazionale dalla Presidenza del Consiglio, indagine conoscitiva circa il coinvolgimento dei bambini, verbale della seduta del Consiglio comunale di approvazione della modifica regolamentare) "non si evincono considerazioni specifiche e basate su argomenti non esclusivamente di natura politica, circa l´adeguatezza e l´incidenza concreta sul territorio della distanza minima di 1.000 metri contenuta nella proposta da approvare".
Infine, dato che la pianificazione comunale prevista dalla L.R. n. 5 del 2013 si concretizza in disposizioni "urbanistico-territoriali", aventi finalità di tutela della salute, ma anche di qualità ambientale urbana in senso lato, la L.R. n. 20 del 2000 obbliga l´amministrazione a porre in essere un procedimento che comprende fasi di partecipazione idonee a far emergere la effettiva consistenza degli interessi in gioco, così da consentire valutazioni complete e razionali. Ma anche questi adempimenti nella fattispecie sono stati disattesi.
Da ciò, il rigetto dell´appello e la conferma, con altra motivazione, della sentenza gravata.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4452 del 2015, proposto da:
Comune di Bologna, rappresentato e difeso dagli Avv. Ada Labriola, Giorgio Stella Richter, Giulia Carestia, con domicilio eletto presso Giorgio Stella Richter in Roma, Via Orti della Farnesina, 126;
contro
- E.L.;
- M.T. e R.G. S.r.l., rappresentati e difesi dagli Avv. Cino Benelli, Gianfranco Fiorentini, con domicilio eletto presso Federico Mazzella in Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio, 1;
nei confronti di
- Ministero dell´Interno, Questura di Bologna, Istituto Professionale Industria Artigianato "A.Fioravanti", rappresentati e difesi per legge dall´Avvocatura Generale dello Stato, anche domiciliataria in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA, SEZIONE I, n. 00407/2015, resa tra le parti, concernente diniego apertura di una sala dedicata all´esercizio degli apparecchi da gioco denominati VLT;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di M.T. e R.G. S.r.l. e di Ministero dell´Interno, Questura di Bologna ed Istituto Professionale Industria Artigianato "A.Fioravanti";
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell´udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2016 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti gli Avvocati Giorgio Stella Richter, Cristiana Fedeli su delega di Gianfranco Fiorentini e l´Avvocato dello Stato Mario Antonio Scino;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. La controversia origina dal divieto di autorizzazione all´esercizio di una sala giochi mediante videoterminali (VLT) in Bologna, adottato ex art. 88 TULPS in data 4 febbraio 2014 dalla Questura di Bologna.
2. Il divieto è stato adottato in quanto l´ubicazione prescelta (come segnalato nel parere della Polizia Municipale in data 4 gennaio 2014) non rispetta "la distanza minima di 1.000 metri, misurata sul percorso pedonale più breve che collega i rispettivi punti di accesso più vicini dai seguenti luoghi sensibili: asili, scuole di ogni ordine e grado, luoghi di culto, ospedali, case di cura, camere mortuarie, caserme e strutture protette in genere", così come richiesto dall´art. 23, comma 3, del Regolamento di Polizia Urbana del Comune di Bologna, (introdotto con delibera di C.C. n. 256645 in data 11 novembre 2013).
3. Il diniego è stato impugnato dal richiedente l´autorizzazione e dalla società concessionaria cui è collegato, unitamente alla disposizione regolamentare presupposta.
Dopo l´originaria instaurazione del giudizio presso il TAR del Lazio, il giudizio è stato riassunto presso il TAR Emilia Romagna (indicato come competente dal primo con ordinanza n. 10967/2014), il quale, con la sentenza appellata (I, n. 407/2015), ha accolto il ricorso, ritenendo che l´art. 23, comma 3, del Reg. P.U. sia illegittimo, in mancanza del necessario presupposto costituito dagli adempimenti previsti, a livello dell´Amministrazione centrale, dall´art. 7 del D.L. n. 158 del 2012, convertito in L. n. 189 del 2012, il cui rispetto è previsto dall´art. 6 della l.r. Emilia-Romagna 5/2013.
4. Il TAR ha accolto la relativa censura, dopo aver ritenuto infondata quella con cui si sosteneva che la Questura non avrebbe potuto dare rilevanza a cause ostative attinenti ad interessi diversi da quelli relativi alla sfera dell´ordine e della sicurezza pubblica (ed ha assorbito le altre censure dedotte).
5. E´ utile precisare fin d´ora che l´art. 7, comma 10, del D.L. n. 158 del 2012 (c.d. decreto Balduzzi), come modificato dalla legge di conversione n. 189/2012 (la cui epigrafe comprende "...misure di prevenzione per contrastare la ludopatia ..."), prevede che "L´Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e, a seguito della sua incorporazione, l´Agenzia delle dogane e dei monopoli, tenuto conto degli interessi pubblici di settore, sulla base di criteri, anche relativi alle distanze da istituti di istruzione primaria e secondaria, da strutture sanitarie e ospedaliere, da luoghi di culto, da centri socio-ricreativi e sportivi, definiti con decreto del Ministro dell´economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata (...)provvede a pianificare forme di progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco praticato mediante gli apparecchi di cui all´articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al R.D. n. 773 del 1931, e successive modificazioni, che risultano territorialmente prossimi ai predetti luoghi. Le pianificazioni operano relativamente alle concessioni di raccolta di gioco pubblico bandite successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e valgono, per ciascuna nuova concessione, in funzione della dislocazione territoriale degli istituti scolastici primari e secondari, delle strutture sanitarie ed ospedaliere, dei luoghi di culto esistenti alla data del relativo bando. (...)".
6. E che, in analoga prospettiva, l´art. 6, comma 2, della L.R. Emilia Romagna n. 5 del 2013 ("Norme per il contrasto, la prevenzione, la riduzione del rischio della dipendenza dal gioco d´azzardo patologico, nonché delle problematiche e delle patologie correlate"), ha stabilito che "Al fine di perseguire le finalità di cui all´articolo 1 della presente legge e gli obiettivi di cui all´articolo 2 della L.R. 24 marzo 2000, n. 20 (Disciplina generale sulla tutela e l´uso del territorio), i Comuni possono dettare, nel rispetto delle pianificazioni di cui all´articolo 7, comma 10, del D.L. n. 158 del 2012, convertito dalla L. n. 189 del 2012, previsioni urbanistico-territoriali in ordine alla localizzazione delle sale da gioco.".
7. Nell´appello, il Comune di Bologna sostiene, essenzialmente, che:
(a) - l´art. 7, comma 10, del D.L. n. 158 del 2012, ha ad oggetto la tutela della salute (sotto forma di prevenzione delle ludopatie) e non l´ordine pubblico, quindi rientra nella potestà legislativa di cui all´art. 117, terzo comma, Cost.; l´art. 6 della L.R. Emilia Romagna n. 5 del 2013 consente ai Comuni di dettare criteri per la localizzazione delle sale gioco; non essendo stati ancora definiti il decreto interministeriale e le conseguenti pianificazioni statale; esiste dunque il potere comunale di disciplinare la materia, tanto più che l´art. 7 prevede la rilocalizzazione dei punti della rete di raccolta, così presupponendo la legittimità delle pianificazioni locali previgenti;
(b) - il TAR ha superato i limiti della giurisdizione, allorché, ritenendo necessaria una disciplina uniforme dei limiti di distanza su tutto il territorio nazionale, ha escluso attualmente il potere degli enti locali in materia, da ritenersi viceversa compreso nelle funzioni di pianificazione e governo del territorio loro attribuite.
Il Comune ripropone anche le eccezioni e difese (relative alle censure dedotte da controparte e) non esaminate dal TAR.
8. Si è costituita in giudizio la Questura di Bologna, chiedendo l´accoglimento dell´appello.
9. Si è parimenti costituita in giudizio la società vittoriosa in primo grado, controdeducendo puntualmente ai motivi di appello e riproponendo, ex art. 101, comma 2, cod. proc. amm., le censure non esaminate in primo grado.
9.1. Nel difendere le argomentazioni svolte dal TAR sulla necessaria pregiudizialità degli adempimenti previsti dalla normativa statale, gli appellati ribadiscono anzitutto che le disposizioni "urbanistico-territoriali" previste dalla suddetta norma regionale non possono essere contenute in un regolamento di polizia urbana, espressione non della potestà urbanistica, bensì di quella in materia di incolumità pubblica e decoro urbano.
9.2. L´art. 1 del D.L. n. 1 del 2012, convertito nella L. n. 27 del 2012, prevede il divieto espresso, discendente dai principi Europei di libertà di concorrenza e di prestazione dei servizi, di introduzione di disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale o temporale con prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico, che pongono programmi non ragionevoli; la compressione delle attività economiche attraverso la fissazione di limiti può avvenire soltanto se vengono rispettati i principi di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità dell´azione amministrativa scaturenti dagli artt. 97 Cost., 5 e 12 TUE e 296 TFUE, poi ripreso dal Protocollo n. 2, i quali impongono alle autorità amministrative di adottare misure idonee, necessarie ed adeguate; nel caso in esame, detti parametri sono violati, in quanto la fissazione di una distanza di 1.000 metri rende impossibile l´esercizio delle attività di gioco lecito sulla quasi totalità del territorio comunale, a fronte di un interesse - che finisce per identificarsi con il decoro urbano - che è difficile identificare con quello della maggioranza dei consociati; inoltre, anche a voler ricondurre l´intervento comunale nell´alveo della tutela della salute, il principio di precauzione deve essere contemperato con quello di proporzionalità, nella ricerca di un equilibrato bilanciamento dei contrapposti interessi, mentre la norma regolamentare in questione stabilisce una presunzione assoluta di pericolosità del gioco lecito, senza consentire di dimostrare che, in considerazione dell´adozione delle speciali cautele sul "gioco responsabile" imposte dall´Agenzia delle dogane e dei monopoli, non arreca in concreto nocumento agli interessi coinvolti;
9.3. Era necessaria una compiuta istruttoria, circa l´incidenza nello specifico tessuto socio-economico comunale del fenomeno del gioco lecito, ed un´adeguata motivazione circa la decisione di introdurre una distanza minima così preclusiva; né è dato conoscere in cosa consisterebbero i problemi riguardanti il contesto urbano e la sicurezza urbane ed i problemi connessi con la viabilità, l´inquinamento acustico ed il disturbo alla quiete pubblica delle dinamiche ludiche.
10. La società appellata ha depositato ulteriori memorie.
11. Il Collegio rileva anzitutto l´inammissibilità della costituzione in giudizio, con memoria (di stile) non notificata, della Questura, in quanto soggetto avente l´onere di proporre appello e non legittimato ad assumere nel giudizio di impugnazione una posizione adesiva di mero interveniente al fine di rimuovere una soccombenza "principale" sancita dalla decisione di primo grado.
12. Occorre poi sottolineare che, nelle more del giudizio, in data 3 giugno 2015 è entrato in vigore il nuovo Regolamento Edilizio Urbano, approvato con delibera di C.C. n. 201 del 20 aprile 2015, che, all´art. 32, comma 6, contiene una previsione della distanza minima pressoché identica a quella annullata.
13. La società appellata ne fa discendere il sopravvenuto difetto di interesse del Comune all´appello.
L´eccezione va disattesa.
Il Collegio non ritiene che si sia verificata l´improcedibilità dell´appello, in quanto il Comune mantiene l´interesse a rivendicare la legittimità della disposizione regolamentare precedente e dei provvedimenti adottati sulla base di essa, anche nella prospettiva di eventuali pretese risarcitorie.
14. Nel merito, la soluzione data dal TAR non convince.
14.1. Deve ritenersi che misure volte alla prevenzione ed al contrasto di forme di dipendenza dal gioco d´azzardo lecito (c.d. ludopatia o GAP - gioco d´azzardo patologico), come quella in questione - consistente nella imposizione di una distanza minima delle sale giochi e scommesse dai luoghi c.d. sensibili, vale a dire nei quali si presume la presenza di soggetti appartenenti alle categorie più vulnerabili o comunque in condizioni contingenti di difese ridotte rispetto alla tentazione del gioco d´azzardo ed all´illusione di poter conseguire attraverso di esso facili guadagni - rientrino principalmente nella materia della tutela della salute.
La Corte Costituzionale, con riferimento alle disposizioni della l.p. Bolzano 13/2010, che prevedono limiti di distanza delle sale da gioco rispetto ai luoghi sensibili, ha escluso la violazione dell´art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, ossia della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza (sent. n. 300/2011).
Ciò, precisando che tali disposizioni "sono dichiaratamente finalizzate a tutelare soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili, o per la giovane età o perché bisognosi di cure di tipo sanitario o socio assistenziale, e a prevenire forme di gioco cosiddetto compulsivo, nonché ad evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano, la viabilità e la quiete pubblica", mentre la materia ordine pubblico e sicurezza, secondo la consolidata giurisprudenza della stessa Corte, "attiene alla "prevenzione dei reati ed al mantenimento dell´ordine pubblico", inteso questo quale "complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge la civile convivenza nella comunità nazionale"", e "La semplice circostanza che la disciplina normativa attenga a un bene giuridico fondamentale non vale, dunque, di per sé, a escludere la potestà legislativa regionale o provinciale, radicando quella statale"; per concludere nel senso della legittimità delle suddette disposizioni provinciali, in quanto "hanno riguardo a situazioni che non necessariamente implicano un concreto pericolo di commissione di fatti penalmente illeciti o di turbativa dell´ordine pubblico, inteso nei termini dianzi evidenziati, preoccupandosi, piuttosto, delle conseguenze sociali dell´offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell´impatto sul territorio dell´afflusso a detti giochi degli utenti" e che "non incidono direttamente sulla individuazione ed installazione dei giochi leciti, ma su fattori (quali la prossimità a determinati luoghi e la pubblicità) che potrebbero, da un canto, indurre al gioco un pubblico costituito da soggetti psicologicamente più vulnerabili od immaturi e, quindi, maggiormente esposti alla capacità suggestiva dell´illusione di conseguire, tramite il gioco, vincite e facili guadagni; dall´altro, influire sulla viabilità e sull´inquinamento acustico delle aree interessate" (sent. cit.).
In sostanza (come espressamente sottolineato da TAR Lombardia, II, n. 1761/2015, con riferimento ad analoghe disposizioni della L.R. Lombardia n. 8 del 2013; da TAR Lazio, II, n. 2729/2014, con riferimento alla l.r. Liguria 17/2012; e da TRGA Trento, n. 206/2013, con riferimento alla l.p. Trento 9/2000), la Corte ha ritenuto che le disposizioni sui limiti di distanza imposti alle sale da gioco siano dirette al perseguimento di finalità anzitutto di carattere socio-sanitario (come tali estranee rispetto alla materia della tutela dell´ordine pubblico, rimessa in via esclusiva allo Stato).
A dette finalità si affiancano finalità attinenti al governo del territorio, sotto i profili della salvaguardia del contesto urbano e dell´ordinata viabilità, oltre che al contenimento dell´inquinamento acustico.
I poteri in questione incidono dunque, in netta prevalenza, in materie oggetto di potestà legislativa concorrente, nelle quali la Regione, ai sensi dell´art. 117, terzo comma, Cost., può legiferare nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale.
14.2. Dall´art. 7, comma 10, del D.L. n. 158 del 2012, si trae il principio della legittimità di misure di pianificazione delle ubicazioni consentite alle sale giochi e scommesse basate su distanze minime da rispettare (definite dalla citata giurisprudenza "prevenzione logistica" delle ludopatie), non anche quello della necessità della previa definizione di dette pianificazioni o dei relativi criteri orientativi a livello nazionale.
Può convenirsi con la prevalente giurisprudenza che si è occupata della questione, nel senso che la disciplina statale e quella regionale siano reciprocamente coerenti rispetto all´obiettivo da perseguire, utilizzando strumenti analoghi con analoghe finalità di prevenzione (oltre alle sentenze succitate, cfr. anche TAR Lombardia, I, n. 1613/2015).
Non appare invece condivisibile la opposta interpretazione, sulla base della quale il TAR Lecce ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell´art. 7 della L.R. Puglia n. 43 del 2013 (che prevede analoga distanza minima), per contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e secondo comma, lettera h), Cost. (cfr. ord. I, n. 2959/2015).
D´altra parte, la stessa disciplina statale, demandando all´Agenzia delle dogane e dei monopoli, sulla base di criteri da stabilire con decreto interministeriale, la pianificazione della "progressiva ricollocazione" di esercizi legittimamente insediati dopo la sua entrata in vigore, sembra presupporre anche la legittimità di pianificazioni adottate prima della sua piena attuazione.
Che questo sia il significato implicito della disciplina statale lo conferma la legge delega in materia fiscale 23/2014, che comprende, all´art. 14, comma 1, la delega al "riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici, riordinando tutte le norme in vigore in un codice delle disposizioni sui giochi", la quale, pur essendo orientata dai principi e criteri direttivi secondo i quali occorre "introdurre e garantire l´applicazione di regole trasparenti e uniformi nell´intero territorio nazionale in materia di titoli abilitativi all´esercizio dell´offerta di gioco, di autorizzazioni e di controlli, garantendo forme vincolanti di partecipazione dei comuni competenti per territorio al procedimento di autorizzazione e di pianificazione, che tenga conto di parametri di distanza da luoghi sensibili validi per l´intero territorio nazionale, della dislocazione locale di sale da gioco e di punti di vendita in cui si esercita come attività principale l´offerta di scommesse su eventi sportivi e non sportivi, nonché in materia di installazione degli apparecchi idonei per il gioco lecito di cui all´articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al R.D. 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, comunque con riserva allo Stato della definizione delle regole necessarie per esigenze di ordine e sicurezza pubblica", prevede anche espressamente che debba assicurarsi "la salvaguardia delle discipline regolatorie nel frattempo emanate a livello locale che risultino coerenti con i princìpi delle norme di attuazione della presente lettera".
14.3. Anche la Corte Costituzionale, nel giudicare inammissibili (a causa della inadeguata valutazione della rilevanza nel giudizio a quo e di possibili soluzioni ermeneutiche alternative) le questioni di costituzionalità sollevate dal TAR Piemonte nei confronti degli artt. 42 e 50, del D.Lgs. n. 267 del 2000, e dell´art. 31, comma 2, del D.L. n. 201 del 2011, convertito dalla L. n. 214 del 2011 (nella parte in cui tali disposizioni non prevedono la competenza dei Comuni ad adottare atti normativi e provvedimentali volti a limitare l´uso degli apparecchi da gioco di cui all´art. 110, comma 6, del TULPS), ha sottolineato che il giudice rimettente "omette di considerare che il potere di limitare la distribuzione sul territorio delle sale da gioco attraverso l´imposizione di distanze minime rispetto ai cosiddetti luoghi sensibili, potrebbe altresì essere ricondotto alla potestà degli enti locali in materia di pianificazione e governo del territorio, rispetto alla quale la Costituzione e la legge ordinaria conferiscono al Comune le relative funzioni" (sent. n. 220/2014); richiamando, a supporto di tale tesi, l´orientamento di questo Consiglio secondo il quale l´esercizio del potere di pianificazione non può essere inteso solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, ma deve essere ricostruito come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo, che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli, sia di valori ambientali e paesaggistici, sia di esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti (cfr. Cons. Stato, IV, n. 2710/2012).
14.4. In conclusione sul punto, la circostanza che la fissazione di "parametri di distanza da luoghi sensibili validi per l´intero territorio nazionale", non sia ancora avvenuta, non impedisce l´esercizio dei concorrenti poteri, rivolti alle medesime finalità, delle Regioni e degli Enti locali.
Per le considerazioni esposte, sembra evidente che l´art. 6 della L.R. Emilia Romagna n. 5 del 2013 , nel richiedere che le "previsioni urbanistico-territoriali in ordine alla localizzazione delle sale da gioco" siano adottate "nel rispetto delle pianificazioni" statali, non attribuisce a queste ultime il valore di presupposto necessario, ma richiede soltanto che le previsioni dettate nell´esercizio del potere di pianificazione comunale non si pongano in contrasto con le previsioni stabilite a livello nazionale.
Né a diversa conclusione può condurre il fatto che l´Assemblea regionale, con atto di indirizzo-ordine del giorno sul gioco d´azzardo patologico in data 2 luglio 2013, e pubblicato sul BUR contestualmente alla L.R. n. 5 del 2013, abbia invitato il Governo a dare attuazione all´art. 7, comma 10, del D.L. n. 158 del 2012, posto che la esigenza, ivi indicata, di "fornire agli enti del governo territoriale una cornice normativa nazionale qualificata dalla certezza, che consenta di adottare atti normativi e pianificatori efficaci e non censurabili sotto il profilo della legittimità" risulta strettamente collegata alla "progressiva ricollocazione" dei punti della rete fisica di raccolta del gioco, prevista dalla norma statale (ed estranea alla questione in esame), e che comunque l´esigenza di certezza non è incompatibile con la volontà di consentire da subito ai Comuni di pianificare le ubicazioni.
15. La prospettazione dell´appello risulta pertanto fondata.
16. Occorre di conseguenza esaminare le doglianze non esaminate dal TAR e riproposte dalla società appellata.
Due degli ordini di censura sopra sintetizzati (9.2. e 9.3.), si compendiano nel mettere in discussione il contenuto della misura di prevenzione delle ludopatie, ritenendosi la distanza minima di 1.000 metri dai siti sensibili irragionevole, inadeguata e non proporzionata, e comunque insufficientemente motivata e frutto di un´istruttoria lacunosa.
Dette censure appaiono fondate.
La difesa del Comune ne eccepisce l´inammissibilità, in quanto comporterebbero una sostituzione del giudice nell´esercizio di discrezionalità tecnica.
Il Collegio non è di questo avviso.
Nel caso in esame, se l´effetto dissuasivo della distanza dalle sale giochi dei (luoghi in cui si trovano di regola i) soggetti da tutelare risponde ad un criterio presuntivo generalmente condiviso, manca una regola tecnica cui fare riferimento per misurare l´efficacia di una determinata distanza.
Posto, dunque, che l´imposizione di una distanza di rispetto costituisce in via di principio uno strumento ragionevole per tutelare l´interesse pubblico primario (prevenzione delle ludopatie), e che la massimizzazione della cura di tale interesse condurrebbe ad imporre distanze molto ampie, l´individuazione di una distanza, piuttosto che un´altra, discende invece dall´esercizio di una discrezionalità amministrativa, che effettui la ponderazione con i contrapposti interessi allo svolgimento delle attività lecite di gioco e scommessa, alla luce dei canoni della adeguatezza e della proporzionalità.
In particolare, risponde ad un´esigenza di ragionevolezza che, in esito ad una valutazione dei comportamenti dei soggetti più vulnerabili e dell´incidenza del fenomeno delle ludopatie in un determinato contesto, venga stabilita dalla legge una distanza minima fissa, presuntivamente idonea ad assicurare un effetto dissuasivo, proteggendo i frequentatori dei c.d. siti sensibili; oppure, che la legge indichi detta distanza di rispetto nella sua misura massima, ovvero nella sua misura minima, consentendo alle Amministrazioni territoriali e locali di valutare le rispettive situazioni e di individuare conseguentemente come adeguate distanze diverse purché rispettose del limite.
Senza pretesa di esaustività: una distanza minima di cinquecento metri è prescritta dall´art. 4 della L.R. Toscana n. 57 del 2013, dall´art. 7 della L.R. Puglia n. 43 del 2013 e dall´art. 6 della L.R. Basilicata n. 30 del 2014; una distanza minima di trecento metri è invece prescritta dall´art. 5-bis della l.p. Bolzano 13/1992, dall´art. 13-bis della l.p. Trento 9/2000, dall´art. 5 della L.R. Liguria n. 13 del 2015 e dall´art. 3 della L.R. Abruzzo n. 40 del 2013; una distanza minima, determinata dalla Giunta regionale, ma comunque non superiore a cinquecento metri, è prevista dall´art. 5, comma 1, della L.R. Lombardia 8 del 2013, e dall´art. 6 della L.R. Friuli VG n. 1 del 2014, analogo potere è attribuito ai Comuni dall´art. 6 della L.R. Umbria 21 del 2014, mentre l´art. 4 della L.R. Valle d´Aosta n. 14 del 2015 prevede la stessa distanza, ma consente ai Comuni di stabilire una distanza maggiore; infine, l´art. 20 della L.R. Veneto 6 del 2015, senza individuare una distanza di riferimento, attribuisce ai Comuni il potere di stabilire la distanza minima.
La Regione Emilia Romagna non ha stabilito una distanza minima, così onerando gli enti locali di individuarla, contemperando gli interessi in gioco in relazione alle caratteristiche che assumono nello specifico contesto sociale di applicazione.
Pertanto, il Comune di Bologna avrebbe dovuto analizzare in modo approfondito l´incidenza delle ludopatie nel proprio territorio, valutare in relazione ad essa quale distanza di rispetto poteva ritenersi astrattamente adeguata alla consistenza del fenomeno da contrastare, e verificare se, in relazione alla diffusione dei siti sensibili, una simile distanza fosse misura proporzionata e sostenibile, in quanto tale da non impedire di fatto nuove ubicazioni per gli esercizi commerciali del settore e la disponibilità di sedi alternative in vista di possibili trasferimenti degli esercizi in attività.
Può convenirsi che, al riguardo, si trattasse di esercitare una discrezionalità piuttosto ampia, limitatamente sindacabile.
Tuttavia, nel caso in esame, non è stato argomentato dal Comune appellante, né risulta dalla documentazione in atti, che valutazioni di tal genere siano state compiute.
La difesa del Comune richiama (oltre che, genericamente, un atto di indirizzo della Regione, da cui il Comune avrebbe tratto i dati di un censimento sul gioco d´azzardo effettuato su scala nazionale dalla Presidenza del Consiglio e dell´indagine conoscitiva curata da Eurispes e dalla Onlus Telefono Azzurro circa il coinvolgimento dei bambini) il verbale della seduta del Consiglio comunale in cui è stata approvata la modifica regolamentare; ma dalla lettura degli interventi, assai estesi, dell´assessore competente e dei rappresentanti di tutte le forze politiche, non si evincono considerazioni specifiche e basate su argomenti non esclusivamente di natura politica, circa l´adeguatezza e l´incidenza concreta sul territorio della distanza minima di 1.000 metri contenuta nella proposta da approvare.
D´altro canto, la considerazione dei meno impegnativi limiti di distanza adottati nelle altre Regioni, appare tale da confortare la contestazione della ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità della decisione di stabilire una distanza di 1.000 metri.
17. Infine, per quanto esposto, la pianificazione comunale prevista dalla L.R. n. 5 del 2013 si concretizza in disposizioni "urbanistico-territoriali", aventi finalità di tutela della salute, ma anche di qualità ambientale urbana in senso lato.
La differenza, rispetto ad una disciplina come quella del regolamento di polizia urbana, oltre che nelle finalità di cura di interessi pubblici (in quel caso, concernenti l´incolumità pubblica ed il decoro urbano) che la ispirano, sta nel fatto che per il regolamento edilizio, quale componente della pianificazione urbanistica generale, la L.R. n. 20 del 2000 prevede un procedimento che comprende fasi di partecipazione idonee a far emergere la effettiva consistenza degli interessi in gioco, così da consentire valutazioni complete e razionali.
Proprio ciò che, per quanto esposto, non risulta essere avvenuto ai fini dell´adozione della norma regolamentare oggetto della controversia.
Anche sotto questo profilo (cfr. supra, 9.1.), pertanto, il ricorso introduttivo è fondato ed avrebbe dovuto essere accolto.
18. Dalla fondatezza dei profili di censura esaminati, discende che la sentenza di primo grado merita di essere confermata, per quanto riguarda l´accoglimento del ricorso introduttivo, ma con la diversa motivazione sopra esposta.
19. Le spese del doppio grado di giudizio, stante la relativa novità delle questioni affrontate, possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull´appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e conferma, con diversa motivazione, la sentenza appellata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall´autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2016 con l´intervento dei magistrati:
Marco Lipari, Presidente
Carlo Deodato, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore
Stefania Santoleri, Consigliere