Di Elsa Sapienza su Martedì, 30 Maggio 2023
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Civile

E’ reato criticare l’operato di un docente?

 Quante volte un genitore avrebbe voluto inviare una lettera o altro, per lamentare il comportamento di un qualche insegnante?

E se si rischiasse di incorrere in un reato?

Potrebbe parlarsi di diffamazione?

Il reato di diffamazione, è punito dall'articolo 595, comma 1, del codice penale e prevede che "Chiunque, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032"

Il successivo articolo 596 del Codice penale dichiarare che chiunque si sia reso colpevole del delitto di diffamazione "non è ammesso a provare, a sua discolpa, la verità o la notorietà del fatto attribuito alla persona offesa", ma in alcune situazioni la verità di quanto si afferma non è sempre irrilevante, perché essa diventa il presupposto della sussistenza della causa di giustificazione, o scriminante, dell'esercizio di un diritto, previsto dall'articolo 54 del codice penale, intitolato "Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere".

Secondo tale articolo, l'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da norma giuridica o da un ordine imposto dalla pubblica Autorità, esclude la punibilità."

 A questo punto, rileva, l'articolo 21 della Costituzione, secondo il quale "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione" e in questa disposizione costituzionale è unanimemente riconosciuto il principio della libertà di manifestazione del pensiero, in cui viene fatto rientrare sia il diritto di cronaca, sia il diritto di critica, di cui la giurisprudenza ha individuato da tempo alcuni criteri che permettono di valutare se nel caso specifico un comportamento, è invece giustificato dall'esercizio del diritto di critica o del diritto di cronaca.

Nel caso in questione, è intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18056/2023 con la quale ha sottolineato che, occorre sempre vagliare attentamente il fatto.

Difatti, qualora la critica rivolta al docente si basa su fatti oggettivi ed è comunicata in modo riservato alle autorità istituzionali responsabili della valutazione, il fatto non costituisce reato.

Questa decisione si basa appunto sul concetto di "diritto di critica", che esclude la possibilità di diffamazione nei giudizi negativi sul comportamento del docente che viola le normative per gli alunni affetti da disturbi dell'apprendimento.

Nella fattispecie che ha determinato l'intervento della Corte, era stato accolto il ricorso di due genitori accusati di diffamazione per aver segnalato alla dirigenza scolastica e al Ministero dell'Istruzione e del Merito presunte violazioni dell'insegnante di inglese del figlio minorenne affetto da disturbi dell'apprendimento.

 I ricorrenti lamentavano che l'insegnante non rispettasse la normativa che esonera gli alunni con disturbi dell'apprendimento da alcune prove scritte, discriminando il loro figlio e causando un suo ulteriore peggioramento.

I genitori avevano seguito i canali legali per segnalare l'inadeguatezza della docente, attraverso una comunicazione riservata all'ufficio competente del Ministero dell'Istruzione e al dirigente scolastico.

Secondo i genitori, l'insegnante avrebbe discriminato intenzionalmente l'alunno.

La decisione sottolinea l'importanza del diritto di critica, valutato in un rapporto proporzionale tra il bene protetto e la pertinenza dei giudizi espressi, anche se questi sono fortemente negativi e svalutativi. 

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