Di Redazione su Domenica, 26 Giugno 2016
Categoria: Giurisprudenza di Merito

Dichiarazioni persona offesa reato, Corte appello su criteri attendibilità

Su tale questione si è intrattenuta la Corte di Appello di Roma, Sezione III, con Sentenza, qui allegata, 20/5/2016.
Riformando la Sentenza appellata, emessa dal Tribunale di Latina, e concedendo per l´effetto all´imputato i benefici della sospensione condizionale della pena, la Corte territoriale capitolina ha avuto modo di affermare alcuni importanti principi in materia di credibilità della persona offesa.
In proposito, la Corte ha affermato che le dichiarazioni della parte offesa possono essere legittimamente poste da sole a base dell´affermazione di penale responsabilità dell´imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della loro credibilità soggettiva e dell´attendibilità intrinseca del racconto (cfr. ex multis Cass. n. 44644 del 18/10/2011, Cass. n.28913 del 03/05/2011).
Il vaglio positivo dell´attendibilità del dichiarante deve essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello generico cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone, di talché tale deposizione può essere assunta da sola come fonte di prova unicamente se venga sottoposta a detto riscontro di credibilità oggettiva e soggettiva.
Può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi qualora la persona offesa si sia anche costituita parte civile e sia, perciò, portatrice di una specifica pretesa economica la cui soddisfazione discenda dal riconoscimento della responsabilità dell´imputato.
Inoltre, la Corte ha richiamato il principio giurisprudenziale per cui la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice che non sia incorso in manifeste contraddizioni.
Come del resto era accaduto nel caso in esame, in quanto il giudice di prima istanza - tenendo conto di tutti gli elementi emersi nel corso del processo - aveva spiegato, con iter argomentativo esaustivo, logico, correttamente sviluppato e saldamente ancorato all´esame delle singole emergenze processuali, le ragioni per le quali le dichiarazioni rese dalla persona offesa dal reato erano intrinsecamente e oggettivamente attendibili, trovando univoci e significativi elementi di convergenza nella documentazione da essa prodotta.
Segue Sentenza
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI ROMA

SEZIONE 03^ PENALE

così composta

Dott. ERNESTO MINEO - Presidente

Dott. SILVIA CASTAGNOLI - Consigliere

Dott. MARIA GRAZIA BENEDETTI - Consigliere

Ha pronunciato in Dibattimentale la seguente

SENTENZA

nel procedimento penale di 2 grado nei confronti di :

1) F.S. - LIBERO contumace

nato a F. - L. il (...) - I.

domiciliato a

avv. Vincenzo Macari

IMPUTATO

del delitto di cui all´articolo 570 2 co. n. 2 c.p. perché, omettendo di corrisponderle a Michella A., propria moglie separata, la somma di L. 700.000 mensili a titolo di contributo per il mantenimento dei loro figli minori, così come disposto dal presidente del tribunale di latina in data 28 agosto 2001 con decreto di omologazione messo nel giudizio di comparazione dei coniugi, faceva mancare loro i mezzi di sussistenza.

In Formia dal gennaio 2005 al gennaio 2006 (fino ad oggi giugno 2010, come da modifica notificata all´imputato contumace)

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con sentenza del 14 febbraio 2011 il tribunale di Latina -sezione distaccata di Gaeta ha riconosciuto la penale responsabilità di F.S. per il reato a lui ascritto e, concesse le attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena di mesi tre di reclusione ed Euro 300 di multa.

Il tribunale, ad esito dell´istruttoria dibattimentale ed in particolare sulla base delle dichiarazioni della ex coniuge M.A. e della produzione documentale (provvedimento tribunale civile), ha così ricostruito i fatti: l´imputato andò via di casa nel 1999, lasciando la moglie e due figli minori.

Dal 2005 cominciò a non rispettare integralmente il pagamento dell´importo stabilito per il mantenimento dei figli minori, versando sporadicamente solo piccole somme, che il tribunale ha ritenuto insufficienti al sostentamento degli stessi, unilateralmente riducendo la somma posta a suo carico.

Il tribunale ha ritenuto provata la penale responsabilità dell´imputato, escludendo che ai figli minori dovesse provvedere solo la madre, che peraltro inizialmente ha spiegato di essersi trovata in gravi difficoltà economiche, e che l´impossibilità ad adempiere non fosse stata dimostrata dal F., che risulta aver sempre lavorato come camionista, ad eccezione di un periodo di licenziamento.

Non ha ritenuto idoneo ad escludere la penale responsabilità il fatto, pacifico tra le parti, che nell´aprile 2009 l´imputato ha ripreso i rapporti con il figlio, acquistandogli un´autovettura usata.

Per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio, il tribunale ha ritenuto equa la pena di mesi tre di reclusione ed Euro 300 di multa, in considerazione del lungo periodo per il quale si è protratta la condotta , del comportamento successivo dell´imputato (pena determinata da pena base di mesi quattro giorni 15 di reclusione ed Euro 450 di multa, all´inflitto ex articolo 62 bis, concesse in base alla personalità dell´imputato, gravato da un´unica precedente condanna per multa.

Non è stato ritenuto concedibile il beneficio della sospensione condizionale della pena, tenuto conto che la condotta criminosa è perdurata anni, e in assenza quindi di prognosi favorevole in ordine alla futura astensione dalla commissione del reato.

Ricorre in appello la difesa chiedendo in primo luogo l´assoluzione dell´imputato perché il fatto non sussiste, quanto meno ai sensi del II co. art. 530 c.p.p.: sostiene la difesa che la testimonianza dell´ex coniuge è del tutto generica, inattendibile, non avendo chiarito se i figli, una volta divenuta maggiorenne erano ancora economicamente incapaci di provvedere al proprio sostentamento, visto che il figlio aveva intrapreso la carriera militare e la figlia una carriera sportiva, e la stessa denunciante aveva un lavoro, anche se non stabile, che le consentiva di non far venire meno i mezzi di sostentamento alla famiglia (ed infatti la persona offesa, su istanza della difesa, veniva invitata a documentarsi sugli aspetti della vicenda che non era stata in grado di chiarire, tra l´altro leggendo appunti scritti contro l´espressa opposizione della difesa, il che rende inutilizzabile secondo la difesa la testimonianza stessa); l´ex coniuge è comunque un soggetto non estraneo all´esito della causa e probabilmente portatrice di motivi di forte rancore personale nei confronti dell´imputato.

In particolare non risulta secondo la difesa raggiunta la prova della mancata corresponsione del contributo; dell´eventuale stato di bisogno dell´avente diritto ; dell´eventuale capacità economica dell´obbligato, che deve essere rigorosamente provata dalla accusa.

In subordine si chiede la riduzione della pena e comunque la concessione della sospensione condizionale, ritenendo a tal fine contraddittoria la motivazione che ritiene l´imputato meritevole della concessione di attenuanti generiche ma non della sospensione condizionale, nonostante la sostanziale incensuratezza, il che comporterebbe tra l´altro che l´imputato perderebbe il proprio lavoro.

All´udienza del 6 maggio 2016 le parti concludevano come da verbale.

Per quanto riguarda l´affermazione di responsabilità penale per il reato contestato al F., la ricostruzione logico giuridica effettuata dal giudice di prima istanza non appare meritevole di censura: come affermato, anche di recente, da Cass. SU n. 41461/12: Le regole dettate dall´art. 192, comma terzo, cod.proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell´affermazione di penale responsabilità dell´imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell´attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone. (In motivazione la Corte ha altresì precisato come, nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi).

Le dichiarazioni della parte offesa possono essere legittimamente poste da sole a base dell´affermazione di penale responsabilità dell´imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della loro credibilità soggettiva e dell´attendibilità intrinseca del racconto (cfr. ex multis Cass. n. 44644 del 18/10/2011, Cass. n.28913 del 03/05/2011) Il vaglio positivo dell´attendibilità del dichiarante deve essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello generico cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone, di talché tale deposizione può essere assunta da sola come fonte di prova unicamente se venga sottoposta a detto riscontro di credibilità oggettiva e soggettiva. Può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi qualora la persona offesa si sia anche costituita parte civile e sia, perciò, portatrice di una specifica pretesa economica la cui soddisfazione discenda dal riconoscimento della responsabilità dell´imputato (Sez. 1, n. 29372 del 24/06/2010, Stefanini, Rv. 248016;Sez. 6, n. 33162 del 03/06/2004, Patella, Rv. 229755).

Costituisce principio incontroverso nella giurisprudenza l´affermazione che la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice che non sia incorso in manifeste contraddizioni: nel caso in esame il giudice di prima istanza - tenendo conto di tutti gli elementi emersi nel corso del processo - ha spiegato, con iter argomentativo esaustivo, logico, correttamente sviluppato e saldamente ancorato all´esame delle singole emergenze processuali, le ragioni per le quali le dichiarazioni rese da M.A., persona offesa dal reato, sono da ritenere intrinsecamente e oggettivamente attendibili e trovano univoci e significativi elementi di convergenza nella documentazione da essa prodotta, anche in considerazione del fatto che l´inadempienza ha riguardato un lungo periodo di tempo, dal gennaio 2005 al giugno 2010 (come da modifica notificata all´imputato contumace e come anche affermato da Cass. n. 5423 del 20/01/2015, relativamente alla fattispecie di cui all´art. 12 sexies L. 12 dicembre 1970 In tema di reati contro la famiglia, le condotte di inadempimento degli obblighi di natura economica previsti dall´art. 3 L. 8 febbraio 2006, n. 54 costituiscono un unico reato permanente, la cui consumazione termina con l´adempimento integrale dell´obbligo ovvero con la data di deliberazione della sentenza di primo grado, quando dal giudizio emerga espressamente che l´omissione si è protratta anche dopo l´emissione del decreto di citazione a giudizio).

Risulta quindi raggiunta la prova della mancata corresponsione del contributo sulla base delle dichiarazioni documentate della po, che tra l´altro non si è neanche costituita parte civile.

Né appare rilevante la circostanza che il primo giudice abbia invitato la M. a meglio documentare le circostanze affermate e che la stessa abbia poi stilato un resoconto utilizzato in dibattimento, ben potendo i testi essere autorizzati a consultare atti da loro provenienti in aiuto delle capacità mnemoniche.

Per quanto concerne l´esistenza di un reddito proprio dei figli, una volta diventati maggiorenni, e la consequenziale richiesta della difesa di dichiarazione di insussistenza del fatto, si ricorda che anche di recente (Cass. 46750 del 18/10/2012) è stato affermato che integra il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare il genitore separato che non adempie agli obblighi di versamento imposti dal giudice civile in favore dei figli minori, essendo escluso ogni accertamento in sede penale sulla effettiva capacità proporzionale di ciascun coniuge di concorrere al soddisfacimento dei bisogni dei minori, e spettando al solo giudice civile tale verifica, in quanto la disposizione incriminatrice si limita a sanzionare la condotta di inadempimento.

Nel caso in esame l´inadempienza del F. si è protratta da periodo ben precedente la maggiore età dei figli ed è stato ritenuto perdurante in sede di condanna: l´univoca giurisprudenza sul punto individua nella condotta incriminatrice valutata ai fini della consumazione del reato la necessità di fornire una tutela uniforme del diritto di credito dei figli non autosufficienti economicamente, sia in epoca successiva allo scioglimento del matrimonio, che nel corso della separazione legale.

L´art. 570 c.p., comma 2, n. 2, punisce chi "fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore ovvero inabili al lavoro ..., a tutela i più elementari vincoli di solidarietà nascenti dal rapporto di filiazione e per quanto concerne, nel caso in esame, la circostanza che la M., con difficoltà, ha evitato lo ´stato di bisogno´ dei minori, si veda anche Cass. n. 57 del 12/11/2002 Ai fini della configurabilità del delitto di cui all´art.570, comma 2, n.2, cod. pen., l´obbligo di assicurare i mezzi di sussistenza ai figli minori di età grava su entrambi i genitori e permane indipendentemente dalle vicissitudini dei rapporti coniugali, ne´ l´assolvimento del predetto obbligo da parte di uno dei genitori esenta in alcun modo l´altro.

Né appare in alcun modo rilevante il fatto che il F. abbia ripreso i rapporti con il figlio e che gli abbia comprato un´automobile nel 2009.

Infine, la dedotta incapacità economica dell´imputato di versare la somma posta a suo carico per il mantenimento dei figli minori non è stata provata dall´imputato nel procedimento di primo grado, durante il quale il F. ha ritenuto di rimanere contumace.

La giurisprudenza ha costantemente richiesto, per riconoscere l´impossibilità assoluta ad adempiere agli obblighi di assistenza familiare, una puntuale allegazione da parte dell´interessato (e non quindi da parte dell´accusa, come ritenuto in atto di appello) di elementi dai quali si possa con certezza desumere l´impossibilità di adempiere alla prestazione economica in favore in particolare dei figli minori, l´obbligo di assistenza dei quali tutela i più elementari vincoli di solidarietà nascenti dal rapporto di filiazione.

Le circostanze dedotte dalla sola difesa dell´imputato non appaiono sufficienti per escludere tale obbligo, non avendo lo stesso prodotto o allegato adeguati elementi utili a comprovare la presenza di difficoltà economiche insormontabili e non imputabili a sua colpa, tali da risultare precluso, sul piano della relativa impossibilità di provvedere, il relativo adempimento (cfr. tra le tante Cass. 7372/2013: In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, incombe all´interessato l´onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l´impossibilità di adempiere alla relativa obbligazione, di talché la sua responsabilità non può essere esclusa in base alla mera documentazione formale dello stato di disoccupazione ).

Va infine notato, in relazione alla richiesta - peraltro solo genericamente motivata- di modifica del trattamento sanzionatorio, che la pena comminata appare congrua e proporzionata ai fatti di reato, avendo il giudice valutato il lungo periodo di inadempienza ed avendo comunque concesso le attenuanti generiche con valutazione ex art. 133 c.p.

Merita invece accoglimento, secondo questa corte, la richiesta di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, risultando il F. solo dichiarato fallito (precedente sentenza del 1993 per reato successivamente depenalizzato); si provvede pertanto come da dispositivo, confermando nel resto.

Giorni 30 per il deposito della motivazione in ragione del concomitante carico di lavoro.

P.Q.M.

Visto l´art. 605 c.p.p.

In riforma della sentenza del Tribunale di Latina -Sez. Gaeta in data 14/02/2011 appellata da F.S. concede il beneficio della sospensione condizionale della pena.

Conferma nel resto.

Giorni 30 per la motivazione

Così deciso in Roma, il 6 maggio 2016.

Depositata in Cancelleria il 20 maggio 2016.