Una decisa presa di posizione del presidente di Mobilitazione Generale degli Avvocati (MGA), Cosimo D. Matteucci, nei confronti dell'intervento del vicepremier e ministro del lavoro, Luigi Di Maio, che dall'Assemblea dei giovani avvocati tenutasi a Napoli nei giorni scorsi, si era rivolto alla platea annunciando di essere ben consapevole della situazione di grave difficoltà dei giovani avvocati, e di intendere proporre alcune modifiche quali la sospensione per un certo numero di anni dei pagamenti a cassa forense, lente previdenziale degli avvocati stessi. Un intervento che, pur essendo stato sottolineato con un segno di apprezzamento dall'uditorio, tuttavia aveva subito suscitato alcune reazioni critiche, legate soprattutto alla considerazione che, in questi anni difficili attraversati dalla crisi, in difficoltà non ci sono solo i giovani avvocati, ma anche, e forse soprattutto, quei professionisti con alle spalle 10, anche vent'anni, di attività, che oltretutto non possono più collocarsi in altro modo in un mercato del lavoro asfittico e chiuso.
Tra le prime associazioni forensi ad intervenire, proptio MGA, il cui presidente ha affidato ad una nota la propria opinione che pubblichiamo:
Abbiamo ascoltato le dichiarazioni di Di Maio nel corso dell'evento di Napoli, e dal Ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico era lecito attendersi un'analisi più approfondita dei temi che ha inteso affrontare.Innanzitutto il problema previdenziale non riguarda i giovani avvocati ma gli avvocati poveri, molti dei quali si trovano al di sotto della soglia di povertà.
Sono questi gli unici avvocati, tantissimi, per i quali è possibile parlare di crisi reddituale, fiscale e previdenziale, non di certo per tutti quei pochissimi altri che detengono quasi il 50% del totale della "ricchezza forense", circa 4.100 milioni di euro su un totale di 8.500.
Ecco, Ministro, di questo avresti potuto e dovuto parlare, perché la questione previdenziale è connessa al calo dei redditi delle fasce più povere della categoria e alla concentrazione della ricchezza in quelle più abbienti.
Ora, è chiaro, Ministro, che "l'esenzione dal pagamento della Cassa Forense nei primi anni di vita di un professionista" non è una soluzione, sia perché non l'hai collegata al riconoscimento dell'anno contributivo, sia perché non affronta il vero problema che è costituito dall'iniquità dell'intero sistema previdenziale forense, e dalla sua incompatibilità con la vita di tutti quegli avvocati, giovani e vecchi, che si trovano nella fasce reddituali più basse.
La soluzione, Ministro, l'unica che può migliorare le condizioni di lavoro e di vita di questi lavoratori, non può che essere una riforma di sistema, con l'adozione un criterio di calcolo progressivo in modo tale da aumentare la pressione previdenziale sugli avvocati più ricchi e ridurla a quelli più poveri.
Ministro, ci sarebbe pure da ridistribuire la ricchezza forense, e da sradicare dagli studi legali lo sfruttamento del lavoro nero e grigio degli "avvocati monocommessi", ma questa, come diciamo noi del sindacato, è la lotta di classe.