Su tale argomento si è pronunciata la Cassazione con sentenza n. 15633, sezione Lavoro, depositata il 27 luglio 2016.
Con un unico motivo l´istituto ricorrente aveva dedotto, ai sensi dell´art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell´art. 5 della legge 10 marzo 1955, n. 96 e successive modificazioni, nonché dell´art. 2 della legge 22 dicembre 1980, n. 932, sostenendo che in relazione all´epoca per la quale era stato riconosciuto il beneficio in questione il controricorrente non era titolare di posizione assicurativa, non avendo nemmeno l´età minima per accedere al mondo del lavoro.
Al riguardo l´ente previdenziale osservava che il medesimo era nato il 18 giugno del 1926 e che all´epoca dei fatti persecutori per i quali i giudici del merito gli avevano riconosciuto il beneficio della contribuzione figurativa, vale a dire dal 7 luglio 1938 al 25 aprile 1945, il medesimo aveva solo 12 anni e non era titolare di posizione assicurativa, né in quel periodo, né nel 1940, anno di raggiungimento dell´età lavorativa fissata a 14 anni.
Nel resistere alla censura, il controricorrente obiettava, da parte sua, che a nulla rilevava la mancanza di una preesistente posizione assicurativa o di lavoro, data la natura premiale del beneficio in esame.
La Corte ha tuttavia ritenuto che la possibilità, prevista dalla normativa richiamata, di riconoscimento di una contribuzione "figurativa" a favore dei soggetti sottoposti a persecuzioni politiche o razziali, presuppone la preesistenza di un rapporto di lavoro e, conseguentemente, di un rapporto assicurativo, che sia stato all´epoca interrotto da atti "persecutori".
Infatti, hanno rilevato,l´istituto della contribuzione "figurativa" introdotto dalla legge persegue chiaramente lo scopo - come è dato desumere dal dato letterale della sua formulazione e della sua "ratio" - di sostituire, in termini strettamente funzionali, il mancato versamento causato appunto dalle persecuzioni e non presenta, in realtà, il carattere "premiale" prospettato dal controricorrente, secondo il quale il beneficio dovrebbe spettare indipendentemente dalla preesistenza di un rapporto assicurativo.
Del tutto irrilevante, inoltre, il riconoscimento del «l´attestato di perseguitato politico» all´epoca del regime fascista, prodotto dal controricorrente.
Pertanto, Giudici del "palazzaccio", non hanno ritenuto giuridicamente fondata la tesi con il conseguente mancato riconoscimento della contribuzione figurativa richiesta.
Sentenza allegata
Con un unico motivo l´istituto ricorrente aveva dedotto, ai sensi dell´art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell´art. 5 della legge 10 marzo 1955, n. 96 e successive modificazioni, nonché dell´art. 2 della legge 22 dicembre 1980, n. 932, sostenendo che in relazione all´epoca per la quale era stato riconosciuto il beneficio in questione il controricorrente non era titolare di posizione assicurativa, non avendo nemmeno l´età minima per accedere al mondo del lavoro.
Al riguardo l´ente previdenziale osservava che il medesimo era nato il 18 giugno del 1926 e che all´epoca dei fatti persecutori per i quali i giudici del merito gli avevano riconosciuto il beneficio della contribuzione figurativa, vale a dire dal 7 luglio 1938 al 25 aprile 1945, il medesimo aveva solo 12 anni e non era titolare di posizione assicurativa, né in quel periodo, né nel 1940, anno di raggiungimento dell´età lavorativa fissata a 14 anni.
Nel resistere alla censura, il controricorrente obiettava, da parte sua, che a nulla rilevava la mancanza di una preesistente posizione assicurativa o di lavoro, data la natura premiale del beneficio in esame.
La Corte ha tuttavia ritenuto che la possibilità, prevista dalla normativa richiamata, di riconoscimento di una contribuzione "figurativa" a favore dei soggetti sottoposti a persecuzioni politiche o razziali, presuppone la preesistenza di un rapporto di lavoro e, conseguentemente, di un rapporto assicurativo, che sia stato all´epoca interrotto da atti "persecutori".
Infatti, hanno rilevato,l´istituto della contribuzione "figurativa" introdotto dalla legge persegue chiaramente lo scopo - come è dato desumere dal dato letterale della sua formulazione e della sua "ratio" - di sostituire, in termini strettamente funzionali, il mancato versamento causato appunto dalle persecuzioni e non presenta, in realtà, il carattere "premiale" prospettato dal controricorrente, secondo il quale il beneficio dovrebbe spettare indipendentemente dalla preesistenza di un rapporto assicurativo.
Del tutto irrilevante, inoltre, il riconoscimento del «l´attestato di perseguitato politico» all´epoca del regime fascista, prodotto dal controricorrente.
Pertanto, Giudici del "palazzaccio", non hanno ritenuto giuridicamente fondata la tesi con il conseguente mancato riconoscimento della contribuzione figurativa richiesta.
Sentenza allegata
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