Il 25 novembre è stata celebrata una giornata speciale, e in tutta Italia si è tornato a parlare di violenza sulle donne e di emminicidio. In tanti lo abbiamo fatto dietro quella che è ormai, e da tempo, una autentica emergenza. I numeri parlano chiaro: da una indagine Istat, si rileva che sono ben 7 milioni le donne italiane che almeno una volta nel corso della propria vita hanno subito una qualche forma di violenza, dal maltrattamento fisico a una coazione morale, ed ancora che i tweet improntati all'odio nei confronti di una donna sono passati , solo nell'ultimo anno , da 284.634 a 326.040. Dati che sono stati commentati, in una intervista a La Repubblica, dal noto psichiatra e psicoterapeuta Paolo Crepet, che ha rivolto alle donne un invito accorato: "Non fate le crocerossine, un uomo violento resta tale e non cambierà mai". Ecco alcuni significativi stralci dell'intervista:
Guardando i dati più recenti, la violenza sulle donne è purtroppo un fenomeno ancora in crescita in tutto il mondo, una strage che non sembra arrestarsi. Per lei quali sono i motivi che portano a tutto ciò?
"Le motivazioni sono tante, anche perché dietro al femminicidio, questo neologismo sempre più utilizzato per indicare l'infinita scia di violenze sulle donne, si nascondono tante realtà molto diverse. Essenzialmente molti uomini hanno ancora difficoltà ad accettare la lunga coda della liberazione della donna, nonostante siano passati più di quarant'anni dalle tante conquiste, come il divorzio. Non l'accettano, perché c'è una parte della cultura maschile che non si è adeguata a una parte della cultura femminile. E questa è un'evidenza, perché se andiamo a stratificare i dati del femminicidio per provenienza culturale, si può vedere, non in assoluto, perché ci sono sempre eccezioni, che questa violenza è più frequente negli strati della popolazione con medio bassa cultura. Perché sono quelli che non hanno elaborato ciò che è avvenuto in questi anni, restando legati a un concetto di famiglia arcaica, che vede la donna ancora come sottomessa e l'uomo con un ruolo dominante".
Come sottolinea nel suo saggio, spesso questa violenza viene associata alla parola passione, definendola ad esempio "delitto o omicidio passionale". Sembra che ancora oggi molti credano che la passione implichi il possesso del partner, considerando la propria compagna come una proprietà.
"C'è ancora una cultura, tramessa sia in ambito familiare sia in quello più ampio del gruppo sociale, quindi scuola e amicizie, che insegna alle ragazze a pensare che l'amore passionale possa o debba prevedere anche qualche "lecita" violenza. La gelosia, ad esempio, viene vista come prova dell'intensità amorosa, di una passione da dimostrare psicologicamente e fisicamente. Quindi si ritiene che faccia parte integrante di ogni relazione sentimentale e che quando viene sollecitata, possa anche scatenare reazioni violente. La gelosia porta sempre sciagure e drammi e bisognerebbe insegnare ai giovani a non considerarla come un sintomo dell'amore, perché non lo è mai. E va detto a scritte capitali che la gelosia non è una forma d'amore, ma solo di possesso, perché l'amore è rispetto innanzitutto. Ti amo, dunque ti rispetto"
La maggior parte delle violenze sulle donne avvengono proprio in ambito familiare, per mano di un marito, di un partner o di un ex. Quali sono i campanelli d'allarme a cui si deve prestare attenzione?
"Quando qualcuno cerca di controllarti, quel sentimento cessa di essere amore e diventa manipolazione e ossessione. Quindi viene a mancare il rispetto dell'altro, perché non ti vedo più come una persona ma come una cosa di mia proprietà. Alla base della violenza e del femminicidio, c'è sempre l'idea di considerare le donne come oggetti, non come individui. Io ti uccido perché tu sei una cosa mia. Molti uomini amano l'amore, non la persona che hanno accanto. Quindi non essendosi innamorati della persona, ma solo di un'idea astratta dell'amore è chiaro che poi quella donna tu non la capisci, perché non l'hai scelta veramente, perché non la conosci, è solo una portatrice di amore. Quindi non solo non sai chi è, ma in fondo non ti importa neanche di scoprirlo. Il problema nasce quando lei manifesta le sue scelte e i suoi desideri, che cozzano con i tuoi. Ipotizziamo che una ragazza voglia trasferirsi in un'altra città per coronare il suo sogno professionale e questo fa scattare nel fidanzato violento ira e rabbia, perché gli sta scappando l'amore, sta perdendo una cosa, non la persona. Se la conoscesse sul serio, saprebbe quanto per lei conta costruirsi la sua carriera e non sarebbe stupito di questa sua scelta, anzi. Inoltre, se amasse veramente lei, la sosterebbe e la spronerebbe a realizzare i suoi sogni".