Con la sentenza n. 211 dello scorso 22 novembre, la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale della disposizione dell'ordinamento penitenziario che, in relazione alla detenzione domiciliare del padre chiamato ad occuparsi della propria figlia, non limita la punibilità dello stesso al solo allontanamento dal domicilio che si sia protratto per più di dodici ore ha statuito che va dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 47-ter, comma 1, lettera b), e 8 ordin. penit., nella parte in cui non limita la punibilità, ai sensi dell'art. 385 cod. pen., al solo allontanamento che si protragga per più di dodici ore, come stabilito dall'art. 47-sexies, commi 2 e 4, della medesima legge, sul presupposto, di cui al precedente art. 47-quinquies, comma 1, che non sussista un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti.
Il caso sottoposto all'attenzione della Corte Costituzionale prende avvio dalla condanna di un uomo alla pena di sei mesi di reclusione per il reato di evasione, poiché – mentre era detenuto nel proprio domicilio – aveva violato la prescrizione di non allontanarsi dalla propria abitazione in orario diverso da quello per il quale era autorizzato. In particolare, il magistrato di sorveglianza aveva concesso la detenzione domiciliare all'uomo ai sensi dell'art. 47-ter, comma 1, lettera b), della legge n. 374/1975 in quanto la pena da espiare era inferiore ai tre anni di reclusione, egli era padre di una bambina di sei mesi e la madre, a causa delle proprie condizioni di salute, era assolutamente impossibilitata a prendersi cura della minore.
La Corte di Appello di Firenze sollevava questione di legittimità costituzionale, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, dell'art. 47-ter, comma 1, lettera b), e comma 8, nella parte in cui, il suddetto articolo, non limita la punibilità, ai sensi dell'art. 385 del codice penale, del padre di prole di età inferiore ad anni dieci al solo allontanamento dal domicilio che si protragga per più di dodici ore.
Più precisamente, il Giudice remittente rilevava la disparità di trattamento sussistente tra la detenzione domiciliare ordinaria e quella speciale.
La prima detenzione, ex art. 47-ter, comma 1, lettera b), è concessa al padre di prole di età inferiore ad anni dieci quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole e debba essere espiata una pena non superiore ad anni 4; ai sensi del successivo comma 8, l'allontanamento dal domicilio, quale ne sia la durata, è sanzionato ex art. 385 c.p.
La detenzione speciale, di cui all'art. 47-quinquies, comma 7, è concessa al padre quando la madre è deceduta o non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre e debba essere espiata una pena superiore ad anni 4, sempre se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti; in relazione alla sola detenzione domiciliare speciale, l'art. 47-quinquies, comma 7 esclude la rilevanza penale dell'allontanamento del domicilio che non si protragga per più di dodici ore, qualunque sia il motivo.
Secondo il Giudice di Firenze, le due detenzioni domiciliari sono sostanzialmente uguali, sicché è contrario ai principi di ragionevolezza ed uguaglianza sanzionare diversamente l'allontanamento dal domicilio del padre a seconda che si trovi in detenzione domiciliare ordinaria o speciale. Si evidenzia, inoltre, la disparità di trattamento che si verrebbe a creare con la condizione della madre, dopo che la Corte costituzionale (sentenza n. 177 del 2009) ha dichiarato costituzionalmente illegittimo prevedere pene più severe per l'allontanamento dal domicilio della madre di minore di anni dieci ammessa alla detenzione domiciliare ordinaria, rispetto a quello della madre in detenzione domiciliare speciale.
La Corte Costituzionale ritiene che la questione sia fondata.
La Corte premette che due forme di detenzione, pur se applicabili sulla base di diversi presupposti, sono entrambe primariamente indirizzate a consentire la cura dei figli minori, al contempo evitando l'ingresso in carcere dei minori in tenera età.
Tuttavia, solo la detenzione domiciliare speciale è accompagnata da una disciplina più flessibile in caso di ritardo nel rientro nel domicilio e, proprio per venire incontro ai contingenti e imprevisti bisogni derivanti dalla cura dei bambini, si stabilisce che si incorre nel reato di evasione soltanto se si rimane assente dal proprio domicilio, senza giustificato motivo, per più di dodici ore; diversamente per la detenzione domiciliare ordinaria anche un breve ritardo rispetto alle prescrizioni che la accompagnano integra il reato di evasione.
La Corte ritiene irragionevole prevedere una diversità di trattamento tra la domiciliazione ordinaria e quella speciale, stante l'identica finalità dei due istituti, volti alla cura della prole in tenera età e al soddisfacimento dei loro bisogni, quali la frequenza scolastica, le cure mediche, le attività ludiche e socializzanti; paradossale è, inoltre, prevedere che il trattamento più severo dell'allontanamento dal domicilio si applichi al genitore in detenzione domiciliare ordinaria, che ha da scontare una pena inferiore rispetto a quella inflitta a un padre ammesso alla detenzione domiciliare speciale.
Inoltre la Consulta richiama un precedente della propria giurisprudenza (sentenza 177/2009), allorquando, proprio sulla base dell'identica finalità perseguita dal legislatore con le due forme di detenzione domiciliare, si era ritenuto paradossale prevedere un trattamento più severo per le madri che, dovendo scontare pene inferiori, erano sottoposte alla detenzione domiciliare ordinaria, così sancendo l'illegittimità costituzionale dell'art. 47-ter, comma 1, lettera a), nella parte in cui non prevedeva l'applicazione del trattamento più flessibile anche agli allontanamenti della madre in detenzione domiciliare ordinaria.
Tale ragionamento, secondo la Consulta, va esteso al trattamento penale degli allontanamenti dal domicilio dei detenuti padri, considerato che, una volta che il padre sia ammesso ad una di tali misure, non può che essergli applicato il medesimo regime previsto per la madre.
La Corte, tuttavia, ritiene doveroso conciliare le esigenze correlate ai bisogni dei minori e alle attività genitoriali destinate a soddisfarli con le esigenze di difesa sociale; difatti la più favorevole disciplina prevista per la detenzione speciale è comunque condizionata alla presenza di tutti i presupposti indispensabili per l'applicazione di tale forma di detenzione, tra cui rientra la verifica che non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti. Pertanto, l'estensione al genitore in detenzione domiciliare "ordinaria" della più favorevole disciplina dettata per gli allontanamenti durante la detenzione domiciliare speciale, presuppone la preventiva prognosi circa l'assenza di un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti.
La Corte, in conclusione, dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 47-ter, comma 1, lettera b), e 8 ordin. penit., nella parte in cui non limita la punibilità, ai sensi dell'art. 385 cod. pen., al solo allontanamento che si protragga per più di dodici ore, come stabilito dall'art. 47-sexies, commi 2 e 4, della medesima legge, sul presupposto, di cui al precedente art. 47-quinquies, comma 1, che non sussista un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti.