Di Rosalia Ruggieri su Sabato, 16 Giugno 2018
Categoria: Fisco e Tributi

Commercialista con funzioni di sindaco, SC: “Non è dovuta l’IRAP se i redditi sono scorporabili”.

Con la pronuncia n. 14790 dello scorso 7 giugno in tema di IRAP dovuta dal commercialista che svolga anche la professione di sindaco e revisore dei conti, la VI sezione civile della Corte di Cassazione ha ribadito che, "il commercialista, che sia anche amministratore, revisore e sindaco di società, non è soggetto a IRAP per il reddito netto di tali attività, purché risulti possibile, in concreto, lo scorporo delle diverse categorie di compensi conseguiti e verificare l'esistenza dei presupposti impositivi per ciascuno dei settori interessati; rimane soggetta a imposizione fiscale unicamente l'eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata" .

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende spunto dal ricorso di un contribuente il quale impugnava la sentenza della CTR della Lombardia, sezione di Brescia, relativa al silenzio rifiuto serbato dall'Agenzia delle Entrate, nei confronti della istanza di rimborso dell'IRAP per l'anno 2009 e 2010.

Più nel dettaglio, il ricorrente – commercialista che svolgeva anche le funzioni di revisore dei conti e sindaco – sosteneva che, in relazione ai compensi maturati per l'attività, svolta negli anni 2009-2010, di sindaco di società, non fosse dovuto il pagamento dell'IRAP. 

Durante il giudizio di merito, la Commissione tributaria aveva accertato sia che i beni strumentali del professionista eccedevano il "minimo indispensabile", sicché il requisito dell'autonoma organizzazione doveva ritenersi integrato, sia che i compensi maturati in relazione all'attività di sindico non erano scomputabili dagli altri percepiti.

Ricorrendo in Cassazione, la difesa del commercialista rilevava, in relazione al requisito dell'autonoma organizzazione, che la sentenza impugnata, con motivazione sono apparente, avesse apoditticamente sostenuto che i beni strumentali superassero il minimo indispensabile, senza esaminare la natura e il relativo costo e, quindi, senza prendere in considerazione né le specifiche censure si erano mosse né i documenti prodotti (quadro RE dei modelli unici 2009 e 2010 e fatture di acquisto dei beni utilizzati, registro dei beni ammortizzabili) nel corso del giudizio innanzi alla Commissione. Inoltre, la difesa del professionista evidenziava, richiamando la giurisprudenza formatasi sul punto, che i compensi derivanti dall'attività di sindaco fossero scomputabili, sicché era possibile verificare l'esistenza dei presupposti impositivi per ciascuno dei settori interessati. 

La Cassazione non condivide le difese formulate dal ricorrente, sia in relazione al requisito dell'autonoma organizzazione che in relazione alla scomputabilità dei compensi.

Sotto il primo aspetto è bene ricordare che, come noto, l'Irap è un'imposta dovuta da tutti coloro che esercitano abitualmente un'attività autonomamente organizzata, diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi.

Proprio in relazione all'Irap dovuta dal commercialista, la giurisprudenza (Cass. n. 4246 del 2016 e sent. ivi cit.) ha chiarito che l'attività del commercialista, per essere soggetta a IRAP, deve possedere il requisito dell'autonoma organizzazione, la quale sussiste solo se il professionista adopera beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile ovvero ricorre in modo non occasionale al lavoro di terzi: quando ciò accade la capacità produttiva aggiuntiva rispetto a quella personale del professionista sconta l'imposizione per il "surplus" di quanto ottenuto mercé una struttura organizzativa che sia servente rispetto all'opera intellettuale svolta con le proprie conoscenze e gli strumenti minimi indispensabili.

Nella sentenza in commento, gli Ermellini sottolineano come l'accertamento di fatto compiuto in sede di merito, anche in relazione ai documenti prodotti, avesse evidenziato che l'attività professionale del commercialista - svolta in forma associata - era espletata congiuntamente con quella relativa agli incarichi di sindaco e amministratore di società tanto da costituire "sostanzialmente un'attività unitaria", nella quale i beni strumentali erano "parametrati all'attività dal medesimo svolta di revisore per più di 20 società".

In relazione all'aspetto della scomputabilità dei compensi, e con specifico riferimento ai redditi realizzati dal libero professionista nell'esercizio di attività sindaco, amministratore di società, consulente tecnico, si è consolidato (Cass. n. 10594 del 2007, n. 15893 del 2011 e n. 3434 del 2012) il principio secondo cui è soggetta a imposizione fiscale unicamente l'eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata dell'opera individuale; di contro, non è soggetto a imposizione quel segmento di ricavo netto consequenziale a quell'attività specifica, purché risulti possibile, in concreto, lo scorporo delle diverse categorie di compensi conseguiti e si possa verificare l'esistenza dei presupposti impositivi per ciascuno dei settori interessati. Tale accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato.

Nel caso in esame, il commercialista – di fronte alla precisa presa di posizione delle sentenze di primo e secondo grado nella parte in cui avevano rilevato che lo scorporo non fosse possibile – non aveva preso specifica posizione sul punto, limitandosi genericamente a contestare la legittimità dell'accertamento sui benefici riflessi e indiretti sull'attività individuale, dell'appartenenza del professionista a un'associazione professionale, censurando erroneamente, la violazione del canone sul riparto dell'onere della prova.

In conclusione la Cassazione – rilevata la sussistenza dei presupposti per l'imposizione fiscale – rigetta il ricorso . 

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