Di Redazione su Sabato, 21 Ottobre 2017
Categoria: Avvocatura, Ordini e Professioni

Equo compenso, ecco la norma pro avvocati. Equilibrio precario tra clausole vessatorie e sanzioni

La legge di Bilancio stringe sull´equo compenso. Lo fa ricalcando in larga parte la bozza "Orlando" uscita dal Consiglio dei ministri e al vaglio, la prossima settimana, della commissione Giustizia della Camera. L´ambito di intervento, pertanto, è ristretto a una sola categoria - gli avvocati - e, sull´altro versante, alle imprese bancarie e assicurative, e più in generale al contraente privato non riconducibile al concetto europeo di micro/piccole/media impresa (raccomandazione 2003/361/Ce).

Rispetto all´idea di equo compenso "erga omnes" - target dell´ipotesi promossa dall´ex ministro Sacconi - l´area coperta dalla norma in gestazione è più ristretta, non solo per la limitazione agli avvocati - unici beneficiari della protezione legislativa - ma anche e soprattutto per l´esclusione della pubblica amministrazione sul versante del contraente forte e del consumatore persona fisica.

Dopo aver richiamato la definizione di equo compenso - «proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonchè al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale» - l´articolo della bozza di Bilancio tipizza una serie di clausole considerate vessatorie di default, e cioè fino a prova contraria (prova che può essere raggiunta da un´adeguata e dimostrabile «trattativa specifica»). Gli alert di anomalia sono quindi la possibilità di modificare unilateralmente le condizioni del contratto, di rifiutare la stesura in forma scritta dell´incarico - oltre a quella di chiedere prestazioni aggiuntive a titolo gratuito - l´anticipazione delle spese a carico del legale stesso (e non del cliente, come è normale), ancora la rinuncia al rimborso delle spese vive, il prolungamento dei termini di saldo oltre i 60 giorni dal ricevimento della fattura, la riduzione unilaterale della liquidazione delle spese in favore del legale, e infine la sostituzione dei compensi previsti dalle nuove condizioni di legge quando siano inferiori a quelli delle convenzioni in corso.

La parte realmente innovativa della norma è però nelle sanzioni, che iniziano dalla nullità ex lege delle clausole vessatorie ma prevedono anche una multa da 258 a 2.065 euro a favore della Cassa delle ammende (o in alternativa al Fondo unico della giustizia), oltre al pagamento - beneficiario il bilancio dello Stato - di una somma equivalente al contributo unificato.

Le prime reazioni, ovviamente ufficiose, a quest´ipotesi di equo compenso, non possono che essere di segno opposto. «Soddisfazione» è manifestata dal presidente del Consiglio nazionale forense, Andrea Mascherin, «perché questa norma può diventare apripista per un´inversione culturale sul tema, e preparare lo sbarco anche delle altre professioni e degli altri contraenti, penso alla Pa».

Su altri versanti però si fa notare che la scelta dell´Esecutivo rischia l´impasse per questioni di «inerenza» con la materia del bilancio statale - e quindi l´estromissione dell´articolo dedicato - mentre tra i critici c´è chi sottolinea che l´approccio sposta ancora una volta la verifica al momento giudiziale, con due grossi limiti: l´efficacia (il contraente debole difficilmente sfida il committente - molto - forte davanti a un giudice) e l´intasamento nelle cancellerie. Secondo questo approccio,sarebbe meglio individuare dei meccanismi di "cura anticipata" e la fissazione di un benchmark di tariffe che faccia riferimento a quelle individuate per la Pa. A condizione di dimenticare, però, la sentenza del Consiglio di stato del 3 ottobre scorso che legittima gli incarichi professionali a 1 euro.
*scritto da Alessandro Galimberti e pubblicato sul Sole 24 Ore




Fonte: Il Sole 24 Ore 21/10/2017