Di Redazione su Venerdì, 16 Febbraio 2018
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Penale

Minaccia sempre punibile, SC: "Irrilevante che la vittima non abbia provato timore"

I giudici della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5454 del 6 febbraio 2018, hanno affermato il principio secondo il quale nel reato di minaccia, p. e p. dall´art. 612 C.P., ai fini dell´integrazione del reato non è necessario che la parte offesa sia rimasta intimorita dalla minaccia subita.

Era accaduto che con sentenza del Tribunale, quale giudice di appello, si era provveduto a riformare la sentenza del Giudice di Pace che aveva condannato due soggetti per il reato di minaccia rivolta alla parte offesa.
Con la sentenza del Tribunale la decisione del giudice di primo grado era stata riformata con la dichiarazione di assoluzione degli imputati in quanto dall´istruttoria dibattimentale del giudizio di merito, era emerso che la parte offesa non si fosse sentita intimorita dalla minaccia subita.

Avverso la decisone del Tribunale che aveva mandato assolto l´imputato, proponeva ricorso in Cassazione il Procuratore Generale della Corte di Appello deducendo, con il primo motivo, la violazione della legge penale in riferimento all´art. 612 c.p.

Il ricorrente sosteneva che il reato di minaccia è un reato di pericolo ed in quanto tale, ai fini della sua configurazione, è sufficiente la mera esposizione a pericolo del bene giuridico, senza cioè che nel caso concreto, si accerti se ci sia stata effettivamente. In sostanza occorre verificare nel caso concreto se la minaccia per come è stata posta in essere sia idonea a ledere la sfera della libertà morale della parte offesa secondo un criterio medio che valuti le circostanze e le modalità della condotta.

I giudici della Quinta Sezione penale della Corte hanno ritenuto fondato il ricorso proposto dal PG, infatti richiamando la giurisprudenza consolidata della stessa Corte, (cfr. anche: Sez. 5, n. 31693 del 07/06/2001 - dep. 24/08/2001, Tretter, Rv. 21985101; Sez. 5, Sentenza n. 21601 del 12/05/2010 Itag. (dep. 07/06/2010) Rv. 247762; hanno affermato che "nel reato di minaccia elemento essenziale è la limitazione della libertà psichica mediante la prospettazione del pericolo che un male ingiusto possa essere cagionato dall´autore alla vittima, senza che sia necessario che uno stato di intimidazione si verifichi concretamente in quest´ultima, essendo sufficiente la sola attitudine della condotta ad intimorire e irrilevante l´indeterminatezza del male minacciato purchè questo sia ingiusto e possa essere dedotto dalla situazione contingente ".

Pertanto, nel caso di specie, la circostanza dalla quale è emerso che la parte offesa abbia riferito agli imputati "non mi fate paura" per come essa stessa ha detto durante il dibattimento, non può da sola essere considerata a supporto della declaratoria di assoluzione per la non sussistenza del reato.

Poiché l´assoluzione dichiarata con la sentenza impugnata emessa dal Tribunale si fondava solo su tale circostanza, la Corte ha ritenuto di accogliere il ricorso disponendo l´annullamento della sentenza con rinvio al Giudice di merito competente per un nuovo esame.
Si allega sentenza

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