Con la sentenza n. 8883 del 3 marzo 2016, la V Sezione Penale della Cassazione, ha stabilito che il datore di lavoro che abbia fornito tutti i mezzi idonei alla prevenzione e abbia adempiuto ai propri obblighi della sua posizione di garanzia, non dovrà rispondere penalmente dell’evento verificatosi a danno del proprio dipendente.
Il fatto
L’amministratore unico ed il RSPP di una società di manutenzione venivano chiamati a rispondere delle lesioni gravi riportati da un operaio che mentre eseguiva alcuni lavori cadeva dal tetto di un capannone.
Entrambi gli imputati venivano assolti nel giudizio di primo grado perché nel corso del processo era stato accertato che l’operaio che aveva subito l’infortunio non aveva osservato le disposizioni di sicurezza che gli erano state impartire dal datore di lavoro. Infatti lo stesso, nell´eseguire i lavori di manutenzione, anziché utilizzare l’apposito utilizzatore che gli era stato messo a disposizione, avevo deciso autonomamente di salire sul tetto del capannone.
Il Giudice di Primo Grado aveva motivato l’assoluzione facendo rilevare l’oggettiva imprevedibilità della decisione del dipendente e la circostanza che comunque il lavoratore avesse violato le disposizioni di sicurezza che gli erano state impartite.
La Corte di Appello riformava la sentenza di primo grado poiché decideva di applicare la prescrizione sul reato facendo salvi gli effetti civili in favore della parte civile, condannando gli imputati al risarcimento dei danni da quantificarsi avanti al competente giudice civile.
Gli imputati presentavano ricorso in Cassazione per tutta una serie di motivi da sottoporre al vaglio della Corte.
La decisione della Corte
La Suprema Corte ha disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata emessa dalla Corte di Appello fondando la decisione su tre argomentazioni:
1) il datore di lavoro e RSPP avevano valutato correttamente il rischio dell´incarico affidato al dipendente;
2) dal punto di vista oggettivo non era necessario che questi si portasse sul tetto per portare a compimento l´incarico ricevuto, sicché l´attrezzatura ed i presidi messi a sua disposizione erano idonei a consentirne l´esecuzione in sicurezza;
3) il dipendente infortunato, che aveva disatteso le direttive ricevute, era esperto per quel tipo di lavorazioni.
Nel motivare la sentenza, la Suprema Corte richiama alcuni propri precedenti pronunciamenti, (in primis Cass., Sez. Unite, 24 aprile 2014, n. 38343, sul c.d. caso Thyssenkrupp), secondo i quali si esclude la possibilità di rimproverare i ricorrenti per non aver previsto l´infortunio di cui era rimasto vittima il dipendente.
Inoltre, con riferimento al significato della posizione di garanzia del datore di lavoro, la Corte ha sottolineato la centralità della nozione di "area di rischio" da cui deriva la necessità della sua completa dichiarazione nel DVR e quindi il totale adempimento degli obblighi imposti al datore di lavoro per la sua corretta "gestione". In applicazione di questo concetto il datore di lavoro sarà chiamato a rispondere non quando sarà astrattamente prevedibile il comportamento rischioso del lavoratore, ma solo quando in astratto sia umanamente possibile evitare un fattore causale del rischio. Di conseguenza, osserva la Corte, «una volta che il datore di lavoro ha fornito tutti i mezzi idonei alla prevenzione ed ha adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, egli non risponderà dell´evento derivante da una condotta imprevedibilmente colposa del lavoratore».
Il fatto
L’amministratore unico ed il RSPP di una società di manutenzione venivano chiamati a rispondere delle lesioni gravi riportati da un operaio che mentre eseguiva alcuni lavori cadeva dal tetto di un capannone.
Entrambi gli imputati venivano assolti nel giudizio di primo grado perché nel corso del processo era stato accertato che l’operaio che aveva subito l’infortunio non aveva osservato le disposizioni di sicurezza che gli erano state impartire dal datore di lavoro. Infatti lo stesso, nell´eseguire i lavori di manutenzione, anziché utilizzare l’apposito utilizzatore che gli era stato messo a disposizione, avevo deciso autonomamente di salire sul tetto del capannone.
Il Giudice di Primo Grado aveva motivato l’assoluzione facendo rilevare l’oggettiva imprevedibilità della decisione del dipendente e la circostanza che comunque il lavoratore avesse violato le disposizioni di sicurezza che gli erano state impartite.
La Corte di Appello riformava la sentenza di primo grado poiché decideva di applicare la prescrizione sul reato facendo salvi gli effetti civili in favore della parte civile, condannando gli imputati al risarcimento dei danni da quantificarsi avanti al competente giudice civile.
Gli imputati presentavano ricorso in Cassazione per tutta una serie di motivi da sottoporre al vaglio della Corte.
La decisione della Corte
La Suprema Corte ha disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata emessa dalla Corte di Appello fondando la decisione su tre argomentazioni:
1) il datore di lavoro e RSPP avevano valutato correttamente il rischio dell´incarico affidato al dipendente;
2) dal punto di vista oggettivo non era necessario che questi si portasse sul tetto per portare a compimento l´incarico ricevuto, sicché l´attrezzatura ed i presidi messi a sua disposizione erano idonei a consentirne l´esecuzione in sicurezza;
3) il dipendente infortunato, che aveva disatteso le direttive ricevute, era esperto per quel tipo di lavorazioni.
Nel motivare la sentenza, la Suprema Corte richiama alcuni propri precedenti pronunciamenti, (in primis Cass., Sez. Unite, 24 aprile 2014, n. 38343, sul c.d. caso Thyssenkrupp), secondo i quali si esclude la possibilità di rimproverare i ricorrenti per non aver previsto l´infortunio di cui era rimasto vittima il dipendente.
Inoltre, con riferimento al significato della posizione di garanzia del datore di lavoro, la Corte ha sottolineato la centralità della nozione di "area di rischio" da cui deriva la necessità della sua completa dichiarazione nel DVR e quindi il totale adempimento degli obblighi imposti al datore di lavoro per la sua corretta "gestione". In applicazione di questo concetto il datore di lavoro sarà chiamato a rispondere non quando sarà astrattamente prevedibile il comportamento rischioso del lavoratore, ma solo quando in astratto sia umanamente possibile evitare un fattore causale del rischio. Di conseguenza, osserva la Corte, «una volta che il datore di lavoro ha fornito tutti i mezzi idonei alla prevenzione ed ha adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, egli non risponderà dell´evento derivante da una condotta imprevedibilmente colposa del lavoratore».
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