Di Rosalia Ruggieri su Lunedì, 29 Ottobre 2018
Categoria: Il caso del giorno 2018-2019 - diritto sanitario

Consenso informato: grava anche sul medico che consiglia l’intervento

 Con la pronuncia n. 26728 dello scorso 23 ottobre in materia di consenso informato, la Cassazione ha analizzato la specifica posizione dell'aiuto medico di una equipe chirurgica che ha consigliato l'intervento, statuendo che "in tema di consenso medico informato riguardo all'esecuzione di un intervento operatorio, qualora risulti che esso è stato eseguito da un sanitario come capo dell'équipe medico- chirurgica, ma che altro sanitario, che abbia partecipato all'operazione in qualità di aiuto-chirurgo, sia stato quello che ha consigliato al paziente l'esecuzione dell'intervento, deve reputarsi anch'egli responsabile di non avere assicurato l'informazione dovuta".

I chiarimenti operati dalla Cassazione prendono spunto dalla citazione in giudizio avanzata da un uomo contro un andrologo ed un medico chirurgo urologo, affinché fossero entrambi condannati al risarcimento danni subiti per non avergli fornito un consenso informato in relazione ai rischi di un intervento di fallo-plastica additiva, poi in concreto verificatisi con conseguenze permanenti valutate nella misura del 25%, in considerazione della definitiva "impotentia coeundi"; interveniva in causa anche la moglie dell'attore, per il risarcimento dei danni derivanti alla propria sfera sessuale in qualità di coniuge.

Il Tribunale di Pisa accertava la responsabilità del solo urologo con riferimento all'omesso consenso informato, condannandolo a risarcire all'attore i soli danni collegati alla mancata acquisizione del consenso informato; rigettava la domanda dell'attore nei confronti dell'andrologo ed altresì quella avanzata dalla moglie terza intervenuta, stante la ratio della responsabilità da omesso consenso informato, coinvolgente diritti esclusivamente personali afferenti il solo paziente che si è sottoposto all'intervento.

L'uomo proponeva appello, contestando il mancato riconoscimento dell'obbligo di ottenere il consenso informato anche a carico dell'andrologo, secondo medico. Si difendeva l'andrologo, ritenendo che solo sul primo operatore gravassero obblighi in relazione al consenso informato.

La Corte di Appello di Firenze rigettava l'appello, condividendo le difese formulate dall'andrologo in relazione alla responsabilità del solo primo operatore per il mancato consenso, sull'assunto che spettasse solo a quest'ultimo fornire le adeguate informazioni sull'esito eventuale dell'intervento, non essendo di contro sufficiente correlare il dovere di informare sulle conseguenze di un intervento che si consiglia o si raccomanda, a persona diversa da colui che tale intervento oggettivamente effettua e dei cui effetti si presume sia oggettivamente informato

Ricorrendo in Cassazione, il paziente denunciava l'erroneità della decisione impugnata nella parte in cui escludeva la responsabilità del medico chirurgo per l'omessa acquisizione del consenso informato del paziente, in quanto non primo operatore ma aiuto nell' équipe medica; in secondo luogo censurava la sentenza per essere giunta a tale conclusione analizzando l'attività dell'andrologo solo nell'ambito dell'intervento chirurgico, senza tener conto dell'attività preliminare svolta dallo stesso sanitario, il quale in più occasioni aveva invitato il ricorrente a sottoporsi all'intervento chirurgico, dando fermo parere professionale in tale direzione.

La Cassazione condivide la difesa del ricorrente. 

 Gli Ermellini evidenziano le peculiarità del caso sottoposto alla loro attenzione, in cui medico che ha seguito il paziente prima dell'intervento, consigliandolo e orientandolo nella scelta di operarsi, è anche un sanitario dell'équipe medica: essendo, quindi, emerso che il rapporto curativo si indirizzò verso l'operazione per una condotta propria dell'andrologo, secondo la Corte è pacifico che sia mancata la prestazione del consenso informato anche da parte di quest'ultimo, sicchè anche costui, nell'eseguire la propria prestazione con il consigliare l'intervento, deve reputarsi responsabile di non avere assicurato l'informazione dovuta.

Sotto altro aspetto gli Ermellini analizzano la posizione della moglie, evidenziando come la condotta omissiva che incide sulla sfera sessuale di un individuo è in grado di riverberare i suoi effetti, in via immediata e riflessa, nella relazione di coppia, e pertanto incide direttamente anche sul coniuge, egualmente privato di un aspetto importante e caratterizzante del rapporto di coppia, collegato ai diritti e obblighi sanciti nell' art. 142, comma 2, cod. civ.

Pertanto, relativamente alla fattispecie in esame, ove l'omesso consenso informato da parte del personale medico ha inciso sulla sfera sessuale della coppia di coniugi in sé considerata, e non solo su quella del paziente, la Corte afferma che qualora risulti accertata, con riferimento alla sottoposizione di un coniuge ad un intervento, una situazione peggiorativa della salute incidente nella sfera sessuale, rientrante nel rischio dell'intervento, e peggiorativa della condizione del medesimo, sebbene non imputabile a cattiva esecuzione dello stesso, il coniuge che risente in via immediata e riflessa del danno, incidente nella sfera sessuale e relazionale della vita di coppia, collegato a detto peggioramento, ha diritto al risarcimento del danno, in quanto tale danno è conseguenza della condotta di violazione della regola del consenso informato in danno del coniuge, nei limiti di come è stato rilevato nei suoi confronti.

La Cassazione accoglie quindi il ricorso e rinvia alla Corte di Appello di Firenze in diversa composizione affinché si pronunci coerentemente con i principi di diritto enunciati.

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