Una sentenza sicuramente esemplare che indica anche un mutamento di costume, quella emessa dalla Corte di Cassazione, sez. Lavoro, depositata il 23 novembre 2016, al n. 23862, riassumibile in poche parole: ci sono luoghi nei quali fumare è doppiamente pericoloso, e, comunque, la tolleranza non paga.
L´antefatto
Nel caso culminato nella pronuncia in commento, la Corte d´appello di Ancona rigettava l´appello di I.B. avverso la sentenza di primo grado, che aveva accertato la legittimità del licenziamento disciplinare intimatogli dalla datrice di lavoro, per avere, non ottemperando a precedenti richiami del superiore gerarchico, fumato in ambiente di lavoro.
Il lavoratore, già recidivo, era stato sorpreso a fumare nell´ambiente di lavoro, procurando (indipendentemente dalla verificazione di un danno, non avvenuta), per i materiali infiammabili presenti, quali legno e solventi, una "situazione di pericolo" che il divieto affisso e violato mirava a prevenire, in funzione della sicurezza dell´ambiente di lavoro; sanzionata dall´art. 81, lett. m) del CCNL Legno industria, con il licenziamento in tronco.
La sanzione, sulla base di quanto sopra, era stata ritenuta proporzionata alla gravità della condotta reiterata, idonea all´irrimediabile rottura del legame fiduciario tra le parti.
Il lavoratore decideva comunque di ricorrere in Cassazione, che ha confermato quanto statuito nei precedenti gradi di giudizio.
La decisione
Il ricorrente non si era lamentato dell´inesatta interpretazione di norme né del non corretto esercizio del processo di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta regolata dalle denunciate disposizioni di legge e contrattuale collettiva, ma aveva lamentato piuttosto la concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi costitutivi del parametro normativo e delle sue specificazioni, e della loro concreta attitudine a costituire giusta causa di licenziamento, sotto il profilo della sua effettiva sussistenza in quanto neppure proporzionato alla gravità del fatto contestato, in ipotesi tollerato.
Ma i Giudici di Piazza Cavour, in totale contrasto rispetto a quanto dal lavoratore sostenuto, hanno sottolineato come l´apparente tolleranza del datore di lavoro a tale comportamento o ancora la diffusione della cattiva pratica presso lo stabilimento non avrebbero mai potuto costituire "esimenti" per il lavoratore che, avendo creato una grave e reale situazione di pericolo, è stato legittimamente licenziato, così come tra l´altro previsto dal CCNL di riferimento.
Dalle superiori argomentazioni è coerentemente disceso il rigetto del ricorso da parte del Supremo Collegio.
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