Di Carmela Patrizia Spadaro su Giovedì, 27 Aprile 2023
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Civile

Effetti della non impugnabilità degli estratti ruolo sulle cause tributarie pendenti

Riferimenti normativi: Art.3 bis L.n.215/2021

Focus: La non impugnabilità dell'estratto ruolo dei debiti tributari, introdotta con l'Art.3 bisL.n.215/2021 (legge Pittella), ha importanti ricadute sul diritto di difesa del contribuente, essendosi formato un orientamento di indirizzo retroattivo dell'efficacia della norma in questione esteso allecontroversie pendenti in materia non ancora cessate.

Principi generali: L'estratto ruolo è un atto che non ha valore impositivo. Infatti, è un documento, rilasciato dall'Agenzia delle Entrate-riscossione su richiesta dell'interessato, riepilogativo della posizione debitoria del contribuente contenente l'elenco delle cartelle di pagamento emesse e presuntivamente notificate a quest'ultimo ma da questi non ricevute. Per questo motivo il legislatore non l'ha incluso fra gli atti impugnabili espressamente indicati dall'art.19 del D.Lgs. n.546/1992. Nonostante ciò, pur non essendo l'estratto di ruolo un atto autonomamente impugnabile, in quanto documento interno all'Amministrazione, la Corte di Cassazione a sezioni unite, con la sentenza n.19704/2015, aveva stabilito il principio di diritto secondo cui il contribuente debitore poteva far valere immediatamente le sue ragioni avverso la cartella di pagamento, di cui fosse venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato dal concessionario per la riscossione. Ciò in quanto si riteneva che l'esercizio alla tutela del diritto giurisdizionale non può essere << compromesso, ritardato, reso più difficile o gravoso>>, ai sensi dell'art.24 della Costituzione e dell'art. 1 Protocollo Addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, il quale prevede che "ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni". A supporto della sua decisione la Corte aveva affermato una serie di principi: "il ruolo è un atto amministrativo impositivo proprio ed esclusivo dell'ufficio competente, quindi atto che …. deve ritenersi tipico sia quanto alla forma che quanto al contenuto sostanziale; il ruolo è atto che deve essere notificato e la sua notificazione coincide con la notifica della cartella di pagamento …. per cui il debitore può impugnare entrambi gli atti contemporaneamente o anche uno solo dei due che ritenga viziato con l'ovvio corollario che la nullità di un atto non comporta quella degli atti precedenti né di quelli successivi che ne sono indipendenti …".

Sulla base di queste conclusioni, confermate anche dall'Ordinanza della Cassazione n. 27860/2021, benché l'estratto di ruolo non sia atto autonomamente impugnale (in quanto non contenuto nell'articolo 19 del Dlgs n. 546/1992), il contribuente poteva far valere le sue ragioni nei confronti della cartella di pagamento, anche se dell'esistenza della stessa ne fosse venuto a conoscenza solo attraverso l'estratto di ruolo rilasciato dal concessionario per la riscossione. Per porre rimedio all'incremento dei ricorsi (come ribadito dall'ordinanza della Cass. n. 515/2023), è stato posto un limite all'impugnazione dell'estratto ruolo con l'entrata in vigore dell'art.3 bis della L. n.215 del 17.12.2021 (conosciuta come legge Pittella), di conversione del D.L. n.146/2021. In sede di conversione in legge del decreto fiscale n. 146/2021 è stato approvato l'emendamento che ha aggiunto il comma 4-bis all'articolo 12 del Dpr n. 602/1973, il quale afferma che "l'estratto di ruolo non è impugnabile", stante che non è riconosciuto come un atto di riscossione poiché non contiene alcuna pretesa esattiva, e nello stesso tempo, però, è stata ammessa l'impugnazione del ruolo e della cartella di pagamento limitatamente ai casi in cui il contribuente dimostri che dall'iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione ad una procedura di appalto o un blocco di pagamenti a lui dovuti da parte di soggetti pubblici, oppure la perdita di un beneficio nei rapporti con una Pubblica Amministrazione. Questa norma, che limita le possibilità di difesa del contribuente in materia di contenzioso tributario, rispecchia il mutato quadro normativo/giurisprudenziale che si è manifestato attraverso la sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione n. 26283/2022 (che sancisce "la non impugnabilità dell'estratto di ruolo") e la sentenza n. 114/2018 della Corte costituzionale (che dichiara incostituzionale l'articolo 57, comma 1, lettera a) del Dpr n. 602/1973 "nella parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell'esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all'avviso di cui all'art. 50 del D.P.R. n. 602 del 1973, sono ammesse le opposizioni regolate dall'art. 615 del codice di procedura civile").

In particolare, con la sentenza n.26283/2022, la Corte di Cassazione a sezioni unite ha enunciando il principio secondo il quale <<l'art. 3-bis del D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, inserito in sede di conversione dalla L. 17 dicembre 2021, n. 215, si applica ai processi pendenti. È manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale posto in relazione all'art. 3 Cost. dalla Procura generale, secondo cui la norma potrebbe mutare gli esiti dei processi in corso, violando i principi di ragionevolezza, di tutela del legittimo affidamento e di coerenza e certezza dell'ordinamento>>. Tale principio è stato ribadito dall'Ordinanza interlocutoria della Cassazione n. 3410, depositata il 03.02.2023, che, uniformandosi alla decisione n. 26283/2022 della stessa Corte di Cassazione a sezioni unite, <<ha ritenuto il ricorso definito con cassazione della decisione impugnata per originaria inammissibilità del ricorso del contribuente, ai sensi dell'art. 12, comma 4- bis, D.P.R. n.602/1973, per difetto dell'interesse a ricorrere>>. Di fatto ciò ha influito sulle decisioni dei giudici tributari il cui orientamento è di definire i giudizi pendenti per cessata materia del contendere o con sentenze di inammissibilità per carenza di interesse ad agire. Il voler attribuire alla norma incriminata efficacia retroattiva a tutti i procedimenti pendenti comporta un pregiudizio per i contribuenti che hanno sostenuto i costi dell'attività processuale, pertanto, il Giudice di pace di Napoli, con Ordinanza n.492/2023, e la Corte di Giustizia tributaria di I grado, con Ordinanza n.515/2023, ritenendo "scorretto tutelare l'esigenza di evitare azioni pretestuose con limitare fortemente la stessa possibilità di adire la giustizia, anche perché l'azione del Fisco gode già di particolari tutele e privilegi, sia sostanziali che processuali", hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale della norma prevista dall'articolo 12, comma 4-bis del D.p.r. n. 602/1973, sulla quale si attende la decisione della Corte Costituzionale. 

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