Con l'ordinanza n. 11112 dello scorso 12 giugno, la III sezione civile della Corte di Cassazione, pronunciandosi in tema di consenso informato, ha chiarito come di procede alla liquidazione del danno non patrimoniale per la lesione della libertà di autodeterminazione terapeutica.
Si è difatti specificato che il giudice, nel determinare in via equitativa l'importo liquidabile a titolo risarcitorio per l'inadempimento all'obbligo di acquisire il consenso informato del paziente, deve operare una prima riduzione del danno biologico, giustificata dalla necessità di tener conto delle patologie preesistenti della paziente e un'ulteriore riduzione quale abbattimento necessario al fine di valorizzare la differenza tra il danno alla salute il danno al diritto all'autodeterminazione terapeutica.
I chiarimenti operati dalla Cassazione prendono spunto dalla richiesta di risarcimento danni avanzata da una paziente, avverso la clinica e il sanitario che l'avevano operata: sebbene l'intervento chirurgico fosse stato eseguito correttamente, detto intervento era stato, tuttavia, eseguito senza che fosse stato in precedenza correttamente acquisito il consenso informato della donna, non avendo quest'ultima ricevuto tutte le necessarie informazioni in ordine alla natura dell'intervento praticato, alle complicanze prevedibili e non prevenibili e alle alternative terapeutiche concretamente praticabili.
Per tali fatti, sia il Tribunale di Roma che la Corte d'Appello di Roma condannavano i convenuti al risarcimento del danno.
In particolare, la Corte di Appello riteneva come la paziente avesse maturato i presupposti per il riconoscimento, in proprio favore, del diritto al risarcimento del (solo) danno non patrimoniale per la lesione della libertà di autodeterminazione terapeutica: procedeva quindi alla liquidazione equitativa del danno riconosciuto utilizzando, quale parametro oggettivo di riferimento, gli importi che la paziente avrebbe avuto diritto a conseguire ove fosse stato liquidabile, in suo favore, un risarcimento per le conseguenze dannose subite a carico della salute, correggendo l'entità di detti importi-parametro con una riduzione al 20%, giustificata proprio in ragione della differenza che intercorre tra il danno alla salute e il danno derivante dalla (sola) violazione del diritto all'autodeterminazione sanitaria.
Ricorrendo in Cassazione, la struttura sanitaria eccepiva come si il Giudice territoriale avesse erroneamente assunto, a base di calcolo del danno risarcibile per la presunta lesione del diritto all'autodeterminazione della paziente, l'invalidità complessiva della danneggiata, senza tenere in alcuna considerazione le pregresse condizioni patologiche.
La Cassazione condivide la censura rilevata.
La Corte ricorda che, con particolare riguardo alla determinazione dell'importo liquidabile a titolo risarcitorio per l'inadempimento all'obbligo di acquisire il consenso informato del paziente, fermo il riconoscimento del danno dovuto alla lesione del diritto all'autodeterminazione terapeutica (necessariamente liquidabile in via equitativa), ove l'atto terapeutico, necessario e correttamente eseguito secundum legem artis, non sia stato preceduto dalla preventiva informazione esplicita del paziente circa i suoi possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, può essere riconosciuto (anche) il risarcimento del danno alla salute per la verificazione di tali conseguenze, ma solo ove sia allegato e provato, da parte del paziente, anche in via presuntiva, che, se correttamente informato, avrebbe rifiutato di sottoporsi a detto intervento, ovvero avrebbe vissuto il periodo successivo ad esso con migliore e più serena predisposizione ad accettarne le eventuali conseguenze (e sofferenze).
Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini specificano come la Corte territoriale abbia riconosciuto, in favore della paziente, il diritto al risarcimento del (solo) danno non patrimoniale per la lesione della libertà di autodeterminazione terapeutica.
Ciò premesso, la sentenza impugnata, dopo aver applicato la riduzione al 20% del danno biologico, giustificata dalla necessità di tener conto delle patologie preesistenti della paziente, ha poi omesso di praticare l'ulteriore programmata riduzione al 20% quale abbattimento necessario al fine di valorizzare la differenza tra il danno alla salute (considerato non risarcibile) e il danno al diritto all'autodeterminazione terapeutica; così facendo, il secondo abbattimento del 20% (motivato dalla necessità di tener conto della ridetta differenza tra danno alla salute e danno all'autodeterminazione) è stato assorbito nel primo abbattimento (viceversa imposto dalla necessità di tener conto delle preesistenti patologie della paziente), con la conseguenza che l'importo definitivo liquidato a titolo di risarcimento del danno da lesione del diritto all'autodeterminazione terapeutica ha finito col coincidere (almeno parzialmente) con l'importo totale astrattamente dovuto a titolo di danno biologico e a titolo di danno patrimoniale, ossia con l'importo che sarebbe spettato alla danneggiata a titolo di lesione del diritto alla salute.
In conclusione, la Cassazione accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione.