Di Redazione su Mercoledì, 22 Marzo 2017
Categoria: Avvocatura, Ordini e Professioni

Falcidiare gli avvocati più deboli, a questo punta Cassa Forense. Lettera di una Collega: "ecco le storture di un sistema dominato dalla Casta"

Riceviamo e pubblichiamo questo contributo di Vanna Renella*

L´obbligo di iscrizione alla previdenza forense ai sensi dell´art.21 commi 8-9-10 della legge n.247/2012.
il 2 febbraio 2013 è entrata in vigore la legge n. 247/2012 ("Nuova disciplina dell´ordinamento della professione forense") che modifica il regime dell´iscrizione alla Cassa di Previdenza Forense.

In particolare, con l´art. 21 comma 8 "l´iscrizione agli Albi comporta la contestuale iscrizione alla Cassa Forense" e quindi l´iscrizione alla Cassa Forense, già obbligatoria per tutti gli iscritti agli Albi che esercitino la professione con carattere di continuità - cioè raggiungano prefissati limiti minimi di reddito o di volume d´affari professionali - ora coincide con il momento dell´iscrizione agli Albi, a prescindere da tali parametri reddituali.
Il comma 9 dell´art. 21 ha affidato alla Cassa Forense il compito di emanare, entro un anno dall´ entrata in vigore della legge, un proprio regolamento che determinasse - per tutti gli iscritti, attuali e nuovi, con reddito inferiore a parametri reddituali da stabilirsi - i minimi contributivi dovuti, nonché eventuali condizioni temporanee di esenzione o diminuzione dei contributi per soggetti in particolari condizioni e l´eventuale applicazione del regime contributivo.

Oggi noi avvocati subiamo le conseguenze di questa legge!
La legge professionale per come è stata scritta, per come è stata concepita, per lo scopo sotteso di fare selezione sulla base del censo ha agevolato attraverso lobbies di potere interne alle istituzioni forensi, la creazione di una piccola oligarchia di potere incontrastato all´interno della categoria degli avvocati che quella legge subiscono.

Le leggi non sono il verbo, specie quelle - come queste - che comprimono per annullarla del tutto la libertà di esercizio della professione di avvocato.
Gli avvocati, non solo non sono più liberi ma sono ridotti al rango di meri sudditi obbedienti, salvo poi epurare quelli che non rispettano i requisiti dei regnati della categoria.
Una contraddizione in termini della definizione di libero professionista , che di libero ha come scelta obbligata la fuoriuscita da un sistema che lo strozzina e lo perseguita inducendolo pian piano a convincersi che l´unica via d´uscita è lasciar spazio ai poteri forti che hanno a tavolino costruito il fallimento di una intera generazione di avvocati bravissimi e preparati, pur di salvare i vecchi dinosauri e qualche loro giovane fedelissimo seguace.

Le conseguenze le stanno vivendo gli avvocati sulla loro pelle e soprattutto quelli che hanno costruiti da soli e dal nulla una professione che oggi hanno difficoltà ad esercitare con serenità.

Tutto è iniziato con...
...la legge di riforma forense che ha fatto coincidere l´iscrizione alla Cassa Nazionale di previdenza e assistenza Forense con l´iscrizione all´ Albo, autorizzando quindi la Cassa Forense a pretendere contributi soggettivi minimi e integrativi obbligatori soggettivi dal giorno successivo dell´scrizione all´Albo!!

La Cassa Forense, che tanto ama i suoi iscritti, oggi prescinde dai parametri reddituali nell´attribuzione dei contributi da versare, e applica la ampia forbice da reddito zero a 97 mila euro, per stabilire la stessa contribuzione del 14% su 20 mila euro presupposti (che ciascuno dovrebbe guadagnare secondo Cassa) pari a 2.815 euro ai quali si aggiungono un contributo minimo integrativo IVA di 710 euro (quindi noi avvocati paghiamo il 4% di IVA su ogni affare e per di più un ulteriore contributo integrativo, sempre IVA, a cui va aggiunto l´ulteriore contributo di maternità di 151 euro per un totale di circa 3.700 euro).
E´ di tutta evidenza l´illegittimità dei contributi cosi come cocepiti eimposti da Cassa, che non attengono a nessun criterio logico, perchè a sommare tutte le percentuali indicate, arriveremmo, se la matematica non è un opinione, a pagare il 22% su guadagni presupposti a prescindere che siano reali o meno.
A questo si aggiunga che la percentuale contributiva del 14% alla fine anno si alzera´ per arrivare al 14,5% , come già preannunciato dal governo .

Ecco dunque che la legge professionale forense ha contribuito non poco alla stortura illegittima del sistema contributivo lasciando autonomia alla CASSA FORENSE , ma soprattutto vietando al professionista l´iscrizione ad altra forma alternativa di previdenza obbligatoria e nel contempo grazie alla scienza infusa di Cassa Forense che ha fatto i peggior danni, ha costretto all´indebitamento della maggioranza della categoria per pagare contributi minimi predefiniti e svincolati dal reddito, che seppure ridotti del 50% nei pochi casi previsti, ancora una volta, per altri meccanismi perversi, non sono garanzia certa di percezione di futuro trattamento pensionistico.

Dopo che la riforma ha previsto l´iscrizione obbligatoria alla cassa di categoria, più di 10mila avvocati si sono cancellati dagli albi e molti stanno pensando di uscire o usciranno dagli ordini. E se le condizioni non migliorano si rischia si arrivare a 20mila espulsioni coatte, perchè di certo laddove la libertà di scelta del professionista è stata cosi mortificata non si può parlare di fuoriuscita dal sistema per libera scelta.
In pratica questa legge è riuscita a rubare il lavoro ed il futuro ad un´intera generazione e attraverso lo strano ed iniquo sistema pensionistico forense, dove chi oggi inizierà a pagare, o chi sta già pagando da tempo, avrà domani forse, ed il forse è d´obbligo, diritto ad una pensione pari a quella sociale, riconosciuta dallo Stato a tutti, senza per questo essere iscritti ad una Cassa che sta falcidiando i più deboli e più giovani, che se magari faranno anche la cortesia di autocancellarsi dall´albo, avranno realizzato il vero scopo della Casta, e relativa legge 247/2012, senza neanche troppa fatica.

Il 21 aprile il gruppo RID , insieme alle centinaia di avvocati provenienti da tutta Italia, si dirigeranno sotto la sede di CASSA FORENSE, A ROMA per tutelare il loro lavoro, il loro essere avvocati liberi!!
In gioco c´è il futuro dell´avvocatura ed il diritto degli avvocati di vedersi riconosciuta una pensione di vecchiaia dignitosa.

*Vanna Renella è una avvocata del Foro di Napoli. Ha aderito a R.I.D., movimento fondato dall´avvocato Goffredo D´Antona e da un gruppo di altri Colleghi catanesi e diffusosi in tutta Italia, e sta offrendo il proprio contributo a questa causa.