Di Redazione su Mercoledì, 30 Maggio 2018
Categoria: Avvocatura, Ordini e Professioni

GDPR, storica sentenza SC: "Code illegittime, a rischio privacy e dati utenti"

Dopo l´ormai celebre informativa alla clientela sulla privacy concessa in esclusiva al nostro portale e da questo pubblicata a beneficio dell´avvocatura italiana, al fine di consentire ai Colleghi di districarsi al meglio in un coacervo di norme insulse oltre che insipide, è sempre lo studio Bassi-Fondi, ormai una autorità in materia, a diffondere tramite il proprio ufficio stampa una news riguardante l´ultimo successo ottenuto presso la Suprema Corte di cassazione, di cui ha parlato anche il noto sito L´eco.it. diffondendo, tuttavia, soltanto il titolo di coda.

Sì, proprio il titolo di coda. Considerato che l´importante arresto dei giudici del Palazzaccio si riferisce proprio ad una coda, ad una di quelle interminabili code che, attesa l´acclarata efficienza della burocrazia italica, è dato registrare in tutti gli uffici pubblici che, al pari delle società private, di coda ne hanno accumulata così tanta che ogni mattina, prima ancora di accendere i climatizzatori, i direttori son adusi ordinare ai loro sottoposti di tirar fuori dal frigorifero la coda accumulata nei giorni precedenti, se non andata a male.

Orbene, andiamo subito all´importante massima enucleata dai giudici di legittimità riguardante il diritto alla privacy, secondo cui "Comporta una indebita interferenza nella sfera personale protetta dall´ordinamento, il comportamento del funzionario pubblico, o dell´incaricato di pubblico servizio il quale, senza predisporre le più opportune cautele, consente, anche solo con un comportamento omissivo, il formarsi e l´aggrovigliarsi di code nel proprio ufficio, mettendo così in pericolo l´onore, la salute e la salubrità dell´ambiente di lavoro esponendo gli ignari frequentatori a gravissimi rischi, che pertanto sono sanzionabili oltre che pienamente risarcibili secondo le tabelle del tribunale a quo o, in difetto, secondo equità".

Una rivoluzione. Una pronuncia che costituisce un unicum che certamente non mancherà di esercitare importanti effetti eliminando le code, in subordine riducendole, in ulteriore subordine rendendole più coerenti con il diritto alla salute dei cittadini utenti.

L´arresto della Cassazione ha tratto origine da una pronuncia della Corte territoriale di Milano che ha respinto, condannando altresì gli appellanti alle spese, il gravame proposto per la riforma della sentenza del tribunale che aveva a sua volta respinto per manifesta inammissibilità ed infondatezza tre distinti ricorsi con i quali le parti attrici, tre cittadini, avevano chiesto a carico della società Poste Italiane e del ministero competente la declaratoria della illegittimità del comportamento posto in essere in tutti gli uffici postali del paese riguardo il consentire il formarsi e il prolungarsi di code senza cautela alcuna, la disapplicazione delle direttive, circolari e regolamenti a monte, e la condanna in solido dei convenuti al risarcimento di tutti i danni materiali, morali ed esistenziali causati alle parti attrici medesime.

Con un´unica, articolata censura le parti ricorrenti in cassazione lamentavano violazione di legge, di mente e di intelligenza rappresentando che, probabilmente per somma desuetudine dei giudici d´Appello "uti cives" alla messa in coda per disbrigo delle proprie private incombenze, pretesamente delegata ad ufficiali giudiziari e ad uscieri vari, la Corte territoriale avesse ingiustificatamente ignorato le legittime loro lamentazioni pervenendo ad un esito infausto della controversia.

Non è assolutamente giustificabile, né compatibile con le norme nazionali e comunitarie, nè tampoco coerente con l´attenzione del legislatore al rispetto dell´ambiente, ha sentenziato la Corte di Cassazione accogliendo la domanda dei ricorrenti e riformando, con rinvio, la sentenza impugnata, che i giudici di merito abbiano potuto ignorare la contrarietà all´ordinamento della condotta dell´amministrazione e la rilevanza dei danni sofferti dai ricorrenti.

Indubbio è infatti, hanno proseguito i giudici di legittimità, che, proprio a causa della scarsa privacy connessa alla formazione di una coda, una delle ricorrenti, di sesso femminile, abbia patito un danno alla propria integrità personale, essendo da un lato stata oggetto di palpamento con conseguenti palpitazioni della parte agente ad opera dell´utente collocato, nella coda, in posizione immediatamente a seguire, con tuttavia illegittima intromissione, sia pur quale vittima, nella conoscenza di dati riguardanti le preferenze sessuali del disturbatore; che un altro dei ricorrenti abbia patito un danno alla propria salute, poichè, mentre alitava, non deliberatamente ma a causa della fatica provocata dalla corsa verso l´ufficio postale che stava per chiudere, nei confronti di altro utente collocato dietro di lui, costui, consideratosi oggetto di un attacco ingiusto da parte del primo, rispondeva al fuoco dalla sua parte posteriore con emissioni connotate da una profumazione atta a rivelare chiaramente dati privati e riservati, a partire dall´alimentazione del giorno precedente; ed infine da un terzo soggetto, che aveva risentito un danno sotto il profilo della indebita conoscibilità da parte di tutti gli altri dei dati riguardanti le proprie intime convinzioni religiose nel momento in cui, dopo un´attesa di ben tre ore, il direttore dell´ufficio aveva comunicato agli astanti la chiusura dell´ufficio, e delle conseguenti lamentazioni a Dio e a tutti i santi del paradiso da parte dell´odierno ricorrente, che, in considerazione degli spazi ridotti a causa della coda erano state udite da tutti i presenti.

Censure che, pertanto, sono state de plano accolte dai supremi giudici di legittimità che hanno annullato la sentenza con rinvio al giudice del merito, il quale sarà chiamato In conformità al detto principio ad apprestare tutte le opportune cautele per evitare ulteriori illegittimità.