Con l'ordinanza n. 25464 dello scorso 12 novembre in materia di compensi per le prestazioni giudiziali ed eccezione di inadempimento, la VI sezione civile della Corte di Cassazione ha cassato una sentenza che, dopo aver negato il diritto al compenso professionale di un avvocato per alcune negligenze professionali a lui imputabili in causa da lui patrocinata, aveva poi rigettato la domanda risarcitoria avanzata dalla propria cliente.
Si è difatti specificato che "nell'ipotesi in cui un'azione giudiziale svolta nell'interesse del cliente, non abbia potuto conseguire alcun risultato utile, anche a causa della negligenza o di omissioni del professionista, non è solo per questo ravvisabile un'automatica perdita del diritto al compenso da parte del professionista, ove non sia dimostrata la sussistenza di una condotta negligente causativa di un effettivo danno, corrispondente al mancato riconoscimento di una pretesa con tutta probabilità fondata".
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dalla richiesta di un legale volta ad ottenere il saldo delle competenze legali, maturate per aver instaurato, nell'interesse di una società, un giudizio avverso la propria società di assicurazione.
Quel giudizio si era concluso con il rigetto della domanda avanzata dal legale per conto della società, per aver il difensore tardivamente prodotto delle prove necessarie per l'accoglimento della domanda.
Alla luce di tanto, la società si opponeva alla richiesta di pagamento del compenso e chiedeva che il legale fosse condannato al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità professionale per le manchevolezze a lui riconducibili nello svolgimento dell'attività difensiva.
Il Tribunale di Roma rigettava la domanda.
La Corte d'appello di Roma dichiarava che la società nulla doveva all'avvocato a titolo di onorari professionali, a causa della sua negligenza nello svolgimento dell'attività difensiva; veniva respinta, tuttavia, la domanda avanzata dal cliente diretta al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità professionale.
Ricorrendo in Cassazione, il legale eccepiva violazione dell'art. 2229 c.c. e dell'art. 2233 c.c., comma 1, per avere la sentenza ritenuto inesistente il diritto del professionista al pagamento del compenso professionale, pur avendo escluso l'esistenza di una negligenza tale da causare il danno lamentato dal cliente con la richiesta di risarcimento danni da responsabilità professionale.
La Cassazione condivide la doglianza del ricorrente.
In punto di diritto, la Corte ricorda che il cliente, qualora sia convenuto per il pagamento dei compensi della prestazione giudiziale resa dal proprio legale, può opporre l'eccezione di inadempimento di cui all'art. 1460 c.c. se l'avvocato abbia violato l'obbligo di diligenza professionale, purché la negligenza sia idonea a incidere sugli interessi del cliente, non potendo il professionista garantire l'esito comunque favorevole del giudizio ed essendo contrario a buona fede l'esercizio del potere di autotutela ove la negligenza nell'attività difensiva, secondo un giudizio probabilistico, non abbia pregiudicato le possibilità di vittoria.
Difatti, la giurisprudenza è granitica nel ritenere che nell'ipotesi in cui un'azione giudiziale svolta nell'interesse del cliente non abbia potuto conseguire alcun risultato utile, anche a causa della negligenza o di omissioni del professionista, non è solo per questo ravvisabile un'automatica perdita del diritto al compenso da parte del professionista, ove non sia dimostrata la sussistenza di una condotta negligente causativa di un effettivo danno, corrispondente al mancato riconoscimento di una pretesa con tutta probabilità fondata.
Con specifico riferimento al caso di specie, la Corte rileva come la sentenza impugnata, pur avendo evidenziato alcune negligenze professionali imputabili all'avvocato nella causa nella quale egli aveva assistito la società, aveva poi rigettato la domanda risarcitoria avanzata da quest'ultima, limitandosi a riconoscere soltanto l'insussistenza del diritto al compenso professionale.
Con tale ragionamento, quindi, la corte di merito non ha fatto buon governo dei principi giurisprudenziali sopra citati perché, mentre da un lato ha riconosciuto la sostanziale irrilevanza delle negligenze imputate all'avvocato in relazione alla causa di responsabilità professionale, ha poi, contraddittoriamente, negato il diritto del professionista al compenso.
Viceversa, un ragionamento più rigoroso avrebbe imposto alla Corte di merito, data l'ininfluenza delle negligenze, di approfondire le ragioni per le quali aveva negato il diritto al compenso professionale, apparendo l'eccezione di inadempimento impropriamente applicata.
In ragione di tanto, la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.