Di Rosalia Ruggieri su Martedì, 22 Dicembre 2020
Categoria: Benessere e cura della persona

Distorsione cervicale, SC: “Risarcibile con qualsiasi mezzo di prova”

Con la decisione n. 17692/2020, la III sezione civile della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla rilevanza degli esami strumentali nell'accertamento delle microlesioni permanenti, ha liquidato il danno non patrimoniale conseguente ad una distorsione cervicale, sebbene siffatto danno non fosse stato accertato mediante un accertamento clinico strumentale obiettivo, ma sono attraverso una visita clinica.

Si è difatti rilevato che "l'accertamento della sussistenza della lesione dell'integrità psico-fisica deve avvenire con criteri medico-legali rigorosi ed oggettivi; al riguardo l'esame clinico strumentale obiettivo non è l'unico mezzo probatorio utilizzabile per riconoscere la lesione a fini risarcitori, a meno che non si tratti di una patologia, difficilmente verificabile sulla base della sola visita dal medico legale, che sia suscettibile di riscontro oggettivo esclusivamente con detto esame".

Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio dalla domanda proposta da due persone, vittime di un tamponamento, che chiedevano il risarcimento del danno non patrimoniale subito per le distorsioni cervicali riportate all'esito del sinistro. 

 Il Giudice di Pace di Bologna, sulla scorta della ctu medico legale attestante la sussistenza, quale conseguenza del sinistro, di una lesione permanente, i cui postumi invalidanti venivano stimati nel 1,5-2% per ciascun danneggiato, condannava la compagnia assicuratrice a risarcire il danno biologico subito dagli attori per invalidità temporanea e per invalidità permanente, liquidandone l'ammontare in complessivi euro 2.109,00 per ciascuno.

Il Tribunale di Bologna riformava la sentenza del giudice di prime cure e condannava gli originari attori alla restituzione, in favore della Compagnia, di quanto ricevuto in ottemperanza alla sentenza di primo grado.

Secondo il giudicante, infatti, ai sensi dell'art. 139, comma 2, del d.lgs. 209/2005, la risarcibilità del danno biologico per lesioni di lieve entità doveva ritenersi subordinata alla sussistenza di un accertamento clinico strumentale obiettivo; nel caso di specie, tuttavia, i postumi lamentati non risultavano corroborati da alcuna verifica clinica strumentale, posto che lo stesso CTU aveva dichiarato che le individuate lesioni erano state rilevate "clinicamente-visivamente", ma non erano propriamente suscettibili di accertamento strumentale di uso convenzionale.

Contro siffatta decisione, proponevano ricorso per Cassazione i danneggiati, deducendo violazione o falsa applicazione dell'art. 139, comma 2 del codice delle assicurazioni, come modificato dall'art. 32, comma 3 ter, della legge 27/2012 e innovato dalla legge 124/2017.

In particolare, i ricorrenti si dolevano per non aver il Tribunale ritenuto che, in base alla detta disposizione, il danno biologico permanente per lesioni di lieve entità potesse essere risarcito non solo quando la lesione fosse emersa da un accertamento medico clinico strumentale obiettivo, ma anche quando la stessa fosse stata oggettivamente percepita dal medico legale in sede di esame obiettivo/visivo (visita medica), ovvero mediante ispezione (vista), palpazione (tatto), auscultazione e percussione (udito).

 La Cassazione condivide le doglianze dei ricorrenti.

La Corte evidenzia come l'art. 32, comma 3 ter, della legge 27/2012 ribadisce un principio già insito nel sistema, e cioè che il risarcimento di qualsiasi danno (e non solo di quello alla salute) presuppone che chi lo invochi ne dia una dimostrazione ragionevole: ne deriva che la disposizione non pone limiti ai mezzi di prova, sicché essa non impedisce di dimostrare l'esistenza d'un danno alla salute con fonti di prova diversi dai referti di esami strumentali; la norma, altresì, non pone limiti alla risarcibilità del danno, così lasciando senza ristoro i danni che non attingano ad una soglia minima di gravità.

Gli Ermellini ricordano, quindi, come la norma sopracitata costituisca non già una norma di tipo precettivo, ma una "norma in senso lato", a cui può essere data un'interpretazione compatibile con l'art. 32 Cost., dovendo essa essere intesa nel senso che l'accertamento del danno alla persona deve essere condotto secondo una rigorosa criteriologia medico-legale, nel cui ambito non sono precluse fonti di prova diverse dai referti di esami strumentali, i quali non sono l'unico mezzo utilizzabile ma si pongono in una posizione di fungibilità ed alternatività rispetto all'esame obiettivo (criterio visivo) e all'esame clinico.

Nel caso di specie, il Tribunale, ritenendo irrisarcibili i lamentati postumi permanenti solo perché non corroborati da alcuna verifica clinico-strumentale, non si è attenuto ai su esposti principi, vieppiù perché le lesioni stesse erano state rilevate clinicamente-visivamente.

Alla luce di siffatte contingenze, la Cassazione accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Bologna, in persona di diverso Magistrato.

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