I giudici della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 12779 del 16 marzo 2017, hanno ribadito il principio secondo cui l´automobilista che viene fatto oggetto di notifica di contravvenzione per violazione del Codice della Strada che falsamente indica che al volante si trovava una terza persona, deve considerarsi responsabile del reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico p e p dall´art. 483 del codice penale.
I giudici della Cassazione hanno avuto modo di affermare che il reato di cui all´art. 483 cod. pen. sussiste tutte le volte in cui la dichiarazione mendace resa dal privato debba essere trasfusa in un atto pubblico destinato a provare la verita` dei fatti attestati. Mentre il reato di cui all´art. 479 c.p., falsità ideologica commesso dal pubblico ufficiale, è ravvisabile soltanto in relazione a ciò che il pubblico funzionario attesta , come propria ed autonoma dichiarazione, nel documento di cui è autore.
Nel caso in esame l´imputata era stata chiamata a rispondere del reato di falso ideologico in quanto aveva trasmesso alla Polizia Municipale, che le aveva notificato il verbale di contravvenzione al C.d.S per uso del cellulare mentre si trovava alla guida, una dichiarazione in cui si affermava, che il conducente era il padre della stessa. Tale circostanza era stata ritenuta dai giudici di merito falsa in base alle dichiarazioni rese dal verbalizzante della contravvenzione, per il quale il conducente dell´auto era una donna. Da qui la condanna dei giudici di primo e secondo grado.
La sentenza emessa dalla Corte di Appello di conferma della condanna pronunciata dal giudice di primo grado, veniva impugnata avanti la Corte di Cassazione .
I giudici della V Sezione hanno respinto le censure mosse dalla difesa dell´imputata richiamando i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di reato di falso ideologico commesso dal privato secondo cui sussiste la responsabilità penale " allorchè la dichiarazione del privato sia trasfusa in un atto pubblico destinato a provare la verità dei fatti attestati, il che avviene quando la legge obblighi il privato a dichiarare il vero ricollegando specifici effetti al documento nel quale la dichiarazione è inserita dal pubblico ufficiale ricevente (Sez. 5, n. 39215 del 04/06/2015, Cremonese, Rv. 264841; Sez. 5, n. 18279 del 02/04/2014, Scalici, Rv. 259883).
Per tali ragioni il ricorso è stato rigettato e l´imputata condannata alle spese processuali.
Si allega sentenza
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