Di Redazione su Domenica, 12 Aprile 2020
Categoria: I classici della pedagogia

Georg Kerschensteiner: "L'educazione professionale è il primo compito della scuola"

 Georg Michael Kerschensteiner (Monaco di Baviera, 29 luglio 1854Monaco di Baviera, 15 gennaio 1932) è stato un pedagogista ed educatore tedescoMaestro elementare, intraprese gli studi di matematica e di fisica presso l'università di Monaco; discipline che insegnò successivamente a Norimberga, Schweinfurt e Monaco. Nominato consigliere scolastico di Monaco, progettò la riforma delle scuole post elementari e della scuola popolare, basata sugli interessi pratici del fanciullo e sul lavoro manuale quale strumento di educazione. La riforma venne attuata nel 1906.

Sul pensiero pedagogico di Kerschensteiner (che è considerato uno dei maggiori pedagogisti del movimento detto "attivismo") influirono John Dewey, Heinrich Rickert (filosofia dei valori) e Paul Natorp (pedagogista sociale) e Johann Heinrich Pestalozzi.

«Le idee allora soltanto diventano realtà vivente quando, meditate veramente a fondo, in forme concrete e adatte alle condizioni dei tempi, sono in grado di dimostrare alla prova pratica la loro capacità di attuazione. (Georg Kerschensteiner, da Avvertenza alla prima edizione di "Il concetto della scuola di lavoro", Marzocco, 1959)»

L'educazione per Kerschensteiner è un processo di cultura attiva e ricostruttiva che si attua nel lavoro (prevalenza del lavoro manuale per le scuole primarie, e lavoro come ricreazione personale nelle scuole superiori), per rendere utile la persona alla società organizzata dallo Stato (Stato di diritto e di cultura ma, per il contesto sociogeografico prussiano, non di democrazia).
L'educazione personale diventa anche educazione sociale, la formazione del carattere sociale (finalità soggettiva all'educazione) si realizza nel servizio ed utilità sociale, la libera attività spontanea è condizionata alla coscienza del dovere sociale. Tutto ciò è racchiuso nella definizione dell'educazione formulata da Kerschensteiner "Formazione dell'essere individuale, acquisita mediante gli influssi della cultura, unitaria, articolata, evolutiva che rende l'individuo stesso capace di servire alla cultura con un lavoro fornito di valore obiettivo, e capace di partecipare spiritualmente ai valori obiettivi della cultura".
Una volta conclusa la scuola dell'obbligo il giovane prussiano veniva avviato alla formazione professionale che precedeva il servizio militare, di primaria importanza nella società bismarkiana. Tale formazione professionale era considerata come il primo passo della formazione dell'individuo, la quale teneva lontano il giovane dal socialismo, da Kerschensteiner considerato un pericolo politico. 

 G. Kerschensteiner, Il concetto di scuola di lavoro, [1911], tr. it., Bemporad, Firenze 1935.
II. L'educazione professionale come primo compito, pp. 23-26


«Il primo e più importante compito della scuola pubblica (popolare, d'integrazione e secondaria) consiste nella educazione alla professione, o almeno nella preparazione alla professione. Ma un uomo del valore di Pestalozzi era intimamente penetrato da questa idea sebbene a lui, come a me, stesse dinanzi agli occhi, quale scopo finale, la totale educazione dell'uomo. Pestalozzi non si stancò mai di battere su questo primo e preponderante compito. Alla "vita libresca" della scuola egli oppose volentieri la "vita della professione". […] Appunto come figlio del suo tempo egli non si libera mai dal pensiero che la professione del suo allievo si debba svolgere nella condizione sociale in cui esso è nato. Molte parti del suo Canto del cigno, nel quale egli raccoglie le esperienze e le intuizioni pedagogiche della sua vita, sono piene di questa concezione del primo compito della scuola popolare. Dati i rapporti assai più semplici del suo tempo, nessun pensiero era più naturale che quello di adattare l'intima organizzazione della scuola primaria ai fini dell'ambiente da cui erano tratti gli allievi e in cui naturalmente avrebbero seguitato a crescere.

Queste condizioni sono cambiate negli ultimi cent'anni. E ciò non solo perché gli stati sociali come classi fisse della organizzazione di Stato sono sparite, ma inoltre perché le condizioni di lavoro, specialmente quelle determinate dall'industria, fanno in linea generale apparire impossibile una struttura a carattere puramente professionale di quella scuola primaria che deve avere dinanzi agli occhi i fini della formazione dell'uomo.
Nondimeno rimane ancor oggi assegnato alla scuola popolare elementare il compito di preparare l'allievo alla professione futura. L'immensa maggioranza dei cittadini di uno Stato è destinata alle occupazioni puramente manuali; e sarà sempre così. 

Giacché a ogni comunità umana occorre un numero infinitamente maggiore di lavoratori manuali che non di lavoratori intellettuali. Inoltre le inclinazioni e le attitudini degli uomini non si volgono dapprima affatto verso i domini della pura attività intellettuale, ma verso quelli del lavoro manuale. Dal quale, nel corso della civilizzazione, si è poi principalmente sviluppato il lavoro spirituale. Il lavoro manuale non è soltanto la base di ogni vera arte, ma anche la base di ogni vera scienza. Una scuola pubblica, che deve insieme preparare a professioni intellettuali e manuali, è perciò male organizzata se non ha nessun mezzo di sviluppare le inclinazioni e le capacità pratiche dell'allievo. Ed è tanto peggio organizzata in quanto durante lo sviluppo del fanciullo l'evoluzione fisica e manuale precede quella spirituale, e in quanto specialmente dai tre ai quattordici anni dominano incontrastabilmente gl'istinti e le tendenze all'attività manuale. Per delle scuole che debbono preparare soltanto alle professioni puramente intellettuali (e questo è il caso per un vecchio gruppo delle scuole secondarie), per degli individui che, avendo smorzato i loro istinti di attività manuale dopo che hanno fatto il loro dovere per educare all'uso normale le membra e gli organi sensori, stanno quasi esclusivamente sotto il dominio delle tendenze intellettuali, io non ritengo affatto necessarie delle istituzioni volte all'educazione dell'attività manuale (eccezion fatta per gli esercizi puramente fisici nell'interesse di un'esistenza sana). Poiché ci sono uomini di questa specie e vocazioni alle quali essi si dedicano spontaneamente, così io posso anche immaginare delle scuole di lavoro bene organizzate, che non conoscano in nessun modo un'attività manuale svolta con officine speciali qualsiasi o anche, a parte le officine speciali, con un qualsiasi esercizio didattico.
Per gli altri fanciulli, però, delle scuole che mancassero di tali istituzioni sarebbero delle scuole male organizzate. Bisogna, in particolare, che ogni scuola primaria possieda, per le ragioni che abbiamo indicate, dei locali per il lavoro pratico, officine, giardini, cucine, sale di cucito, laboratorî, che permettano di sviluppare sistematicamente le tendenze all'attività manuale, abituando l'allievo a esercitarsi nei diversi processi del lavoro in maniera sempre più accurata, più onesta, più coscienziosa, più ponderata. È il solo mezzo per ottenere una delle basi fondamentali per l'insegnamento professionale che sarà dato in seguito e direttamente nella scuola complementare, creando al più presto l'abitudine a un lavoro manuale intelligente di valore esemplare, solido, onesto, in una parola, severamente condotto. In altri termini, e per servirmi di una formula nota: bisogna che in una scuola popolare pubblica ben organizzata l'insegnamento del lavoro costituisca anche una disciplina speciale a parte. Questo insegnamento del lavoro come disciplina non è una "profanazione" della scuola popolare, ma al contrario la sua maggiore fortuna. In Baviera, da più di cento anni, in un gran numero di classi femminili venne svolto l'insegnamento del lavoro come disciplina, e in Monaco, da quasi cinquant'anni, con una media di non meno di tre ore settimanali: e a nessuno è fino ad oggi saltato in mente di considerare questo insegnamento, che va tranquillamente per la propria strada, come una profanazione della scuola femminile e di cancellarlo dal programma della scuola stessa. Qui però si obietterà forse: far la calza, cucire, accomodare biancheria e rammendarla è la professione di quasi tutte le ragazze; ma non tutti i ragazzi scelgono la stessa professione manuale. Ciò è giusto. Ma non se ne concluda che proprio per ciò non si deve introdurre nessun insegnamento sistematico del lavoro nell'interno organismo della scuola; una tale conclusione sta press'a poco allo stesso livello di quella secondo la quale, dal momento che non a tutti gli uomini conviene lo stesso nutrimento, è meglio non dar loro nessun nutrimento».