Con l'ordinanza n. 18047 dello scorso 6 giugno, la II sezione civile della Corte di Cassazione – pronunciandosi in materia di spese legali – ha specificato quando è possibile operare una riduzione del 30 % del compenso per l'avvocato che, assistendo più soggetti aventi la stessa posizione processuale, non debba esaminare l'esame di specifiche e distinte questioni di fatto e di diritto.
Si è difatti specificato che "l'aumento per il numero dei soggetti non implica di necessità la previa riduzione del 30%, potendo una tale evenienza ricorrere o meno, sicché spetta all'esclusivo appannaggio discrezionale del giudice del merito individuare il sussistere della condizione per operare la riduzione".
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'instaurazione di una comunione ereditaria immobiliare fra alcuni fratelli; dopo un ventennio di contrasti, le parti sottoscrivevano una convenzione transattiva divisionale, affidando, di comune accordo, ad un ingegnere lo svolgimento delle conseguenti attività di frazionamento e localizzazione dei confini.
Concluse le predette operazioni peritali, una coerede decideva di non firmare il tipo di frazionamento predisposto dal tecnico, sicché gli altri eredi la citavano in giudizio chiedendo che, dichiarata l'autenticità delle firme apposte al contratto di transazione, ne fosse ordinata l'esecuzione.
Il Tribunale di Brescia, in accoglimento della domanda, disponeva la trascrizione del contratto, con condanna della convenuta a rifondere le spese del giudizio.
Pronunciandosi sull'appello proposto dall'originaria convenuta, la Corte d'appello di Brescia, rigettava l'impugnazione e condannava l'appellante alle spese del grado, fatta applicazione dell'aumento del 20% previsto dall' art. 4, comma 2 del D.M. n. 55 del 2014 per l'assistenza a sette parti appellate con identica posizione processuale.
La coerede dissidente proponeva, quindi, ricorso in Cassazione, deducendo falsa applicazione dell'art. 4 comma 4, del D.M. 55/2014 in relazione al capo del regolamento delle spese.
In particolare, la ricorrente si doleva per non aver la Corte d'appello tenuto conto del contenuto del citato art. 4, comma 4, il quale prevede di regola la riduzione del 30%, ove non emerga la necessità di specifiche e distinte questioni in fatto e in diritto.
La Cassazione non condivide le doglianze sollevate dalla ricorrente.
La Corte ricorda che, ai sensi del comma 4 dell'art. 4 del D.M. 55/2014, "nell'ipotesi in cui, ferma l'identità di posizione processuale dei vari soggetti, la prestazione professionale nei confronti di questi non comporta l'esame di specifiche e distinte questioni di fatto e di diritto, il compenso altrimenti liquidabile per l'assistenza di un solo soggetto è di regola ridotto del 30 per cento".
Ai sensi del comma 2 del medesimo articolo 4 del D.M. 55/2014, invece, "quando in una causa l'avvocato assiste più soggetti aventi la stessa posizione processuale, il compenso unico può di regola essere aumentato per ogni soggetto oltre il primo nella misura del 20 per cento, fino a un massimo di dieci soggetti, e del 5 per cento per ogni soggetto oltre i primi dieci, fino a un massimo di venti. La disposizione di cui al periodo precedente si applica quando più cause vengono riunite, dal momento dell'avvenuta riunione e nel caso in cui l'avvocato assiste un solo soggetto contro più soggetti".
In relazione al confronto fra il secondo e il comma 4, gli Ermellini specificano che non sussiste univoca corrispondenza tra l'ipotesi contemplata dal comma 2, di "più soggetti aventi la stessa posizione processuale" e quella contemplata dal comma 4, che, ritaglia dalla prima categoria la ipotesi in cui non occorra affrontare "specifiche e distinte questioni di fatto e di diritto".
Da ciò consegue che l'aumento per il numero dei soggetti non implica di necessità la previa riduzione del 30%, potendo una tale evenienza ricorrere o meno, sicché spetta all'esclusivo appannaggio discrezionale del giudice del merito individuare il sussistere della condizione per l'operare della riduzione.
Con specifico riferimento al caso di specie, la Cassazione evidenzia la correttezza della statuizione sulle spese operata dalla decisione impugnata.
Alla luce di tanto, la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti.