Di Redazione su Giovedì, 20 Ottobre 2016
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Lavoro

Risarcimento danno da demansionamento e oneri probatori, Cassazione indica criteri

Sull´argomento si è pronunciata la Corte di Cassazione con Sentenza n. 20677/16, depositata in data 13 ottobre.
La questione
Il Tribunale di Lecce accertava l´avvenuto demansionamento di un dipendente bancario operato dalla Unicredit Banca di Roma S.p.A., già Banca di Roma SpA, ed ordinava alla società di adibire quest´ultimo a mansioni corrispondenti alla sua qualifica ma rigettava ogni pretesa risarcitoria.
In Appello si assisteva però ad un´inversione di rotta e Unicredit Banca di Roma S.p.A. veniva condannata a risarcire al lavoratore il danno professionale da demansionamento, liquidato in euro 52.096,00 oltre accessori.
La Banca proponeva ricorso in Cassazione, denunciando, sotto svariati profili, l´illegittimità della statuizione di secondo Grado.
La decisione
Il ricorso della Banca è stato rigettato dalla Cassazione, secondo cui non si era trattato, come invece ritenuto dall´istituto, di danno conseguenza ma di danno evento.
I Supremi Giudici hanno premesso che il danno da demansionamento professionale, ferma restandone la necessità di allegazione da parte di chi lo lamenti, può legittimamente ricavarsi anche in via presuntiva o mediante ricorso a massime di comune esperienza ex art. 115 cpv. c.p.c..
Ciò è avvenuto, ha soggiunto la Sezione, nel caso di specie, nel quale del danno sono state riscontrate l´allegazione e la prova, sia pure ricavata mediante presunzioni, considerata la durata della dequalificazione (oltre tre anni e mezzo), la mortificazione dell´immagine professionale e delle esperienze lavorative già acquisite, la marginalizzazione della posizione dei dipendente e la conseguente perdita di contatto con i settori più qualificanti dell´attività bancaria.
In tal modo la sentenza impugnata, ha concluso la Corte, si è attenuta agli indici sintomatici elaborati quali elementi utilizzabili in via presuntiva dei danno da demansionamento, non meritando alcuna censura.
Quanto alla liquidazione di tale danno patrimoniale, risarcibile in via necessariamente equitativa, è ammissibile, ha precisato il Supremo Collegio, il parametro della retribuzione cui la gravata pronuncia ha fatto corretto ricorso (in misura pari ai 2/5 della retribuzione stessa).
In ordine infine al ricorso incidentale proposto dal lavoratore, lo stesso è stato ritenuto infondato, sia in quanto diretto a sollecitare una nuova valutazione nel merito dei documenti in atti, sia in quanto non superante il nucleo essenziale della motivazione al riguardo resa dalla Corte territoriale, che con motivazione scevra da vizi logici o giuridici aveva ritenuto insufficiente, per dimostrare il danno biologico, la relazione medico-legale prodotta dal ricorrente incidentale, in quanto basata su dati anamnestici forniti dalla parte e non corredati da idonee certificazioni mediche, a tal fine non bastando il mero richiamo da parte dell´estensore della relazione medesima, non idoneo a consentire al giudice la necessaria verifica diretta.
In merito, poi, alle certificazioni prodotte in corso di causa e che la sentenza aveva considerato tardive, il motivo è stato ritenuto non conferente in quanto formulato sotto forma di denuncia di error in iudicando o di vizio di motivazione, mentre la ritenuta inammissibilità di documenti prodotti in corso di causa avrebbe semmai esser censurata in linea astratta, come error in procedendo per violazione di norme processuali .
Così argomentato, sia il ricorso principale, proposto dalla banca, che quello incidentale, proposto dal lavoratore, sono stati respinti da parte dei Supremi Giudici.
Sentenza allegata
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