Di Redazione su Domenica, 15 Maggio 2016
Categoria: Giurisprudenza Consiglio di Stato

Concorsi: rapporti normali tra commissario e candidato, no ad incompatibilità

Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, Sezione III, con Sentenza 28/4/2016 n. 1628.
Per l´orientamento consolidato della giurisprudenza, ha rilevato Palazzo Spada, nelle procedure concorsuali i componenti delle commissioni esaminatrici hanno l´obbligo di astenersi solo se sussiste una delle condizioni tassativamente indicate dall´art. 51 c.p.c., senza che le cause di incompatibilità previste dalla stessa disposizione possano essere oggetto di estensione analogica: l´appartenenza allo stesso ufficio del candidato e il legame di subordinazione o di collaborazione tra i componenti della commissione e il candidato non rientrano nelle ipotesi di astensione di cui all´art. 51 c.p.c. (Consiglio di Stato, sez. V, n. 5618, del 17 novembre 2014; sez. VI, n. 4858 del 27 novembre 2012).
Infatti, ha proseguito la Sezione, i rapporti personali di colleganza o di collaborazione tra alcuni componenti della commissione e determinati candidati ammessi alla prova orale non sono sufficienti a configurare un vizio della composizione della commissione stessa, non potendo le cause di incompatibilità previste dall´art. 51 (tra le quali non rientra l´appartenenza allo stesso ufficio e il rapporto di colleganza) essere oggetto di estensione analogica, in assenza di ulteriori e specifici indicatori di una situazione di particolare intensità e sistematicità, tale da dar luogo ad un vero e proprio sodalizio professionale (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 4789 del 23 settembre 2014).
Pertanto, ha concluso, la conoscenza che alcuno dei membri di una commissione di concorso abbia di un candidato, ove non ricada nelle suddette fattispecie tipiche, non implica di per sé la violazione delle regole dell´imparzialità e nemmeno il sospetto della violazione di tali regole (Consiglio di Stato, sez. V, n. 5618 del 17 novembre 2014, cit.; Cons. Stato, Sez. III, 20 gennaio 2016 n. 192).
Segue Sentenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9463 del 2015, proposto dalla Asl 2 Lanciano - Vasto - Chieti, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall´avv. Germano Belli, con domicilio eletto presso la signora Ida Di Domenica in Roma, via Susa, n. 1;

contro

La signora L.T., rappresentata e difesa dall´avv. Arnaldo Tascione, con domicilio eletto presso lo studio dell´avvocato Lucio Valerio Moscarini in Roma, via Sesto Rufo, n, 23;

nei confronti di

I signori I.F. e D.L.F., rappresentati e difesi dall´avv. Giuseppe Cutilli, con domicilio eletto presso il signor Ignazio Abrignani in Roma, piazzale Belle Arti, n. 8;

i signori C.F., Stura Stefania, Pera Mario Giuseppe, Crocetta Valentina, Iezzi Federica, Innaurato Donato, Esposito Sabina, Lucci Isabella, Del Fine Pietro e Colitto Luigi, non costituitisi nel secondo grado del giudizio;

e con l´intervento di

ad adiuvandum:

la signora M.G., rappresentata e difesa dall´avv. Marcello Russo, con domicilio eletto presso il signor Marco Croce in Roma, via Nizza, n. 63;

sul ricorso numero di registro generale 9774 del 2015, proposto dalla Asl 2 Lanciano - Vasto - Chieti, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall´avv. Germano Belli, con domicilio eletto presso la signora Ida Di Domenica in Roma, via Susa, n. 1;

contro

I signori B.D.S., F.C.;

nei confronti di

I signori F.I., F.D.L.;

per la riforma

quanto al ricorso n. 9463 del 2015, della sentenza del T.a.r. Abruzzo - Sez. staccata di Pescara, n. 402/2015, resa tra le parti;

quanto al ricorso n. 9774 del 2015, della sentenza del T.a.r. Abruzzo - Sez. staccata di Pescara, n. 422/2015, resa tra le parti;

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori L.T., I.F. e D.L.F.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell´udienza pubblica del giorno 31 marzo 2016 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti l´avvocato Germano Belli, l´avvocato Arnaldo Tascione, l´avvocato Marco Croce, su delega dell´avvocato Marcello Russo, e l´avvocato Tiberio Saragò, su delega di Giuseppe Cutilli;

Svolgimento del processo

Con separati ricorsi proposti dinanzi al T.A.R. Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, rispettivamente RG. n. 132/2015 e RG. n. 153/2015, le dott.sse L.T. e B.D.S. hanno chiesto l´annullamento della deliberazione n. 429 del 10 aprile 2015, con la quale il Direttore Generale della ASL 2 Lanciano-Vasto-Chieti ha approvato la graduatoria di merito del concorso pubblico per esami per la copertura n. 4 posti di CPS - tecnico sanitario di laboratorio biomedico, delle deliberazioni n. 141 del 17 febbraio 2014 e n. 173 del 6 febbraio 2015, di costituzione ed integrazione della commissione esaminatrice, nonchè dei verbali n. 1 del 7 aprile 2014, n. 27 del 9 febbraio 2015 e n. 41 del 16 marzo 2015 di svolgimento e di esito della prova orale.

Entrambe hanno partecipato al concorso, non risultando vincitrici (la dott.ssa T. non ha superato la prova orale, mentre la dott.ssa D.S. si è collocata al 77 posto della graduatoria, in posizione non utile per la nomina).

Nel ricorso introduttivo, esse hanno premesso che:

-- l´andamento dell´esame non aveva rispecchiato - a loro dire - l´esito non favorevole;

-- i punteggi elevati erano stati assegnati ai candidati D.L., I. e C. (risultati vincitori di tre dei quattro posti a concorso), che da anni prestano servizio nella stessa struttura in cui hanno svolto la loro attività lavorativa la dott.ssa G. (presidente della commissione esaminatrice) ed il commissario Cappella e che con questi ultimi hanno collaborato anche all´esterno, in occasione di congressi, nella stesura di pubblicazioni ed in attività didattiche;

-- uno dei membri della commissione esaminatrice - il dott. U. - era membro RSU dell´ASL;

-- sussisteva una palese e sottaciuta incompatibilità della dott.ssa G. con la funzione esaminatrice, derivante da uno "stabile sodalizio collaborativo" e di colleganza con alcuni degli esaminandi e, in particolare, con i dott.ri D.L., I. e C., poi risultati vincitori.

A fondamento dei loro ricorsi, le interessate hanno dedotto la violazione dell´art. 35 del D.Lgs. n. 165 del 2001, dell´art. 9 del D.P.R. n. 487 del 1994, degli artt. 97 e 51 della Costituzione e degli artt. 1 e 6 bis della L. n. 241 del 1990, poiché è stato nominato quale membro della Commissione il dott. S.U., R.S.U. dell´amministrazione, e la violazione dell´art. 19 del R.D. n. 12 del 1921, dell´art. 51 c.p.c., poiché è stata nominata quale presidente della commissione la dott.ssa M.G., legata a tre dei candidati risultati vincitori dal sopra descritto "sodalizio relazionale, collaborativo e di colleganza", comprovato dalla comune partecipazione a convegni e dalla redazione di scritti e pubblicazioni.

Con la sentenza n. 402/2015, emessa sul ricorso proposto dalla dott.ssa T., richiamata per relationem nella successiva sentenza n. 422/2015, emessa sul ricorso della dott.ssa D.S., il primo giudice ha accolto i ricorsi, disponendo l´annullamento dei provvedimenti con essi impugnati.

Le due decisioni, aventi stesso contenuto, si fondano su due distinte ragioni:

-- sarebbe dimostrata l´esistenza di rapporti e di comuni interessi di ricerca abbastanza saldi, intensi e continui tra la presidente della commissione e taluni partecipanti al concorso per cui è causa, "di qui l´obbligo di comunicazione e astensione di cui all´articolo 6 bis della L. n. 241 del 1990, essendovi un´obbiettiva ragione sintomatica del venir meno dell´imparzialità nell´attività di

selezione di due candidati con i quali il presidente della commissione ha condiviso le plurime occasioni di studio e ricerca comune";

-- la composizione della commissione risulterebbe viziata anche per la presenza del dott. U., in quanto "il periodo di tempo tra la cessazione dalla carica di rappresentante sindacale e la nomina a membro della commissione di concorso è talmente breve da far ritenere che lo stesso si sia dimesso proprio per partecipare a tale commissione, sicchè tale condotta si presenta, oltre che solo formalmente rispettosa del divieto e quindi elusiva, ancor più sintomatica di una possibile incidenza e proiezione del ruolo dismesso sulla situazione attuale di componente la commissione".

Ha proposto appello avverso le sentenze del TAR la ASL -Lanciano-Vasto-Chieti, deducendo la loro erroneità e prospettando due motivi di impugnazione in seguito esaminati.

Si sono costituiti nel giudizio di appello RG 9463/2015 la ricorrente in primo grado dott.ssa T., che ha chiesto il rigetto dell´appello, ed i signori I.F. e D.L.F., che hanno chiesto, invece, il suo accoglimento.

Nel medesimo giudizio ha proposto intervento ad adiuvandum ed opposizione di terzo la dott.ssa M.G., presidente della commissione esaminatrice.

In prossimità dell´udienza di discussione, le parti hanno depositato memorie e memorie di replica.

All´udienza pubblica del 31 marzo 2016, gli appelli sono stati trattenuti in decisione.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente, ritiene la Sezione di dover riunire gli appelli in considerazione della loro stretta connessione: le due sentenze appellate hanno, infatti, identico contenuto (la sentenza n. 422/2015, infatti, è motivata per relationem rispetto a quella n. 402/2015).

2. Il primo giudice ha rilevato, in estrema sintesi, che:

-- l´interpretazione secondo cui non sussiste l´obbligo di astensione di un componente della commissione giudicatrice di concorso, nel caso in cui il medesimo ed uno dei candidati abbiano pubblicato insieme una o più opere, è maturato "per ragioni pratiche" nell´ambito dei concorsi pubblici a professore universitario, e dunque non si estende ad altre tipologie di procedure concorsuali, essendo derogatorio del principio di imparzialità;

-- l´art. 6 bis della L. n. 241 del 1990 - che ha imposto a tutti i soggetti - che a qualunque titolo esercitano funzioni pubbliche nel corso del procedimento amministrativo - di astenersi "in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale" - si applica anche alle commissioni giudicatrici nei concorsi pubblici che debbono garantire nella loro composizione "trasparenza, obiettività e terzietà di giudizio", rappresentando questi i principi irrinunciabili a tutela della parità di trattamento fra i diversi aspiranti ad un posto pubblico;

-- a tali commissioni debbono applicarsi, quindi, non solo le cause di incompatibilità e di astensione del giudice previste dall´art. 51 c.p.c., ma anche i principi di cui all´art. 97 Cost., così come oggi recepiti e sviluppati dagli articoli 1 e 6-bis della L. n. 241 del 1990;

-- pertanto, qualora sia ipotizzabile un potenziale "conflitto di interessi" - anche atipico, suscettibile in concreto di riflettersi negativamente sull´andamento del procedimento per fatti oggettivi, anche di sola potenziale compromissione dell´imparzialità, oppure tali da suscitare ragionevoli e non meramente strumentali dubbi sulla percepibilità effettiva dell´imparzialità di giudizio nei destinatari dell´attività amministrativa e nei terzi - il soggetto facente parte della commissione giudicatrice deve, innanzi tutto, segnalare all´autorità che lo ha nominato "tale situazione di conflitto, anche potenziale" e poi deve necessariamente astenersi;

-- tra i controinteressati D.L. e I. e la presidente della commissione, vi sono state collaborazioni in modo uniforme dal 2004 al 2013: essi sono stati, infatti, coautori in comunicazioni orali a congressi e nella elaborazione di poster presentati in convegni e congressi oltre ad un articolo scientifico; nell´arco di circa 10 anni i candidati e la presidente hanno condiviso in modo non occasionale, ma prolungato nel tempo, attività di studio e di ricerca, sintomo appunto di una consolidata collaborazione in tale tipo di attività;

-- tra i compiti della commissione, secondo il bando, v´è anche la valutazione dei titoli scientifici e delle pubblicazioni, e la presidente della commissione, pertanto, non poteva non rendersi conto che alla procedura partecipavano anche i controinteressati, con i quali aveva condiviso le indicate attività, e dunque avrebbe avuto l´obbligo di comunicazione e astensione di cui all´articolo 6 bis della L. n. 241 del 1990, essendovi un´obbiettiva ragione sintomatica del venir meno dell´imparzialità nell´attività di selezione di due candidati con i quali ella ha condiviso le plurime occasioni di studio e di ricerca comune.

-- anche ai fini della concorrente applicabilità dell´articolo 51 c.p.c., punto 4), del resto, l´aver contribuito ad una pubblicazione o titolo scientifico equivale ad aver dato il proprio consiglio sull´oggetto (il titolo scientifico) poi sottoposto alla propria valutazione;

-- l´articolo 6 bis della L. n. 241 del 1990 ha trasformato tutte le ipotesi di astensione facoltativa (le altre gravi ragioni di convenienza di cui all´articolo 51 c.p.c.) quantomeno nella fonte dell´obbligo ivi previsto di segnalazione del conflitto di interessi;

-- vi sono in sostanza molteplici elementi che depongono per la manifesta violazione del principio di imparzialità nella composizione della commissione, ed in particolare per la presenza del presidente G., in ragione delle sue pregresse attività con due dei candidati.

3. Con il primo motivo degli atti di appello, la ASL Lanciano-Vasto-Chieti ha censurato le sentenze di primo grado, deducendo l´erronea applicazione dell´art. 97 Cost., dell´art. 6 bis della L. n. 241 del 1990 e dell´art. 51 c.p.c., oltre un travisamento dei fatti.

L´appellante ha rilevato che in materia concorsuale le cause di incompatibilità di cui all´art. 51 c.p.c. rivestono carattere tassativo e dunque non possono essere interpretate analogicamente al fine di tutelare la certezza dell´azione amministrativa e la stabilità delle commissioni di esame.

L´Amministrazione ha dedotto che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza, perché vi sia l´obbligo di astensione, deve essere dimostrata la sussistenza di un rapporto di lavoro o professionale stabile con la presenza di interessi economici, ovvero di un rapporto personale di tale intensità da far sorgere il sospetto che il giudizio non sia stato improntato al rispetto del principio di imparzialità.

Essa ha aggiunto che - contrariamente a quanto sostenuto nelle sentenze appellate - la pubblicazione di opere da parte di un componente della commissione, unitamente ad un candidato, non costituisce motivo di astensione in ogni tipologia di concorso, e non solo in quelli universitari, ed ha poi ribadito l´affermazione del principio di tassatività delle cause di astensione, contestando l´interpretazione analogica seguita dal T.A.R., fondata sull´applicazione degli artt. 1 e 6 bis della L. n. 241 del 1990, foriera di incertezze applicative.

L´appellante ha poi contestato la sussistenza di motivi di incompatibilità tra la presidente G. ed i candidati D.L. e I., sottolineando che le relazioni intercorse tra le parti sono riconducibili a ordinari rapporti di colleganza e professionali, non tali da comportare - secondo la giurisprudenza consolidata - l´obbligo di astensione.

4. Ritiene la Sezione che tale censura sia fondata.

L´art. 51 c.p.c., al primo comma, prevede per il membro della commissione di concorso l´obbligo di astensione " 1) se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto; 2) se egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori; 3) se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori; 4) se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico; 5) se è tutore, curatore, amministratore di sostegno, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o gerente di un ente, di un´associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa".

Il secondo comma prevede, poi, che in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza il commissario può richiedere di astenersi.

Per l´orientamento consolidato della giurisprudenza, nelle procedure concorsuali i componenti delle commissioni esaminatrici hanno l´obbligo di astenersi solo se sussiste una delle condizioni tassativamente indicate dall´art. 51 c.p.c., senza che le cause di incompatibilità previste dalla stessa disposizione possano essere oggetto di estensione analogica: l´appartenenza allo stesso ufficio del candidato e il legame di subordinazione o di collaborazione tra i componenti della commissione e il candidato non rientrano nelle ipotesi di astensione di cui all´art. 51 c.p.c. (Consiglio di Stato, sez. V, n. 5618, del 17 novembre 2014; sez. VI, n. 4858 del 27 novembre 2012).

I rapporti personali di colleganza o di collaborazione tra alcuni componenti della commissione e determinati candidati ammessi alla prova orale non sono sufficienti a configurare un vizio della composizione della commissione stessa, non potendo le cause di incompatibilità previste dall´art. 51 (tra le quali non rientra l´appartenenza allo stesso ufficio e il rapporto di colleganza) essere oggetto di estensione analogica, in assenza di ulteriori e specifici indicatori di una situazione di particolare intensità e sistematicità, tale da dar luogo ad un vero e proprio sodalizio professionale (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 4789 del 23 settembre 2014).

Pertanto, la conoscenza che alcuno dei membri di una commissione di concorso abbia di un candidato, ove non ricada nelle suddette fattispecie tipiche, non implica di per sé la violazione delle regole dell´imparzialità e nemmeno il sospetto della violazione di tali regole (Consiglio di Stato, sez. V, n. 5618 del 17 novembre 2014, cit.; Cons. Stato, Sez. III, 20 gennaio 2016 n. 192).

L´art. 51 non è dunque suscettibile di applicazione analogica (arg. ex Cons. St., VI, 3 marzo 2007, n. 1011; id., 26 gennaio 2009, n. 354; id., 19 marzo 2013, n. 1606; Cons. Stato, Sez. III, 2 aprile 2014, n. 1577).

Con argomentazioni che il Collegio condivide e fa proprie, questo Consiglio ha rilevato che la semplice sussistenza di rapporti accademici o di ufficio tra commissario e candidato non è idonea ad integrare gli estremi delle cause d´incompatibilità normativamente previste (salva la spontanea astensione di cui al capoverso dell´art. 51, c.p.c.), a meno che i rapporti personali o professionali non siano di rilievo ed intensità tali da far sorgere il sospetto che il candidato sia giudicato non in base al risultato delle prove, bensì in virtù delle conoscenze personali (Cons. Stato, Sez. VI, 13 settembre 2012 n. 4858).

Perché i rapporti personali assumano rilievo, deve trattarsi di rapporti diversi e più saldi di quelli che di regola intercorrono tra maestro ed allievo o tra soggetti che lavorano nello stesso ufficio, essendo rilevante e decisiva la circostanza che il rapporto tra commissario e candidato, trascendendo la dinamica istituzionale delle relazioni docente/allievo, si sia concretato in un autentico sodalizio professionale, in quanto tale "connotato dai caratteri della stabilità e della reciprocità d´interessi di carattere economico" (Cons. Stato, Sez. VI, n. 4015 del 2013), in "un rapporto personale di tale intensità da fare sorgere il sospetto che il giudizio non sia stato improntato al rispetto del principio di imparzialità" (Cons. Stato, Sez. VI, 27 aprile 2015, n. 2119).

Con riferimento all´applicazione degli artt. 1 e 6 bis della L. n. 241 del 1990 alle commissioni di concorso, la giurisprudenza ha escluso che essi possano aver inciso sui principi consolidati in materia, rilevando che "il dovere di astensione è (...) funzionale al principio di imparzialità della funzione pubblica, di rilievo costituzionale ex art. 97 della Costituzione, così come recepito dagli artt. 1 e 6-bis, della L. n. 241 del 1990, che deve orientare l´interprete ad un´applicazione ragionevole delle disposizioni in materia, rifuggendo da orientamenti formalistici e riconoscendo invece il giusto valore a quelle situazioni sostanziali suscettibili in concreto di riflettersi negativamente sull´andamento del procedimento per fatti oggettivi, anche di sola potenziale compromissione dell´imparzialità, oppure tali da suscitare ragionevoli e non meramente strumentali dubbi sulla percepibilità effettiva dell´imparzialità di giudizio nei destinatari dell´attività amministrativa e nei terzi": le cause di incompatibilità rivestono un carattere tassativo e sfuggono all´applicazione analogica (Consiglio di Stato, Sezione VI, 3 marzo 2007, n. 1011; 26 gennaio 2009, n. 354; 19 marzo 2013, n. 1606) poiché va tutelata l´esigenza di certezza dell´azione amministrativa e, in particolare, la regolarità della composizione delle commissioni giudicatrici (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 9 luglio 2015 n. 3443).

Seguendo la tesi analogica, infatti, non vi sarebbe più alcuna certezza in merito alla stabilità delle commissioni di esame, potendo essere messa in discussione l´imparzialità dei suoi componenti sulla base di qualunque elemento induttivo che potrebbe essere considerato soggettivamente in grado di inficiare l´imparzialità della commissione d´esame: la tesi tradizionale, invece, che si basa sull´art. 51 c.p.c., soddisfa pienamente l´esigenza del rispetto del principio di imparzialità di rilevanza costituzionale, delimitando nel contempo le ipotesi di incompatibilità, perseguendo in questo modo l´esigenza di garantire la certezza giuridica.

Inoltre, nel conflitto tra le norme, deve prevalere la disciplina speciale - relativa al regime delle incompatibilità - con quella generale propria del procedimento amministrativo, anche se cronologicamente successiva.

5. Alla luce di questi principi, deve ritenersi insussistente l´incompatibilità tra la presidente dott.ssa G. ed i candidati D.L. ed I., in quanto dalla documentazione versata in atti si evince che

- la presidente della commissione ed i vincitori del concorso hanno partecipato assieme a quattro congressi nell´arco di un considerevole lasso di tempo a) 20 Congresso Simel, 2006, b) Congresso Sibioc, 2008, c) 1 Congresso Medicina di Laboratorio, 2011, d) 27 Congresso Simel, 2013: cfr. doc. 6 fascicolo di parte ricorrente in primo grado.

- i lavori svolti congiuntamente sono nove, di cui due comunicazioni orali, sei posters ed una pubblicazione.

Le due comunicazioni orali ed i cinque posters sono tutti lavori svolti nell´ambito di convegni.

Ciascuno di essi occupa meno di mezza pagina ed è co-firmato dalle sei alle undici persone.

L´unico articolo scientifico risulta firmato dott.ssa G. e da altre sei persone (tra cui i due candidati in questione) e risale all´anno 2005.

Correttamente, dunque, la difesa dell´appellante sostiene che - tenendo conto di detto quadro fattuale - non appare possibile ipotizzare l´esistenza di alcun sodalizio tra le parti, né può ritenersi - in quanto smentito dalla documentazione versata in atti - che la presidente dott.ssa G. abbia contribuito alla formazione di titoli scientifici, mentre risulta provato che i titoli prodotti dai candidati D.L. e I. sono stati valutati secondo gli stessi parametri utilizzati per tutti gli altri candidati (cfr. doc. depositati il 18 febbraio 2016).

Il primo motivo di appello è dunque fondato.

6. Anche il secondo motivo, con il quale la ASL ha dedotto la violazione dell´art. 35, comma 1, del D.Lgs. n. 165 del 2001 ed il vizio di travisamento dei fatti è fondato, in quanto nessuna incompatibilità è configurabile a causa della presenza nella commissione di concorso del dott. S.U., tenuto conto che egli aveva rassegnato le proprie dimissioni da membro della RSU dell´ASL anteriormente alla nomina a commissario.

Non può condividersi quanto rilevato dal primo giudice, secondo cui "il periodo di tempo tra la cessazione dalla carica di rappresentante sindacale e la nomina a membro della commissione di concorso è talmente breve da far ritenere che lo stesso si sia dimesso proprio per partecipare a tale commissione, sicchè tale condotta si presenta, oltre che solo formalmente rispettosa del divieto e quindi elusiva, ancor più sintomatica di una possibile incidenza e proiezione del ruolo dismesso sulla situazione attuale di componente la commissione".

Infatti, l´art. 35, comma 1, del D.Lgs. n. 165 del 2001 non impone alcun termine minimo tra la cessazione della carica di rappresentante sindacale e la possibilità di un soggetto di essere nominato a membro di una commissione esaminatrice di un pubblico concorso, e dunque, in mancanza di qualunque parametro normativo, non può fondarsi la pretesa incompatibilità su un dato temporale opinabile (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 11 dicembre 2013, n. 5947).

Nel caso di specie, il dott. S.U. ha rassegnato le proprie dimissioni da rappresentante sindacale il 21 dicembre 2012, mentre la sua nomina a membro della commissione è stata disposta con la delibera del Direttore Generale n. 141 del 17 febbraio 2014, dopo quasi due anni.

7. Gli appelli devono essere dunque accolti e per l´effetto, in integrale riforma della sentenza di primo grado, devono essere respinti i ricorsi di primo grado.

Le spese di lite dei due gradi possono invece compensarsi tra le parti, ricorrendo giusti motivi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) riunisce gli appelli RG. 9463/2015 e 9774/2015, li accoglie e, per l´effetto, in integrale riforma delle sentenze impugnate, respinge i ricorsi di primo grado.

Spese compensate dei due gradi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall´autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 marzo 2016 con l´intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Carlo Deodato, Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere

Pierfrancesco Ungari, Consigliere

Stefania Santoleri, Consigliere, Estensore