Di Alessandra Garozzo su Venerdì, 26 Luglio 2019
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Civile

Coniuge superstite, i presupposti del diritto di abitazione secondo la Cassazione

La Suprema Corte con l'ordinanza n. 15277/2019 tocca la tematica dei diritti di abitazione del coniuge superstite a seguito della morte dell'altro coniuge. Precisamente la Corte nega la possibilità di individuare i diritti di cui sopra nel momento in cui non v'era prima della morte del coniuge un immobile che fosse adibito ad abitazione familiare. Ciò discende inequivocabilmente, ad avviso della Corte, dal fatto che con la separazione cessa la convivenza e non sia possibile più individuare un'abitazione centro della vecchia comunione coniugale. Il caso originava da un legato di usufrutto generale disposto dall'ex coniuge in favore del superstite il quale aveva invece agito giudizialmente con un'azione di riduzione dichiarata poi inammissibile sia in primo che in secondo grado: il legato stesso era stato qualificato in sostituzione della legittima. Nei fatti, osservava la Corte d'Appello, l'azione era inammissibile perché l'attrice non aveva effettivamente rinunciato al legato, o meglio la rinuncia era incorsa tardivamente dopo che l'appellante aveva compiuto gli atti dispositivi del diritto quali, nel caso di specie, la permanenza presso la casa coniugale oggetto dell'usufrutto generale. 

Veniva proposto, dunque, ricorso per cassazione in cui si lamentava un'inesatta applicazione degli artt. 540 e 548 c.c. per il fatto che da essi si poteva desumere che il diritto di abitazione spettava pure al coniuge separato a cui non era stata addebitata la separazione stessa; ciò veniva poi rafforzato dalla circostanza che la ricorrente avesse continuato ad abitare nella casa. Sebbene gli atti di disposizione del legato siano incompatibili con la relativa rinuncia, la ricorrente sosteneva che ciò non fosse avvenuto nel caso di specie perché il godimento del bene trovava la propria legittimazione non già nel testamento bensì nel legato ex lege di cui all'art. 540 c.c.  

La Corte censura questa ricostruzione- lineare con le posizioni dottrinarie- poichè contrastante con la giurisprudenza di legittimità. Gli Ermellini, difatti, ricordano come la separazione dei coniugi impedisce il riconoscimento di diritti d'abitazione e d'uso: la cessazione della convivenza difatti fa venir meno il presupposto oggettivo per il riconoscimento dei diritti medesimi. Il diritto di abitazione, nello specifico, sorge solo quando prima della morte di uno dei coniugi vi sia stato un immobile destinato ad abitazione coniugale fino all'apertura della successione, ma non può dirsi lo stesso quando a seguito della separazione viene a mancare la convivenza. La Corte nel caso in analisi sottolinea come sia diversa la situazione in cui la casa familiare sia stata assegnata alla moglie a seguito di accordo di separazione omologato e che la Corte d'appello ha correttamente ritenuto consumata la scelta di cui all'art. 551 c.c.