Di Rosalba Sblendorio su Mercoledì, 29 Maggio 2019
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Civile

Dichiarazione sost. atto notorio può essere utilizzata come prova in giudizio? I chiarimenti della SC

La dichiarazione sostitutiva dell'atto notorio ha effetti solo nell'ambito dei rapporti con la pubblica amministrazione. Con l'ovvia conseguenza che, ove si volesse utilizzarla come prova in un giudizio per dimostrare un determinato status giuridico, quale ad esempio la qualità di erede, il giudice deve valutare il comportamento in concreto assunto dalla parte nei cui confronti la dichiarazione sostitutiva dell'atto notorio viene fatta valere.

Questo è quanto ha ribadito la Corte di cassazione, con ordinanza n. 13713 del 22 maggio 2019.

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'attenzione dei Giudici amministrativi.

I fatti di causa.

Il ricorrente ha agito in giudizio contro l'Istituto delle case popolari per:

A sostegno di queste richieste, il ricorrente deduce che:

Sia in primo che in secondo grado, le domande del ricorrente non sono state accolte.

In particolare, la Corte d'appello ha ritenuto che lo stesso non ha fornito prova idonea a dimostrare il suo status giuridico di erede: prova, questa, che, ove fornita in modo adeguato, gli avrebbe consentito di subentrare nella locazione. In buona sostanza, la dichiarazione sostitutiva di atto di notorio, prodotta dal ricorrente e attestante la sua qualità d erede della zia, non è stata ritenuta prova sufficiente in quanto si tratta di un documento privo di valore di certificazione pubblica in ordine al predetto status giuridico.

Il caso è giunto dinanzi alla Corte di cassazione.

La decisione della SC.

I Giudici di legittimità, innanzitutto, richiamando un orientamento pacifico della giurisprudenza, affermano che le dichiarazioni sostitutive di certificazione hanno valore limitato. In pratica, esse, poiché attengono a profili amministrativi, esauriscono la loro valenza nei rapporti tra il cittadino e la P.A. (Cass., S.U., n. 12065/2014). Con particolare riferimento alla qualità di erede, secondo il su richiamato orientamento, le dichiarazioni in questione non costituiscono prova idonea a dimostrare questo status giuridico. E ciò in considerazione del fatto che la dichiarazione sostitutiva di atto notorio di cui agli artt. 46 e 47 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 – come detto - esaurisce i suoi effetti nell'ambito dei rapporti con la P.A. e nei relativi procedimenti amministrativi. Ove tale dichiarazione venga prodotta in giudizio, sarà giudice che dovrà valutarla adeguatamente, anche ai sensi della nuova formulazione dell'art. 115 cod. proc. civ., prendendo in esame il comportamento in concreto assunto dalla parte nei cui confronti la dichiarazione sostitutiva di atto notorio viene fatta valere.

In pratica, il giudice dovrà verificare se la controparte contesti o meno la qualità di erede del soggetto che produce la dichiarazione innanzi indicata e ove vi sia contestazione dovrà prendere in considerazione il grado di specificità di tale contestazione, strettamente correlato e proporzionato al livello di specificità del contenuto della dichiarazione sostitutiva stessa (Cass., S.U., n. 12065/2014). Tale principio non è rimasto isolato, ma è stato ribadito e ripreso anche dalla giurisprudenza più recente (Cass. n. 112767/2018).

Un principio, questo, che, nel caso di specie, resta fermo nonostante le eccezioni del ricorrente.

Vediamo perché.

In buona sostanza, secondo il ricorrente la dichiarazione sostitutiva di atto notorio dallo stesso prodotta in giudizio e attestante la sua qualità di erede, nel caso di specie, ha valore probatorio in quanto riguarderebbe una questione attinente a rapporti tra P.A. e privato.

Di diverso avviso sono i Giudici di legittimità. A parere di questi ultimi, l'oggetto della lite riguarda un rapporto di diritto privato che si estrinseca nei confronti di una P.A. in posizione di supremazia, con l'ovvia conseguenza che, nella fattispecie in esame, il ricorrente, per provare il suo status giuridico, avrebbe dovuto produrre una certificazione pubblica e non una dichiarazione sostitutiva di tale certificazione.

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione impugnata. 

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