Con l'ordinanza n. 12114 dello scorso 22 giugno, la III sezione civile della Corte di Cassazione ha rigettato la domanda di una Cooperativa che si doleva perché un alloggio era stato assegnato, in sede di separazione, alla moglie di un socio, quale assegnataria del diritto di godimento sulla casa coniugale.
Si è difatti specificato che "nel rapporto di godimento di alloggio adibito a residenza familiare assegnato al socio di cooperativa edilizia di categoria con finalità mutualistica, succede ex lege, in caso di separazione personale, sia essa giudiziale o consensuale, alle stesse condizioni, il coniuge assegnatario del diritto di godimento sulla casa coniugale".
Nel caso sottoposto all'attenzione della Corte, una Società Cooperativa Edificatrice per i Dipendenti ATM conveniva in giudizio un ex socio, chiedendo si accertasse e dichiarasse che lo stesso e i suoi aventi causa occupavano senza titolo l'alloggio di cooperativa, concesso in origine in godimento al convenuto a canone agevolato; il socio era stato escluso dalla cooperativa allorché aveva ceduto, senza esserne autorizzato, il godimento dell'alloggio alla moglie separata, a seguito di provvedimento del giudice della separazione che gliel'aveva assegnata quale casa coniugale affinché ne godesse insieme alla figlia minore della coppia.
Il Tribunale di Milano rigettava la domanda della Cooperativa, accertando la permanenza in capo al socio del diritto all'assegnazione dell'alloggio occupato dal coniuge separato, al canone agevolato originariamente concordato con la cooperativa.
La decisione veniva confermata dalla Corte d'Appello di Milano, in applicazione dell'art. 6 della L. n. 392 del 1978 che – quale disposizione dettata a tutela del superiore interesse alla conservazione dell'ambiente familiare per i figli minori, anche a rapporti giuridici diversi dalla locazione, che comportino il godimento dell'immobile – è stato ritenuto analogicamente applicabile anche in caso di assegnazione di alloggio di edilizia residenziale pubblica e in ipotesi di alloggio dato in comodato gratuito a terzi.
Secondo il collegio giudicante, infatti, si era verificata una cessione ex lege del contratto a favore del coniuge assegnatario, con conseguente estinzione della posizione del conduttore originario.
La Cooperativa, ricorrendo in Cassazione, denunciava la violazione e falsa applicazione dell'art. 6, comma 2, della L. n. 392 del 1978, affermando che entrambi i giudici di merito avevano errato nel ritenere che potesse trovare applicazione in via analogica la disciplina delle locazioni ad uso abitativo ed in particolare della L. n. 392 del 1978, art. 6, comma 2: nel caso di specie, infatti, doveva ritenersi prevalente il profilo associativo e cooperativo, mutualistico di tipo chiuso, avendo la Cooperativa la funzione di assicurare alloggi ai propri soci, tutti dipendenti o pensionati ATM, ad un costo agevolato rispetto ai normali canoni di locazione per alloggi equivalenti, finalità che non sarebbe stata più perseguita ove l'assegnazione degli alloggi di fatto fosse stata alterata dai provvedimenti del giudice della separazione.
D'altro canto, la Cooperativa evidenziava come, se si fosse ritenuto che il provvedimento giudiziale fosse stato idoneo a determinare una successione ex lege nel contratto di locazione, si sarebbe avuta la paradossale ed inaccettabile situazione per cui, potenzialmente, tutti gli immobili della cooperativa potevano essere occupati da soggetti non soci, rendendo in tal modo impossibile il conseguimento stesso dello scopo sociale.
La Cassazione non condivide le doglianze sollevate.
Gli Ermellini premettono come l'art. 6 disciplina l'ipotesi della separazione personale del conduttore in caso di assegnazione della casa coniugale all'altro coniuge affidatario dei figli e tutela il superiore interesse di questi a mantenere il proprio ambiente familiare nel momento della crisi della famiglia, con il subentro dell'affidatario nel contratto di locazione che prosegue alle stesse condizioni; ai sensi del comma 2, identica regola investe la separazione, iniziata conflittualmente, poi trasformatasi in una separazione consensuale.
Anche in riferimento ai rapporti di comodato, si è ribadito che il comodato di un bene immobile, stipulato senza limiti di durata in favore di un nucleo familiare, ha un carattere vincolato alle esigenze abitative familiari: ne deriva che il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento anche oltre l'eventuale crisi coniugale; d'altro canto, il coniuge affidatario della prole, assegnatario della casa familiare, può opporre al comodante, che chieda il rilascio dell'immobile, l'esistenza di un provvedimento di assegnazione, pronunciato in un giudizio di separazione o divorzio, sempre se tra il comodante e almeno uno dei coniugi il contratto in precedenza insorto contempli la destinazione del bene a casa familiare.
La Cassazione evidenzia, quindi, come l' eadem ratio, di tutela dei soggetti deboli nel momento della crisi coniugale, deve verificarsi in favore del coniuge separato assegnatario della casa coniugale in relazione agli alloggi di cooperativa edilizia costituita a vantaggio di una particolare categoria di dipendenti o ex dipendenti in quiescenza, allo scopo di mettere a disposizione degli stessi e del loro nucleo familiare il godimento di un alloggio dignitoso a condizioni economicamente sostenibili e proporzionali agli originari stipendi degli appartenenti alla categoria.
Sul punto, la sentenza in commento precisa come il trasferimento ex lege del contratto di locazione in capo al coniuge separato assegnatario della casa coniugale non contrasta con le finalità mutualistiche a tutela della categoria, in quanto il godimento dell'immobile alle condizioni più favorevoli rispetto a quelle determinate dal mercato stabilite dalla cooperativa prosegue non in favore di un terzo estraneo, che verrebbe ad ingiustamente profittare delle condizioni di favore rispetto al valore locatizio di mercato, ma del nucleo familiare dell'originario assegnatario.
In conclusione, la Cassazione rigetta il ricorso, pone a carico della parte ricorrente le spese di giudizio sostenute dalla parte controricorrente, condannandola altresì al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.