Di Redazione su Mercoledì, 03 Luglio 2019
Categoria: Giurisprudenza di Merito

Ecco l'ordinanza del Gip di Agrigento sul caso Sea Watch che ha "liberato" Carola Rackete

Una tra le pronunce più attese degli ultimi anni. Parliamo, naturalmente, dell'ordinanza  del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Agrigento che, ieri sera, ha ritenuto  di  non convalidare il provvedimento di arresto nei confronti della comandante della Sea Watch, Carola Rackete, indagata per i reati di resistenza o violenza contro nave da guerra (art. 1100 cod. nav.) e resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.), riguardo il comportamento da lei  posto in essere nella notte del 29 giugno quando, in violazione del fermo imposto dalle autorità italiane, decise di dirigere la propria imbarcazione al porto di Lampedusa.

Il GIP ha escluso che il comportamento della comandante abbia violato norme penali, ed ha, pertanto, rigettato sia la richiesta di convalida del provvedimento di arresto eseguito dalla Guardia di Finanza di Lampedusa, come anche la richiesta del PM di applicazione nei confronti della medesima comandante della misura del divieto di dimora in provincia di Agrigento.

Come annota, sintetizzando la pronuncia, la rivista diritto penale contemporaneo, "con riferimento al reato di cui all'art. 1100 cod. nav., l'ordinanza ha fatto propria l'opzione ermeneutica della Corte Costituzionale (sent. n. 35 del 2000), secondo la quale le unità navali della GdF sono considerate "navi da guerra" soltanto «quando operano fuori dalle acque territoriali ovvero in porti esteri ove non vi sia un'autorità consolare»: circostanze queste non sussistenti nel caso di specie, atteso che la nave della GdF stava operando in acque territoriali.

Quanto al reato di cui all'art. 337 c.p., il GIP ha ravvisato gli estremi della causa di giustificazione dell'adempimento del dovere di soccorso di naufraghi (art. 51 c.p.), alla luce del quadro complessivo delle rilevanti fonti di diritto nazionale e internazionale (dettagliatamente ricostruito nell'ordinanza: v. pp. 2-5), che coprono non soltanto la fase della presa a bordo dei naufraghi, ma anche quella successiva della loro conduzione fino ad un porto sicuro; dovendosi a quest'ultimo proposito escludere che gli obblighi gravanti sul capitano vengano meno per effetto delle direttive ministeriali in materia di "porti chiusi" o del divieto di ingresso adottato nei confronti della Sea Watch 3 ai sensi del c.d. decreto sicurezza-bis".

 La prima parte dell'ordinanza, da pagina 5 a pagina 8, è dedicata alla ricostruzione dei fatti, a partire dal salvataggio dei 42 naufraghi al largo delle coste libiche. Nella seconda parte, particolarmente complessa ed articolata, il giudice per le indagini preliminari si è invece soffermato su considerazioni squisitamente giuridiche, valorizzando anche la giurisprudenza delle corti europee, e richiamando perfino una recente pronuncia del Tribunale di Agrigento. Un richiamo anche alle raccomandazioni commissariali in materia di diritti umani, che d'altra parte improntano anche la giurisprudenza CEDU.