Con l'ordinanza n. 24120 dello scorso 30 ottobre, la II sezione civile della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di una opposizione a un decreto ingiuntivo col quale erano stati liquidati dei compensi legali, ha escluso che il cliente, proponendo un'opposizione generica, non potesse più sollevare la relativa contestazione di tutte le voci indicate in parcella.
Si è difatti specificato che "in tema di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di diritti ed onorari di avvocato o procuratore, la contestazione comunque mossa dell'opponente circa la pretesa fatta valere dall'opposto sulla base della parcella corredata dal parere del Consiglio dell'Ordine, non deve avere carattere specifico, potendo essere anche generica, risultando comunque idonea ad investire il giudice del potere - dovere di dar corso alla verifica della fondatezza della contestazione e, correlativamente, a determinare l'onere probatorio a carico del professionista in ordine all'attività svolta e alla corretta applicazione della tariffa".
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dal deposito di un ricorso per decreto ingiuntivo con cui un legale chiedeva il pagamento di Euro 16.705,04, a titolo di compensi maturati per l'attività di patrocinio in un procedimento dinanzi alla Corte d'appello di Milano, definito con sentenza.
Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, la cliente, opponendosi alla domanda avanzata, denunciava l'incongruità del compenso richiesto, in quanto lo stesso ricomprendeva anche taluni atti mai redatti e consulenze con il cliente mai espletate.
Il Tribunale di Lecce respingeva l'opposizione, confermando il decreto opposto.
La Corte di appello di Lecce riformava la sentenza di primo grado, rilevando che – nel termine di cui all'art. 183 c.p.c., comma 6 – l'opponente aveva contestato, seppure genericamente, le prestazioni elencate nella nota specifica depositata in giudizio, sicché era onere del difensore dar prova dell'attività svolta.
Il legale proponeva, quindi, ricorso in Cassazione per violazione degli artt. 115, 167 e 183 c.p.c., sostenendo come, nell'atto di opposizione, non era stata sollevata alcuna contestazione circa l'effettivo svolgimento dell'attività difensiva o sulle voci indicate nella parcella, mentre, nel termine di cui all'art. 183 comma 6 c.p.c., l'opponente aveva solo contestato genericamente talune attività.
Alla luce di tanto, il ricorrente rilevava come non fosse ammissibile nel corso del giudizio dedurre motivi nuovi o modificare la domanda oggetto di opposizione, occorrendo una contestazione specifica delle singole voci indicate nella nota, in mancanza della quale le singole attività ivi elencate dovevano considerarsi provate.
La Cassazione non condivide le doglianze sollevate del ricorrente.
La Corte ribadisce che le contestazioni riguardanti la spettanza del compenso, con riferimento alle prestazioni effettivamente svolte, non sostanziano il contenuto di una domanda giudiziale, ma costituiscono una mera difesa, ossia una negazione del fatto costitutivo della domanda monitoria, che la parte può certamente proporre nel termine di cui all'art. 183 c.p.c., comma 6, nel rispetto del generale delle preclusioni.
In particolare, nel giudizio ordinario di cognizione, sino al termine ultimo di siffatte memorie è consentito ancora alle parti di precisare e modificare, sia allegando nuovi fatti - diversi da quelli indicati negli atti introduttivi - sia revocando espressamente la non contestazione dei fatti già allegati, sia ancora deducendo una narrazione dei fatti alternativa e incompatibile con quella posta a base delle difese precedentemente svolte.
Ne deriva che la mancata tempestiva contestazione, sin dalle prime difese, dei fatti allegati dall'attore, può essere proposta nei termini previsti per il compimento delle attività processuali consentite dall'art. 183 c.p.c., risultando preclusa solo all'esito della fase di trattazione.
Circa il contenuto della contestazione delle singole prestazioni indicate in parcella, si è inoltre specificato che in tema di opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di diritti ed onorari di avvocato o procuratore, la contestazione comunque mossa dell'opponente circa la pretesa fatta valere dall'opposto sulla base della parcella corredata dal parere del Consiglio dell'Ordine, non deve avere carattere specifico, potendo essere anche generica, risultando comunque idonea ad investire il giudice del potere - dovere di dar corso alla verifica della fondatezza della contestazione e, correlativamente, a determinare l'onere probatorio a carico del professionista in ordine all'attività svolta e alla corretta applicazione della tariffa.
Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come l'opponente, nelle memorie ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1, riservandosi di meglio provare come erano andati effettivamente i fatti, aveva posto in discussione la spettanza del compenso del professionista sia per l'attività di "consultazioni con il cliente", che per quella di " redazione delle comparse e degli altri di causa", con deduzione sufficiente a traslare sul difensore l'onere della prova dell'attività espletata.
In virtù di tanto, la Corte rigetta il ricorso.