Di Rosalia Ruggieri su Mercoledì, 04 Novembre 2020
Categoria: Famiglia e Conflitti

Figlia maggiorenne precaria, SC: “Permane l’obbligo di mantenimento”

Con l'ordinanza n. 19077 dello scorso 17 luglio, la I sezione civile della Corte di Cassazione, sancendo l'obbligo per un padre di continuare a versare l'assegno di mantenimento alla figlia precaria, ha escluso che il mero svolgimento di lavoretti saltuari potesse portare alla revoca dell'assegno di mantenimento.

I giudici, infatti, sulla base delle risultanze istruttorie (buste paga, residenza anagrafica della ragazza presso la casa materna, natura e compenso del rapporto lavorativo documentato e cessazione di quello precedente), hanno ritenuto che la ragazza non avesse raggiunto in pieno l'autonomia economica, così rimarcando il suo diritto a mantenere un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia e, per quanto possibile, analogo a quello goduto in precedenza.

Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio con un giudizio di divorzio nel quale il Tribunale di Cassino fissava ad euro 180 mensili il contributo di mantenimento dovuto dal padre a titolo di concorso al mantenimento della figlia maggiorenne.

Proponendo appello, il padre chiedeva la revoca dell'assegno di mantenimento deducendo come la ragazza si fosse avviata al lavoro, seppure con contratti a termine e a tempo parziale.

La Corte di Appello di Roma rideterminava il contributo paterno per la figlia in euro 300 mensili, così rigettando l'appello proposto dall'uomo. 

 Ricorrendo in Cassazione, il padre censurava la decisione di conferma dell'assegno di mantenimento in favore della figlia maggiorenne per violazione o falsa applicazione dell'articolo 147 c.p.c..

A tal fine rilevava che la Corte territoriale non aveva fatto applicazione dei principi affermati dalla giurisprudenza in tema di obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni, posto che la figlia – essendosi avviata al lavoro, seppure con contratti a termine e a tempo parziale – aveva raggiunto l'autosufficienza economica.

Il ricorrente si doleva, inoltre, della mancata ammissione di richieste istruttorie finalizzate a dimostrare la reale condizione economica della figlia e la convivenza della stessa con altro uomo, nonché il mancato accoglimento della sua richiesta di ordine di esibizione di tutte le buste paga e le dichiarazioni dei redditi della figlia, ai fini dell'accertamento dell'entità del reddito lavorativo effettivo della stessa, non potendo reputarsi sufficiente quanto risultante dalle quattro buste paga depositate.

La Cassazione non condivide la posizione del ricorrente.

Sul punto, si precisa che la dichiarazione della cessazione dell'obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni che non siano ancora autosufficienti deve essere suffragata da un accertamento di fatto che abbia riguardo all'acquisizione di una condizione di indipendenza economica, all'età, all'effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all'impegno rivolto verso la ricerca di un'occupazione lavorativa nonché, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta, dal raggiungimento della maggiore età, da parte dell'avente diritto.

Al genitore onerato dell'obbligo di mantenimento spetta la prova del raggiungimento di un sufficiente grado di capacità lavorativa, anche tramite il ricorso,in via presuntiva, alla formazione acquisita e alla esistenza di un mercato del lavoro in cui essa sia spendibile; la prova contraria grava, invece, sul figlio maggiorenne, che ha l'onere di dimostrare che, pur avendo completato il proprio percorso formativo, non riesca ad ottenere, per fattori estranei alla sua responsabilità, una sufficiente remunerazione della propria capacità lavorativa.

Con specifico riferimento al caso di specie, la Cassazione evidenzia come il ricorrente, nel dolersi della violazione dell'articolo 147 c.c., censura, in realtà, la ricostruzione fattuale compiuta dalla corte di merito, presupponendo una diversa ricostruzione, in fatto, della fattispecie concreta.

Tuttavia, la Corte territoriale, con adeguata motivazione insindacabile in sede di legittimità, ha esaminato i fatti allegati dal padre a sostegno della richiesta di revoca del contributo di mantenimento in favore della figlia e ha ritenuto, in base alle risultanze istruttorie (buste paga, residenza anagrafica della figlia presso la casa materna, natura e compenso del rapporto lavorativo documentato e cessazione di quello precedente svolto in Svizzera), che la ragazza non avesse raggiunto in pieno l'autonomia economica, rimarcando il suo diritto a mantenere un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia e, per quanto possibile, analogo a quello goduto in precedenza.

In conclusione, la Cassazione rigetta il ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.

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