Di Rosalia Ruggieri su Venerdì, 16 Novembre 2018
Categoria: Famiglia e Conflitti

Fuga del minore durante l’esercizio del diritto di visita: il padre non va condannato, se si era addormentato

Con la pronuncia n. 702/2018, la I sezione penale del Tribunale di Bari, chiamata a pronunciarsi sulla responsabilità penale di un uomo – il cui figlio era stato trovato solo per strada mentre avrebbe dovuto essere con il padre in attuazione di quanto concordato con la madre in relazione al diritto di visita – ha assolto lo stesso dall'imputazione di cui all'art. 591 c.p. per abbandono di minore rilevando come il genitore non affidatario, durante il tempo in cui ha la custodia del proprio figlio nell'esercizio del diritto di visita ha l'obbligo giuridico di vigilare sul minore ed è responsabile per la sua incolumità; tuttavia, se distraendosi non si accorge che il figlio si è allontanato da casa, non può essere condannato per il reato di abbandono di minori per difetto dell'elemento psicologico del reato.

Il caso sottoposto all'attenzione del giudice prende avvio da una richiesta di rinvio a giudizio di un uomo, imputato per il delitto di cui 591 c.p. per aver abbandonato il proprio figlio di quattro anni – a lui dato in custodia nell'esercizio del diritto di visita concordato con la moglie in sede di separazione – lasciandolo solo presso la propria abitazione; il minore tentava di raggiungere la madre, uscendo di casa, senza scarpe e senza idoneo indumento per proteggersi dal freddo, e veniva trovato in lacrime lungo la via pubblica via.

A seguito dell'istruttoria dibattimentale emergeva che il bambino, trovato a tarda sera da solo, per strada, da una pattuglia di Carabinieri, riferiva agli agenti di volersi recare presso la casa della madre, separata dal padre; in particolare quel giorno, come ogni domenica a settimane alterne, in esecuzione degli accordi intervenuti tra i coniugi in sede di separazione, il bambino avrebbe dovuto trascorrere l'intera giornata con il padre. 

Quest'ultimo, sentito a dibattimento, specificava di aver trascorso quella domenica di ottobre con il figlio presso un bosco presente nelle vicinanze di Alberobello e che, giocando, il bambino si era sporcato le scarpe di terra; erano state pertanto lavate e poggiate sul termosifone di casa nell'attesa che si asciugassero in tempo; padre e figlio, rientrati a casa, decidevano di guardare la televisione e, stanchi, si erano addormentati. Il bambino, svegliatosi, usciva da solo per recarsi a casa della madre, non molto distante da quella del padre. L'uomo, non appena si svegliava, resosi conto dell'assenza del figlio, contattava telefonicamente la ex moglie e, con la voce impastata dal sonno, le chiedeva se sapesse dove fosse il bambino.

Tanto premesso in fatto, il Tribunale di Bari, con la sentenza in commento, ritiene doveroso esaminare la struttura del reato ex art. 591 c.p., ovvero abbandono di persone minori o incapaci, al fine di vagliare se la condotta complessivamente tenuta dall'imputato, alla luce dei ricchi elementi emersi a seguito dell'istruttoria, integri o meno il reato in questione.

L'elemento oggettivo del reato di abbandono di persone minori o incapaci è integrato da qualsiasi condotta, attiva od omissiva, contrastante con il dovere giuridico di cura (o di custodia), gravante sul soggetto agente, da cui derivi uno stato di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o l'incolumità del soggetto passivo (Cass., n. 35814/2015). 

 Si tratta, quindi, di un reato proprio, che può essere commesso non da qualunque cittadino ma solo da colui sul quale grava un dovere di cura e custodia: sul punto, con riferimento al caso di specie, è chiara la sussistenza del dovere di cura e custodia gravante in capo all'imputato, il quale aveva l'obbligo giuridico di vigilare sul figlio nel tempo di affidamento concordato con la moglie nei patti di separazione.

Né vale ad escludere la sussistenza di tale posizione di garanzia la circostanza per cui il diritto di visita non scaturisse da una fonte giuridica formale (ma dagli accordi tra i coniugi), stante il consolidato principio per cui in tema di abbandono di persone minori o incapaci, il dovere di custodia implica una relazione tra l'agente e la persona offesa che può sorgere non solo da obblighi giuridici formali, ma anche da una sua spontanea assunzione da parte del soggetto attivo nonché dall'esistenza di una mera situazione di fatto, tale per cui il soggetto passivo sia entrato nella sfera di disponibilità e di controllo dell'agente, in ciò differenziandosi dal dovere di cura, che ha invece unicamente ad oggetto relazioni scaturenti da valide fonti giuridiche formali (Cass., n. 19448/2016).

Nonostante la sussistenza dell'elemento materiale nella fattispecie in esame, il Tribunale di Bari rileva come, in capo all'uomo, vi sia la totale assenza dell'elemento psicologico richiesto dalla norma, ovvero il dolo: l'imputato lungi dal compiere una condotta cosciente e volontaria diretta all'abbandono, verserebbe tutt'al più in colpa, e in particolare, in imprudenza e negligenza per essersi addormentato e non aver predisposto le cautele necessarie atte ad evitare che il figlio potesse uscire di casa da solo. Non essendo il delitto in esame integrato anche a titolo di colpa, l'uomo viene assolto dal reato a lui ascritto perché il fatto non costituisce reato.

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