Il diritto di accesso civico generalizzato, come disciplinato dall'art. 5 del D.Lgs. n. 33/2013, non si può estendere a documenti o informazioni che non sono detenute dalla Pubblica Amministrazione oppure sono detenute da amministrazioni diverse da quella interrogata dall'interessato.
Inoltre lo stesso diritto non è riconosciuto dall'ordinamento per controllare l'attività dei privati o i rapporti tra essi intercorrenti.
Lo ha stabilito la Sezione I quater, del TAR del Lazio, con la sentenza n. 4122, pubblicata il 28 marzo 2019.
"Com'è noto", - si legge nella sentenza - "l'articolo 5 del decreto legislativo 33 del 2013 (c.d. "Decreto Trasparenza"), dopo aver riconosciuto, al primo comma, il diritto di chiunque di richiedere i documenti, le informazioni e i dati che le pubbliche amministrazioni sono obbligate a pubblicare, al secondo comma riconosce a chiunque il diritto di accedere ai dati e ai documenti, detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione, nei limiti e per le finalità indicate dallo stesso comma.
ll diritto di accesso civico generalizzato, denominato anche accesso universale, ai sensi del suddetto secondo comma dell'articolo 5, pur conoscendo i limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti, espressamente presi in considerazione dall'articolo 5-bis, comprende qualsiasi documento o qualsiasi informazione detenuta dalla pubblica amministrazione.
Tale diritto, d'altra parte, non si può estendere a documenti o informazioni che non sono detenute dalla Pubblica Amministrazione oppure sono detenute da amministrazioni diverse da quella interrogata dall'interessato.
Viene riconosciuto il diritto di accesso generalizzato allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche, nonché di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico.
Il diritto di accesso riconosciuto dalla norma, per la natura pubblicistica che è propria di esso, è un diritto funzionale a un interesse pubblico, ravvisabile, appunto, nel controllo generalizzato e diffuso sull'attività delle pubbliche amministrazioni.
In ciò si distingue dal diritto di accesso documentale riconosciuto dalla legge sul procedimento amministrativo, posto a tutela di interessi privati e che presuppone una posizione soggettiva differenziata.
Affinché il diritto sia esercitabile, in ogni caso, è necessario - scrivono i giudici - che sia funzionale allo scopo stabilito dalla legge, ravvisabile nel controllo generalizzato sul buon andamento della pubblica amministrazione e sul corretto utilizzo delle risorse pubbliche.
Il diritto di accesso civico generalizzato non è invece riconosciuto dall'ordinamento per controllare l'attività dei privati o i rapporti tra essi intercorrenti.
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