La responsabilità diretta del direttore dei lavori per l´esecuzione dell´opera (art. 29 D.P.R. 380/2001) e la possibile responsabilità civile nei confronti del committente per le mancanze della stessa radicano un apprezzabile interesse ad insorgere avverso i provvedimenti con i quali sia messa in dubbio la legittimità dell´opera eseguita e della stessa sia ordinata la demolizione. Tale legittimazione autonoma non può essere intaccata dalla circostanza che analoghi ricorsi siano stati presentati da altri legittimati (i.e. la società proprietaria dell´immobile).
Il principio, di grande interesse anche pratico, è stato affermato dal Tar Campania, sez. IV, con sentenza (qui allegata) 14 novembre 2016, n. 5248.
La questione
Il pronunciamento del Tar ha tratto origine dai ricorsi con i quali una società e un professionista, la prima, quale proprietaria e, il secondo, quale direttore dei lavori eseguiti su un immobile, avevano impugnato i provvedimenti con cui, annullata la D.I.A., si era ordinata la demolizione dei lavori abusivi effettuati sul fabbricato.
Il Comune di Napoli, costituitosi in giudizio, controdeduceva alle censure di merito sollevate con i ricorsi in questione e, in via preliminare, chiedeva dichiararsi l´inammissibilità del ricorso del professionista per la carenza di legittimazione del ricorrente in quanto mero direttore dei lavori e non proprietario dell´immobile.
Il Collegio, con ordinanza interlocutoria, disponeva incombenti istruttori diretti ad acquisizioni documentali, e sollevava, in riferimento all´art. 9 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell´art. 142, comma 2, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell´articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), «laddove, nel prevedere la deroga al regime di autorizzazione paesaggistica per tutte le zone A e B del territorio comunale, tali classificate negli strumenti urbanistici vigenti alla data del 6.9.1985,
non esclude da tale ambito operativo di deroga le aree urbane riconosciute e tutelate come patrimonio UNESCO» sospendendo il giudizio.
Con sentenza n. 22 del 11 febbraio 2106 la Corte costituzionale dichiarava la questione inammissibile e rimetteva gli atti al giudice a quo.
Riassunto il processo a seguito della restituzione degli atti, il ricorso veniva trattenuto in decisione.
La soluzione del Tar
Il Tar, con il principio in incipit, ha disatteso l´eccezione erariale riguardo la pretesa carenza di interesse del direttore tecnico essendo tale figura, al contrario, soprattutto riguardo al profilo della responsabilità potenziale nei confronti dei committenti, direttamente interessata all´esito della lite, e pertanto legittimata a proporre ricorso.
Il Tar ha inoltre colto l´occasione per puntualizzare che "le conclusioni valutative del consulente tecnico non
possono in alcun modo vincolare il Collegio sul piano giuridico", in quanto "le perizie giurate depositate non sono dotate di efficacia probatoria assoluta, potendo il giudice discostarsi dalla risultanze in esse contenute sempre che ne motivi adeguatamente la forza probatoria che intende loro assegnare (...omissis)".
Inoltre, ha ulteriormente affermato il Tar, "è possibile discostarsi dalle valutazioni giuridiche espresse dal CTU, dovendo le stesse essere attentamente vagliate in sede di decisione ed il cui apprezzamento è affidato alla valutazione discrezionale del giudice; anzi, l´organo decidente non è obbligato affatto a tenerne conto e, per converso, ove ritenga di farvi riferimento, deve autonomamente dare conto del
percorso logico-giuridico adottato".
Sentenza allegata
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