I giudici della Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 10977 del 12 marzo 2018, hanno stabilito che commette reato di appropriazione indebita l´avvocato che trattiene somme ricevute direttamente dal debitore del proprio cliente a giustificazione di una compensazione con crediti pregressi che l´avvocato aveva col proprio cliente.
I fatti
Era accaduto che con la sentenza della Corte di Appello di Bologna era stata confermata la sentenza emessa dal giudice di primo grado che aveva dichiarato responsabile penalmente del reato di cui all´art. 646 c.p. un avvocato che aveva trattenuto a compensazione di un pregresso suo credito somme dirette al proprio cliente.
La sentenza emessa dalla Corte di Appello di Bologna veniva impugnata per cassazione per i seguenti motivi: a) violazione di legge e vizio della motivazione in relazione all´art. 646 c.p. per essere insussistente la dimostrazione della presenza dell´elemento soggettivo del reato e dell´animus possidendi. La difesa del ricorrente sosteneva infatti che dalla circostanza di fatto relativa all´indicazione dell´ Iban da parte dell´avvocato alla società debitrice della propria cliente, ove sono state poi accreditare le somme, non può desumersi provato il dolo in capo allo stesso ne tanto meno l´animus possidendi; b) violazione di legge e vizio della motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche per la minima intensità del dolo.
Ragioni della decisione
I giudici della Seconda Sezione Penale della Corte hanno ritenuto del tutto infondati i motivi proposti col ricorso. Con riferimento al primo motivo i giudici di legittimità hanno ritenuto che fossero delle valutazioni di merito, che sono insindacabili nel giudizio di legittimità, in quanto il metodo di valutazione delle prove utilizzato dalla Corte territoriale doveva considerarsi conforme ai principi giurisprudenziali e non presenta vizi logici (Sez. U., n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. U., n. 12 del 31.5.2000, Sakani, Rv. 216260; Sez. U. n. 47289 del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074). Inoltre i giudici della Corte hanno voluto precisare che " quand´anche sussistessero eventuali crediti professionali, secondo la condivisa giurisprudenza di questa Corte (Sez. 2, n. 293 del 04/12/2013, Rv. 257317), nel reato di appropriazione indebita non opera il principio della compensazione con credito preesistente, allorchè si tratti di crediti non certi, nè liquidi ed esigibili."
Con riferimento al secondo motivo del ricorso, i giudici di legittimità hanno ritenuto corretta la decisione della Corte di Appello in quanto l´elemento della incensuratezza, dell´imputato dopo la modifica dell´art. 62 bis disposta con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92, non è più sufficiente per la concessione delle attenuanti. (Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, Rv. 260610).
Per tali motivi il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Si allega sentenza
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