Nel 2012 l’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale pubblica di una Provincia laziale nominava il proprio Direttore Generale per un quinquennio, con contratto disciplinato dall’art. 11 secondo comma della L. reg. Lazio 3 settembre 2002 n. 30.
L’anno dopo l’Azienda veniva commissariata ed il commissario straordinario, in ciò sollecitato dalla Regione, dichiarava la decadenza dall’incarico di direttore generale, quando il quinquennio previsto non era per sua durata non era ancora scaduto.
L’ex Direttore proponeva ricorso al TAR contro il provvedimento commissariale, sul quale il Collegio declinava la propria giurisdizione.
La sentenza affermava, infatti, che, in quanto concernente «la decadenza automatica dalla carica di direttore generale di un’azienda sanitaria a seguito del rinnovo del consiglio regionale», la controversia è devoluta alla giurisdizione ordinaria, «atteso che non si controverte della legittimità dell´esercizio di una potestà pubblica ma della verificazione di un fatto estintivo dei diritti nascenti dal contratto di prestazione d’opera».
Da qui l’appello proposto dinanzi al Consiglio di Stato.
I giudici di Palazzo Spada, assumendo la causa in decisione, premettevano che in materia di pubblico impiego c.d. privatizzato la giurisdizione ordinaria si estende a “tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni», ivi comprese quelle concernenti «il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale” (art. 63, comma 1, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165). Per contro, nell’ambito di rapporti in linea di principio disciplinati dal diritto privato (art. 2), come è quello di direttore generale di ATER nel Lazio ai sensi del citato art. 11 L. reg. n. 30 del 2002, la potestà autoritativa di organizzazione tuttora riconosciuta all’Amministrazione rimane circoscritta alle “linee fondamentali”della struttura (art. 4).
Come ulteriormente specificato da quest’ultima disposizione, la potestà organizzativa che a questi effetti rileva è quella che concerne l’individuazione degli uffici di maggiore rilevanza, i modi di conferimento della titolarità dei medesimi e la determinazione delle dotazioni organiche complessive. Ciò che non rientra in queste specifiche manifestazioni di potere autoritativo è senz’altro assoggettato al regime interprivato, secondo la configurazione generale del rapporto di lavoro con le Pubbliche amministrazioni recepito e consolidato dall’ordinamento di cui al D.L.vo n. 165 del 2001.
Con riguardo agli incarichi dirigenziali, quella giurisprudenza riconduce alla giurisdizione amministrativa le controversie nelle quali, pur formalmente impugnati provvedimenti inerenti a questi ultimi (conferimento, revoca, risoluzione o mancata conferma) “la contestazione investa direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo mediante la deduzione della non conformità a legge degli atti organizzativi, attraverso i quali le amministrazioni pubbliche definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici e i modi di conferimento della titolarità degli stessi”.
Venendo quindi alla specifica vicenda contenziosa, l’assenza nel provvedimento impugnato di profili di carattere macro-organizzativo nei termini previsti dal citato art. 4 ha fatto escludere al Collegio di appello che lo stesso sia sindacabile dal giudice amministrativo.
Infatti, la detta decadenza disposta dal commissario straordinario non è la conseguenza della riorganizzazione dell’ATER (in ipotesi, mediante la soppressione dell’ufficio di direttore generale o la rideterminazione della dotazione organica), solo prevista in attuazione della citata L. reg. n. 4 del 2013, ma è un provvedimento direttamente incidente sul rapporto lavorativo della figura del vertice amministrativo, nell’ambito del quale vengono in rilievo posizioni giuridiche di carattere paritetico.
Da qui la sentenza n. 782 del 25 febbraio 2016 con la quale, respingendosi il gravame, è stata riaffermata la giurisdizione del giudice ordinario
Fonte: il quotidiano della p.a.
L’anno dopo l’Azienda veniva commissariata ed il commissario straordinario, in ciò sollecitato dalla Regione, dichiarava la decadenza dall’incarico di direttore generale, quando il quinquennio previsto non era per sua durata non era ancora scaduto.
L’ex Direttore proponeva ricorso al TAR contro il provvedimento commissariale, sul quale il Collegio declinava la propria giurisdizione.
La sentenza affermava, infatti, che, in quanto concernente «la decadenza automatica dalla carica di direttore generale di un’azienda sanitaria a seguito del rinnovo del consiglio regionale», la controversia è devoluta alla giurisdizione ordinaria, «atteso che non si controverte della legittimità dell´esercizio di una potestà pubblica ma della verificazione di un fatto estintivo dei diritti nascenti dal contratto di prestazione d’opera».
Da qui l’appello proposto dinanzi al Consiglio di Stato.
I giudici di Palazzo Spada, assumendo la causa in decisione, premettevano che in materia di pubblico impiego c.d. privatizzato la giurisdizione ordinaria si estende a “tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni», ivi comprese quelle concernenti «il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale” (art. 63, comma 1, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165). Per contro, nell’ambito di rapporti in linea di principio disciplinati dal diritto privato (art. 2), come è quello di direttore generale di ATER nel Lazio ai sensi del citato art. 11 L. reg. n. 30 del 2002, la potestà autoritativa di organizzazione tuttora riconosciuta all’Amministrazione rimane circoscritta alle “linee fondamentali”della struttura (art. 4).
Come ulteriormente specificato da quest’ultima disposizione, la potestà organizzativa che a questi effetti rileva è quella che concerne l’individuazione degli uffici di maggiore rilevanza, i modi di conferimento della titolarità dei medesimi e la determinazione delle dotazioni organiche complessive. Ciò che non rientra in queste specifiche manifestazioni di potere autoritativo è senz’altro assoggettato al regime interprivato, secondo la configurazione generale del rapporto di lavoro con le Pubbliche amministrazioni recepito e consolidato dall’ordinamento di cui al D.L.vo n. 165 del 2001.
Con riguardo agli incarichi dirigenziali, quella giurisprudenza riconduce alla giurisdizione amministrativa le controversie nelle quali, pur formalmente impugnati provvedimenti inerenti a questi ultimi (conferimento, revoca, risoluzione o mancata conferma) “la contestazione investa direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo mediante la deduzione della non conformità a legge degli atti organizzativi, attraverso i quali le amministrazioni pubbliche definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici e i modi di conferimento della titolarità degli stessi”.
Venendo quindi alla specifica vicenda contenziosa, l’assenza nel provvedimento impugnato di profili di carattere macro-organizzativo nei termini previsti dal citato art. 4 ha fatto escludere al Collegio di appello che lo stesso sia sindacabile dal giudice amministrativo.
Infatti, la detta decadenza disposta dal commissario straordinario non è la conseguenza della riorganizzazione dell’ATER (in ipotesi, mediante la soppressione dell’ufficio di direttore generale o la rideterminazione della dotazione organica), solo prevista in attuazione della citata L. reg. n. 4 del 2013, ma è un provvedimento direttamente incidente sul rapporto lavorativo della figura del vertice amministrativo, nell’ambito del quale vengono in rilievo posizioni giuridiche di carattere paritetico.
Da qui la sentenza n. 782 del 25 febbraio 2016 con la quale, respingendosi il gravame, è stata riaffermata la giurisdizione del giudice ordinario
Fonte: il quotidiano della p.a.