Con sentenza depositata lo scorso 25 giugno, la seconda sezione civile del Tribunale di Reggio Emilia – chiamata a pronunciarsi sulla richiesta di risarcimento danni avanzata da un padre avverso l'ex moglie, colpevole di averlo tradito, generando con un altro uomo un bambino che per tanti anni era stato considerato figlio legittimo della coppia di sposi – ha respinto la domanda, tenuto conto della condotta della donna, ignara del tutto della vera paternità del bambino.
Si è tuttavia ritenuto equo compensare le spese del giudizio, anche per l'opportunità di non penalizzare ulteriormente l'uomo che, solo vent'anni dopo la nascita, era venuto a conoscenza di non essere padre biologico di colui che aveva sempre considerato proprio figlio.
Il caso sottoposto all'attenzione del Tribunale prende avvio dalla domanda avanzata da un uomo – separato dalla moglie e padre di un ragazzo ormai vent'enne – volta ad ottenere il risarcimento dei danni patiti per aver scoperto, solo successivamente alla separazione, che la moglie durante il matrimonio lo aveva tradito e che quello che considerava suo figlio era, in realtà, frutto del tradimento della donna.
A tal fine, chiedeva la condanna dell'ex moglie al risarcimento del danno non patrimoniale e di natura endofamiliare, quantificato in € 150.000, sofferto a seguito della scoperta di non essere il padre biologico del ragazzo ed in ragione del fatto che la moglie gli aveva celato che la propria gravidanza e la nascita del figlio era dovuta ad un rapporto con un altro uomo.
Costituendosi in giudizio, la donna si difendeva sostenendo di essere sempre stata convinta della effettiva paternità dell'ex marito rispetto al figlio; con riferimento alla richiesta di risarcimento danno, eccepiva come difettassero, nel caso di specie, i comportamenti ingiuriosi, offensivi ed aggressivi necessari per potere configurare la risarcibilità del danno endofamiliare.
Il Tribunale rigetta la domanda dell'attore ma, per il pregiudizio subito, ritiene necessario procedere con la compensazione delle spese.
Nell'esaminare i presupposti della domanda di risarcimento danni avanzata, il Tribunale ha ricordato che gli illeciti endofamiliari si hanno allorquando i comportamenti tenuti sono commessi da persone legate da vincoli famigliari; in tal caso, la violazione dei doveri coniugali è sanzionabile – oltre che con i rimedi tipici del diritto di famiglia – anche con il risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell'articolo 2059 c.c., sempre se si cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, a prescindere dall'intervenuta pronuncia di addebito in sede di separazione.
Si è tuttavia precisato che il risarcimento di tale danno può essere effettuato solo nel caso in cui venga violato un diritto fondamentale di rango costituzionale, quale la dignità della persona, e la violazione sia di particolare gravità, essendo posta in essere con modalità insultante, ingiuriosa ed offensiva.
Con specifico riferimento al caso di specie, l'attore ha effettivamente dedotto l'esistenza di un comportamento della ex moglie astrattamente idoneo ad essere qualificato come fonte di danno endofamiliare, per avergli celato che la propria gravidanza e la nascita del figlio era dovuta ad un rapporto con un altro uomo: la condotta di nascondere al marito che la gravidanza era dovuta ad una relazione extraconiugale non viene ricondotta, quindi, alla mera e semplice violazione del dovere di fedeltà e quindi alla esistenza di una relazione extraconiugale, non potendo di per sé fondare una domanda di risarcimento del danno ex art. 2059 c.c. in assenza di una modalità insultante ed ingiuriosa.
Tuttavia il Tribunale rileva come la condotta contestata, pur essendo causativa di un danno endofamiliare, non porta all'accoglimento della domanda risarcitoria, il cui elemento costitutivo è la consapevolezza, da parte della convenuta, che la propria gravidanza era dovuta alla relazione extraconiugale: difatti, spettava all'attore, se del caso anche in via presuntiva, dare prova di quanto dedotto in ordine a tale consapevolezza, atteso che la convenuta aveva affermato di essere convinta, all'epoca della CTU biologica, della paternità dell'attore.
In conclusione, il Tribunale rigetta la domanda ma ritiene sussistente le gravi ed eccezionali ragioni di cui all'articolo 92 comma 2 c.p.c., per compensare integralmente tra le parti le spese di lite, anche per l'opportunità di non penalizzare chi, solo vent'anni dopo la nascita, è venuto a conoscenza di non essere padre biologico di colui che aveva sempre considerato proprio figlio.