Di Redazione su Sabato, 03 Marzo 2018
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Penale

De Benedictis non ha commesso reati, SC cancella condanna. Finisce il calvario di un giudice integerrimo.

Ci sono volte in cui una sentenza non costituisce applicazione - se non in modo formalistico - della giustizia. Ciò accade quando una norma formale non è coerente ed adeguata rispetto ad un´idea di diritto e di giustizia sostanziale ed accade anche quando una sentenza è il portato di un errore. Non si tratta di casi isolati, in quanto accade spesso che, a distanza di anni, una sentenza di condanna sia travolta da nuove acquisizioni o risultanze, molto spesso quando, però, il danno si è interamente consumato.

Che ciò non accada soltanto nel caso di sentenze passate in giudicato, è un dato di fatto, una circostanza, come si usa dire nelle aule giudiziarie e nel lessico giuridico, di comune esperienza. Per quanto comune, però, non meno dolorosa, soprattutto quando, come nel sistema italiano, la celerità dei processi è sempre più una autentica chimera - con la conseguenza logica che procedimenti giudiziari che dovrebbero durare due o tre anni ne durano anche cinque volte tanto - ed il principio che vuole ogni cittadino innocente fino a sentenza passata in giudicato costituisce più un argomento di studio di diritto costituzionale che non un dato autenticamente acquisito nella cultura e nei principi deontologici degli operatori dell´informazione ed anche degli stessi colleghidel presunto innocente, che spesso fin dal momento di un rinvio a giudizio viene sottoposto alla gogna mediatica e all´isolament più totale. Insomma, ad un autentico calvario.

Quasi sempre questo accade, ma ciò non costituisce una regola generale, ai cittadini comuni, a quelli meno protetti, e per questo più esposti. Ma ci sono volte in cui le vittime sono personalità "eccellenti" ed in tal caso, soprattutto se essi non godono di sostegni, possono essere dolori, ed un procedimento penale, soprattutto se accompagnato, nel suo corso, da una sentenza di condanna, può costare veramente caro.



Era il 28 ottobre 2010 quando fu arrestato il Gip del tribunale di Bari Giuseppe De Benedictis (nella foto) su richiesta del PM di Santa Maria Capua Vetere. Quella notizia destò un enorme scalpore, non solo per la personalità del magistrato, uomo ritenuto integerrimo e lontanissimo dalle correnti della magistratura ma anche per le circostanze in cui avvenne quell´arresto cioè mentre, nel capoluogo pugliese, era in corso un importante convegno sulla giustizia italiana, con la partecipazione di membri del governo, alti magistrati ed insigni giuristi. Insomma, un fulmine a ciel sereno.

De Benedictis venne accusato di detenzione illegale di armi da fuoco, lui che era un collezionista, ed è stato esposto ad una gogna mediatica per 8 anni, per un giudice quasi una vita. Assolto in primo grado dal Tribunale, venne poi condannato a due anni di reclusione dalla Corte d´appello, su gravame proposto dal pm, fino a quando, proprio nei giorni scorsi, la prima sezione penale della Suprema Corte di Cassazione ha posto la parola fine alla vicenda, stabilendo che Giuseppe De Benedictis non ha mai commesso alcun reato, ed annullando, in coerenza, la condanna inflittagli dalla Corte territoriale, senza alcun rinvio alla stessa. De Benedictis, originario di Molfetta, adesso in servizio presso il Tribunale di Matera, riparte quindi da qui.

De Benedictis è stato assistito dagli avvocati Massimo Manfreda del foro di Brindisi e dal prof. Franco Coppi. A lui così come a tutti coloro che hanno patito lo stesso calvario gli auguri della redazione per un prosieguo di brillante carriera.