I giudici della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35540 del 26 agosto 2016, hanno confermato il principio giuridico in base al quale le espressioni negative idonee ad intaccare la reputazione della persona offesa, possono costituire reato di diffamazione, anche se dette espressioni sono frutto dello stato di insofferenza nei confronti dell´azione promossa dal soggetto a cui sono rivolte.
Nel caso di specie l´imputato era stato condannato per il reato di diffamazione dal competente Giudice di Pace e detta condanna era stata confermato dal Tribunale in veste di giudice di appello, in quanto mentre rendeva spontanee dichiarazioni nel corso di un procedimento penale avanti al Giudice di Pace, si rivolgeva nei confronti delle parti offese con l´espressione "Queste non sono persone ma animali" .
Avverso tale sentenza del Tribunale era stato proposto ricorso in Cassazione sotto tre profili diversi.
Ci soffermeremo sul primo motivo proposto dalla difesa dell´imputato con il quale si lamenta la violazione, l´inosservanza e l´erronea applicazione degli artt. 42 e 595 c.p. per mancanza, sia dell´elemento soggettivo del reato, che di quello oggettivo. Infatti la difesa sostiene che l´imputato non aveva avuto alcuna volontà di offendere con l´espressione usata e che detta espressione doveva considerarsi come uno sfogo a tutti gli atti persecutori che per diversi anni l´imputata aveva subito ad opera dei soggetti a cui era stata rivolta la frase offensiva. La difesa della ricorrente ha sostenuto inoltre che il giudice di appello non ha preso in considerazione il principio consolidato secondo cui le espressioni verbali che "si risolvano in dichiarazioni di insofferenza rispetto all´azione del soggetto nei cui confronti sono dirette e sono prive di contenuto offensivo nei riguardi dell´altrui onore o decoro, persino se formulate con terminologia scomposta ed ineducata" non costituiscono diffamazione per mancanza dell´elemento oggettivo del reato.
I Giudici della Quinta Sezione però nel confermare la sentenza impugnata, non hanno condiviso la tesi difensiva della ricorrente. Infatti hanno qualificato l´espressione verbale usata dalla ricorrente obiettivamente pregiudizievole della reputazione della persona offesa in quanto offensiva dell´onore e decoro dei destinatari, con esso volendosi attribuire alle persone offese mancanza di senso civico e di educazione.
Per tali ragioni e per le motivazioni con le quali sono stati ritenuti infondati gli altri due motivi del ricorso, la Cassazione ha rigettato l´impugnazione proposta.
Sentenza allegata
Nel caso di specie l´imputato era stato condannato per il reato di diffamazione dal competente Giudice di Pace e detta condanna era stata confermato dal Tribunale in veste di giudice di appello, in quanto mentre rendeva spontanee dichiarazioni nel corso di un procedimento penale avanti al Giudice di Pace, si rivolgeva nei confronti delle parti offese con l´espressione "Queste non sono persone ma animali" .
Avverso tale sentenza del Tribunale era stato proposto ricorso in Cassazione sotto tre profili diversi.
Ci soffermeremo sul primo motivo proposto dalla difesa dell´imputato con il quale si lamenta la violazione, l´inosservanza e l´erronea applicazione degli artt. 42 e 595 c.p. per mancanza, sia dell´elemento soggettivo del reato, che di quello oggettivo. Infatti la difesa sostiene che l´imputato non aveva avuto alcuna volontà di offendere con l´espressione usata e che detta espressione doveva considerarsi come uno sfogo a tutti gli atti persecutori che per diversi anni l´imputata aveva subito ad opera dei soggetti a cui era stata rivolta la frase offensiva. La difesa della ricorrente ha sostenuto inoltre che il giudice di appello non ha preso in considerazione il principio consolidato secondo cui le espressioni verbali che "si risolvano in dichiarazioni di insofferenza rispetto all´azione del soggetto nei cui confronti sono dirette e sono prive di contenuto offensivo nei riguardi dell´altrui onore o decoro, persino se formulate con terminologia scomposta ed ineducata" non costituiscono diffamazione per mancanza dell´elemento oggettivo del reato.
I Giudici della Quinta Sezione però nel confermare la sentenza impugnata, non hanno condiviso la tesi difensiva della ricorrente. Infatti hanno qualificato l´espressione verbale usata dalla ricorrente obiettivamente pregiudizievole della reputazione della persona offesa in quanto offensiva dell´onore e decoro dei destinatari, con esso volendosi attribuire alle persone offese mancanza di senso civico e di educazione.
Per tali ragioni e per le motivazioni con le quali sono stati ritenuti infondati gli altri due motivi del ricorso, la Cassazione ha rigettato l´impugnazione proposta.
Sentenza allegata