È sempre attuale, anche per via delle nuove tecnologie, la tematica del bilanciamento del diritto di cronaca e del diritto alla riservatezza. Estrinsecazione della riservatezza è senz'altro il diritto all'oblio che la Suprema Corte puntella nella sentenza n. 19681/19 attraverso la quale essa chiarisce che la riproposizione di una notizia di cronaca non costituisce in sé l'esercizio del relativo diritto ma ha natura storiografica. Da ciò discende la legittimità della ripubblicazione della notizia stessa laddove essa non sia corredata da ulteriori elementi e non porti con sé le generalità del responsabile dell'accaduto: muovendosi solo in queste coordinate è possibile parlare di un interesse storiografico. Era accaduto, nel caso di specie, che una testata giornalistica aveva pubblicato un articolo riguardante un fatto di cronaca avvenuto parecchi anni fa: nel caso de quo un uomo aveva ucciso la propria moglie. Il protagonista di tale vicenda aveva citato in giudizio sia la società editrice sia la giornalista in quanto lamentava che, a seguito della ripubblicazione della notizia, era stata fortemente intaccata la sua reputazione: egli infatti, una volta espiata la pena, si era reinserito nel tessuto sociale con la propria attività di artigiano
A seguito della ripubblicazione della notizia aveva dovuto dismettere l'attività ed era caduto in uno stato di angoscia; chiedeva dunque il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali. Il Tribunale rigettava la domanda e allo stesso modo faceva il giudice di seconda istanza con l'appello. In particolar modo quest'ultimo osservava che il fatto di cronaca era inserito in una rubrica settimanale e dal contesto non emergeva alcuna enfatizzazione tale da lederne la dignità: la rubrica difatti toccava dei temi sociali importanti; in tal senso non si poteva ritenere prevalente il diritto all'oblio. Veniva presentato ricorso per cassazione con cui si lamentava un'interpretazione tale da dare sempre prevalenza al diritto di cronaca e che vi era un difetto di motivazione sul punto. Si lamentava inoltre la violazione della CEDU agli artt. 7 e 8 in relazione alla violazione al diritto della vita privata e familiare. La Suprema Corte, ricordando dapprima i prodromi dell'utilità sociale e della verità oggettiva del diritto di cronaca, spende qualche parola sul diritto all'oblio: esso risulta essere "complementare" rispetto al diritto di cronaca di modo che prevale quando non v'è più un'utilità sociale a conoscere la notizia o qualora l'esposizione dei fatti non sia commisurata a tale interesse o ancora quando la notizia non sia aggiornata.
La composizione dei due interessi è nel senso che il diritto di cronaca, tutelato ex art. 21 Cost., ha prevalenza se vi è un interesse pubblico alla conoscenza della notizia. Il diritto all'oblio invece, di formazione più recente, si esplica come interesse a non essere sempre esposti ai danni che possono seguire alla ripubblicazione di una notizia. Il corretto bilanciamento dei contrapposti interessi nel caso di specie deve dunque tener conto del fatto che qui non si tratta di discettare sulla legittima pubblicazione di una notizia (di cui a suo tempo non v'era stata contestazione) ma della sua riproposizione: possono presentarsi delle ragioni di interesse pubblico (come quello storiografico) per cui v'è una riviviscenza del diritto di cronaca. Tale riviviscenza però, non atteggiandosi come il primordiale diritto di cronaca, non ha la copertura costituzionale ex art. 21 Cost. e dunque occorre mantenere l'anonimato dei soggetti coinvolti.