Di Redazione su Mercoledì, 28 Febbraio 2018
Categoria: Avvocatura, Ordini e Professioni

CNF: "Avvocati non tenuti a redigere preventivo ma solo a comunicazione scritta ad incarico rilasciato"

Con una nota dell´ufficio Studi, il Consiglio Nazionale Forense ha reinterpretato la norma, introdotta dalla legge n. 124/2017 (Legge "Concorrenza") che, come noto, ha introdotto, per i liberi professionisti, l´obbligo di rilasciare al cliente, all´atto dell´assunzione dell´incarico, un preventivo scritto, recante le caratteristiche indicate dalla norma, e in particolare l´indicazione espressa del costo della prestazione, distinto tra spese e compensi.



Tale obbligo, tuttavia, secondo l´ufficio Studi del Consiglio Nazionale Forense, non si applica affatto agli avvocati, ma solo agli altri liberi professionisti. In altre parole, gli avvocati non sono tenuti a rilasciare ai propri clienti alcun preventivo scritto al momento del conferimento della procura o comunque dell´assunzione di un incarico stragiudiziale o giudiziale, perché per essi, spiega l´ufficio Studi, ciò che conta è applicare pedissequamente quanto stabilito dall´art. 13 della Legge Professionale, che, avendo un carattere di specialità, sopravvive e mantiene intatta la propria efficacia nonostante lo jus superveniens rappresentato dalla Legge "Concorrenza".



La norma dell´ordinamento Forense richiamata espressamente è il comma 5 dell´art. 13, del seguente tenore:

"Il professionista è tenuto, nel rispetto del principio di trasparenza, a rendere noto al cliente il livello della complessità dell´incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell´incarico ed è altresì tenuto a comunicare in forma scritta a colui che conferisce l´incarico professionale la prevedibile misura del costo della prestazione, distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e compenso professionale".

Disposizione, secondo l´ufficio Studi, la cui applicazione non è affatto riferita temporalmente al momento dell´assunzione dell´incarico ma in ogni momento nel quale l´espletamento dello stesso abbia a perdurare.



Pertanto, differentemente da tutti gli altri professionisti, i cui ordinamenti non contemplano norme ad hoc di questo genere, gli avvocati sono e rimangono semplicemente tenuti a comunicare ai propri clienti, anche dopo essere da questi nominati propri difensori - e quindi anche dopo la formale assunzione dell´incarico legale conferito - i costi della propria prestazione. Una comunicazione, pertanto, che può essere successiva, e non necessariamente preventiva come inizialmente ritenuto, anche dal Consiglio Nazionale Forense, che all´indomani del decreto concorrenza aveva anche proposto sul proprio sito istituzionale alcuni schemi di preventivo scritto.



Dopo il cit. Decreto Liberalizzazioni - ricordiamo - era intervenuta la Legge 31 dicembre 2012, n. 247 ("Nuova disciplina dell´ordinamento della professione forense"), che, all´art. 13 comma 5, aveva limitato l´obbligo del preventivo ai soli casi di "richiesta" da parte del cliente.
Ma la legge Concorrenza, al comma 141 lettera d) aveva eliminato dal cit. art. 13 le parole «a richiesta», per cui si era ritenuto che l´obbligo dell´avvocato di fornire il preventivo scritto al cliente scattasse già al conferimento dell´incarico, anche in assenza di un´esplicita istanza da parte del cliente.

Dunque, in base al combinato disposto degli artt. 9 comma 4 D.L. n. 1/2012 e 13 comma 5 L. 247/2012, si era ritenuto che fin da quel momento l´avvocato fosse tenuto ad indicare nel preventivo tutte le informazioni relative all´incarico, quali: difficoltà dello stesso; previsione del costo della prestazione suddiviso in oneri, spese e compenso professionale; oneri ipotizzabili dall´inizio alla fine dell´incarico; estremi polizza assicurativa.



In proposito, come rilevato, in un articolo apparso sul Sole 24 Ore da Bianca Lucia Mazzei e Valeria Uva

"L´articolo 13 della legge forense non parla infatti di "preventivo" ma di una comunicazione scritta del costo prevedibile della prestazione, a «colui che conferisce l´incarico». Il Consiglio nazionale forense ha chiarito quindi (con una nota dell´ufficio studi) che la comunicazione scritta va effettuata dopo che l´incarico è stato accettato (o anche contestualmente). L´unica novità introdotta dalla legge concorrenza è che non è necessaria la richiesta da parte del cliente. «Le prestazioni di un avvocato - spiega Davide Calabrò, consigliere del Cnf - non sono facilmente comparabili e la quantificazione di oneri e compensi non può essere fatta prima dell´affidamento dell´incarico».

Inoltre, secondo quanto stabilito dal Cnf, la comunicazione non è dovuta per le prestazioni istantanee, quelle - cioè - "immediate" come "le consulenze orali contestuali alla richiesta, la difesa e l´interrogatorio in carcere, i procedimenti per direttissima".

Il "consiglio" è "di inserire una clausola di garanzia che avverta il cliente della possibilità che l´evoluzione processuale (difficilmente prevedibile) determini aumenti di cui dovrò comunque essere tempestivamente informato. L´inadempienza non comporta inoltre la nullità dell´accordo ma solo il ricorso ai parametri del Dm 55/2014, per determinare costi e compensi".



Riportiamo due stralci del parere:
«La lettera della norma dispone che la comunicazione debba essere effettuata in forma scritta "a colui che conferisce l´incarico", e ciò comporta che essa intervenga dopo l´accettazione dell´incarico. L´accettazione dell´incarico e la comunicazione scritta del presumibile costo della prestazione possono anche essere contestuali. Ne deriva che le parti possono stipulare in forma scritta l´intero assetto del contratto di patrocinio, ivi inserendo quindi anche la comunicazione del prevedibile costo delle prestazioni, onde la coincidenza dei due momenti determina che l´adempimento dell´obbligo di comunicazione risulti assorbito dal perfezionamento del contratto d´opera professionale a seguito di proposta e accettazione. Resta fermo che il compenso dell´avvocato può essere determinato secondo le previsioni di cui all´art. 13, comma 3, L.P.».

Ed ancora:

«Il mancato adempimento dell´obbligo di comunicazione in forma scritta, o comunque la mancanza dell´accordo sul compenso, comportera` l´applicazione del comma 6 del medesimo art. 13 e dunque, segnatamente, il ricorso ai parametri per la determinazione del costo della prestazione: a mente dell´art. 13, comma 6, infatti, i parametri si applicano – tra l´altro – quando "all´atto dell´incarico o successivamente il compenso non sia stato determinato in forma scritta" e "in ogni caso di mancata determinazione consensuale". In ogni caso, la violazione dell´obbligo di comunicazione "scritta" non risulta idonea a provocare la nullita` dell´accordo e la conseguente inefficacia del contratto d´opera professionale. La disposizione in parola, difatti, può essere qualificata in termini di "norma di comportamento dei contraenti" e non gia` quale "norma di validita` del contratto" 2: e, secondo la Suprema Corte di Cassazione, la violazione delle norme di comportamento, "tanto nella fase prenegoziale quanto in quella attuativa del rapporto" "non incide sulla genesi dell´atto negoziale, quanto meno nel senso che non è idonea a provocarne la nullita`"».

C´è comunque da augurarsi, visto la complessità della materia e le plurime interpretazioni, un intervento risolutore da parte del CNF atteso che un orientamento definitivo non può essere senz´altro delegato all´ufficio Studi, per quanto autorevole esso sia. In attesa di ciò, il consiglio che può darsi è quello di attenersi all´interpretazione più rigorosa e restrittiva.