Di Rosalba Sblendorio su Lunedì, 12 Agosto 2019
Categoria: Il caso del giorno 2019 fino a 8/2019

Espressioni offensive e sconvenienti utilizzate nel processo civile: limiti e conseguenze

Inquadramento normativo: Art. 89 c.p.c.

Espressioni sconvenienti od offensive usate nel corso del processo civile: Nel corso del processo civile, le parti e i loro difensori non possono usare espressioni offensive e sconvenienti né nei propri scritti difensivi, né nei discorsi pronunciati dinanzi al giudice.

Quando le espressioni utilizzate dalle parti possono definirsi sconvenienti od offensive? Le espressioni utilizzate dalle parti e dai loro difensori affinché non siano sconvenienti od offensive:

Alla luce di quanto sopra detto, pertanto, non possono essere qualificate offensive dell'altrui reputazione le espressioni che:

Uso di espressioni sconvenienti od offensive e conseguenze: Quando tali espressioni sono usate, eccedendo i limiti innanzi indicati, il giudice, in ogni stato della istruzione, può disporre con ordinanza la loro cancellazione, «e, con la sentenza che decide la causa, può inoltre assegnare alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno anche non patrimoniale sofferto, quando le espressioni offensive non riguardano l'oggetto della causa». È stato ritenuto che l'obbligo di risarcimento del danno, in queste ipotesi, sussiste solo quando dette espressioni sono del tutto avulse dall'oggetto della lite, «ma non anche quando, pur non essendo strettamente necessarie rispetto alle esigenze difensive, presentano tuttavia una qualche attinenza con l'oggetto della controversia, e costituiscono perciò uno strumento per indirizzare la decisione del giudice» (Cass., n. 14552/2009, richiamata da Tribunale Pordenone, sentenza 25 marzo 2019). 

Il fatto che il provvedimento di cancellazione delle espressioni sconvenienti od offensive è emesso sotto forma di ordinanza "in ogni stato dell'istruzione" «vale a sottolineare il rilievo per cui il ridetto provvedimento di cancellazione:

L'stanza di cancellazione promossa da una parte esprime una doglianza circa il contenuto di atti processuali ed è diretta a sollecitare il potere officioso del giudice. Per tale motivo essa deve contenere la precisa individuazione delle pretese espressioni sconvenienti e offensive. In mancanza, l'istanza in questione deve considerarsi nulla, tale da non meritare considerazione alcuna, equivalendo ad un'istanza priva di oggetto e inidonea allo scopo di sollecitare il potere su indicato, pur discrezionale, del giudice. In caso di rigetto della predetta istanza di cancellazione, il relativo provvedimento non è suscettibile di impugnazione (Cass. civ., n. 15137/2016). 

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