Di Rosalia Ruggieri su Sabato, 16 Novembre 2019
Categoria: Avvocatura, Ordini e Professioni

Diritto prescritto, SC: “Avvocato responsabile, anche se non aveva ricevuto una procura alle liti”

Con l'ordinanza n. 28629 dello scorso 7 novembre, la III sezione civile della Corte di Cassazione ha riconosciuto la responsabilità professionale di un legale che, nelle more di ricevere la procura per instaurare un giudizio contro una compagnia assicurativa per un sinistro, aveva fatto maturare il termine di prescrizione senza che avesse compiuto alcun atto interruttivo.

Si è difatti specificato che "il compimento di atti interruttivi della prescrizione del diritto del cliente, rientra nell'ordinaria diligenza dell'avvocato, trattandosi di attività che non richiede speciale capacità tecnica e che può essere svolta anche in via stragiudiziale".

Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio dalla stipula di un contratto professionale tra un legale ed un cliente, il quale conferiva al professionista specifico mandato per ottenere la rifusione di danni, materiali e alla persona, subiti a seguito di un incidente stradale.

Il cliente agiva in giudizio contro l'avvocato chiedendone la condanna al risarcimento dei danni derivanti dall'espletamento del mandato professionale conferitogli: in particolare evidenziava come il legale avesse aver fatto prescrivere il diritto inerente al ristoro relativo alle lesioni fisiche patite. 

Sia il Tribunale di Roma che la Corte di Appello di Venezia rigettavano la domanda, negando qualsiasi profilo di responsabilità professionale del legale, in quanto all'esito dell'istruttoria era emerso che quest'ultimo – dopo che il cliente aveva ottenuto il risarcimento dei danni materiali e rifiutato l'offerta transattiva ricevuta per il ristoro delle lesioni fisiche – aveva suggerito di procedere a un'iniziativa giudiziale, ma non aveva mai ricevuto la necessaria procura, sicché non gli era imputabile alcuna colpa professionale.

Ricorrendo in Cassazione, il cliente si doleva per non aver la sentenza impugnata considerato che rientrava nell'ordinaria diligenza del legale, già globalmente investito della questione, occuparsi di interrompere la prescrizione; in seconda istanza sottolineava come l'avvocato aveva, al contempo, violato l'obbligo informativo concernente la possibile prescrizione del diritto al risarcimento dei danni alla persona, sussistente anche in ipotesi di cessazione del mandato ricevuto.

La Cassazione condivide le censure formulate.

Indiscusso che, nel caso di specie, la prescrizione del diritto al risarcimento dei danni alla persona fosse stata fatta maturare, la Corte ricorda che le obbligazioni inerenti l'esercizio dell'attività professionale – anche quelle rientranti tra le obbligazioni di mezzi, come nel caso dell'attività forense – richiedono, da parte del legale, il rispetto del parametro della diligenza del professionista di media attenzione e preparazione. Sotto tale profilo, rientra nell'ordinaria diligenza dell'avvocato il compimento di atti interruttivi della prescrizione del diritto del suo cliente, i quali, di regola, non richiedono speciale capacità tecnica, salvo che, talune volte, in relazione al calcolo del termine. 

Con specifico riferimento al caso di specie, ha errato la Corte territoriale nel ritenere che l'avvocato non avrebbe dovuto compiere atti interruttivi della prescrizione, non avendo ricevuto una specifica procura alle liti, in quanto l'interruzione del termine di prescrizione può essere anche stragiudiziale.

Da ultimo la Corte rileva come il professionista non ha neanche assolto l'obbligo informativo che gli incombeva, in quanto non aveva informato il cliente in ordine alla possibile prescrizione del diritto: anche in merito a tale aspetto è da ritenersi responsabile, posto che l'obbligo informativo a tutela della posizione giuridica dell'assistito è consustanziale alla responsabilità professionale del legale, sia al momento del conferimento dell'incarico che nel corso del suo svolgimento e lo stesso, in quanto funzionale alla tutela della parte, persiste anche in ipotesi di revoca o rinuncia al mandato difensivo, e quindi in caso di estinzione dello stesso.

Compiute queste precisazioni, la Cassazione accoglie il motivo di ricorso, cassa in relazione a quanto accolto e rinvia alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese di legittimità. 

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