Di Redazione su Mercoledì, 15 Novembre 2017
Categoria: Interventi e Opinioni

Banche e interessi tra usura, anatocismo e legalità: cosa dicono i Giudici

Sembra che la questione dei rapporti tra banca e cliente non cenni a trovare un punto di approdo tra nullità del contratto, interessi anatocistici e usura, restituzione di somme indebitamente versate.
Di recente, il quadro è divenuto anche più complesso e per il cliente, non addetto ai lavori, anche solo comprendere i termini tecnici diventa impossibile.
Ecco la necessità di fare il punto della situazione.
L´anatocismo è il fenomeno secondo cui gli interessi sulle somme concesse dalla Banca producono ulteriori interessi: quindi, per comprendere il meccanismo, gli interessi maturati si trasformano in capitale, ossia sono sommati all´importo originariamente dovuto e producono a loro volta interessi. L´anatocismo è vietato dal codice civile e le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza 24418/2010 hanno stabilito come il cliente che abbia versato interessi anatocistici ha diritto al rimborso, né la clausola sugli interessi anatocistici può essere automaticamente sostituita, ma deve considerarsi radicalmente nulla.
Nonostante il divieto chiaro imposto dal codice civile, confermato dalla giurisprudenza a più riprese, le Banche continuano sovente a capitalizzare gli interessi producendo il fenomeno dell´anatocismo, per cui le azioni legali per il rimborso sono ancora una prassi particolarmente imponente. Il cliente, peraltro, sovente non è reso edotto delle modalità di calcolo degli interessi con ulteriore pregiudizio nel suo patrimonio.
Sul punto, una recentissima sentenza appare rivoluzionaria, il Tribunale di Macerata con sentenza 973-17 del 26 settembre 2017 ha confermato che gli interessi anatocistici o ultra legali non sono dovuti, sia prima che dopo il 2000, tutte le volte in cui manchi una corretta e puntuale pattuizione sul calcolo dei suddetti interessi o si faccia rinvio a criteri standardizzati e indeterminati.
Interessante, inoltre, l´intervento delle Sezioni unite della Corte di Cassazione del 18 luglio 2017, sentenza n. 22972.
Il principio di diritto sancito dalla Corte ha una portata dirompente nei rapporti tra banca e cliente, con riferimento ai contratti di mutuo e interessi.
Procedendo con ordine, la legge 108/1996 ha statuito che si considerano usurari gli interessi che accedono a un contratto e che superano un determinato tasso calcolato periodicamente. Gli interessi pattuiti, se usurari, non sono dovuti perché la clausola di inserimento della dazione usuraia è nulla. Se tali somme vengono corrisposte da un cliente in virtù di una pattuizione usuraia, il soggetto ha diritto al rimborso.
All´indomani dell´entrata in vigore di questa norma ci si è chiesti se la nullità degli interessi si estende anche ai contratti stipulati precedentemente alla introduzione della legge o alle pattuizioni contrattuali che prevedono un tasso di interesse legale ma che diviene usuraio nel corso del rapporto di mutuo a causa del calcolo periodico.
La prima domanda ha trovato nella giurisprudenza risposta positiva: la legge si estende anche ai contratti in corso se la clausola contrattuale reca interessi superiori al tasso soglia.
Più complessa la risposta alla questione della nullità di interessi che, pattuiti legalmente, diventano usurai nel loro ammontare nel corso dell´esecuzione del contratto di durata. Il problema giuridico si è posto con i contratti di mutuo che sono rapporti di durata in cui gli interessi vengono corrisposti per tutta l´esecuzione dell´accordo. La questione è stata definita dalla giurisprudenza e dalla dottrina come usura sopravvenuta.
Sul tema si è registrato un dibattito articolato e annoso sul quale oggi le Sezioni Unite, in nomofilachia, mettono un punto certo.
Secondo un primo orientamento, l´usura sopravvenuta non si può giuridicamente configurare perché la legge 10/1996 fa espressamente riferimento al momento della pattuizione, attribuendo rilevanza all´incontro della volontà delle parti e chiamando a responsabilità il mutuante in ordine alla genesi del rapporto. Nessuna rilevanza giuridica può, quindi, attribuirsi al fenomeno della usura sopravvenuta, poiché indipendente dalla volontà delle parti (cfr. Cassazione Civile 8742/2001; Cassazione civile 801/2016).
In senso diametralmente opposto, si collega l´orientamento che attribuisce piena rilevanza all´usura sopravvenuta, attuando principi giuridici differenti. Secondo un certo indirizzo, non si potrebbe applicare la categoria della nullità della clausola sugli interessi, ma la sua inefficacia giuridica rilevabile anche d´ufficio (Cassazione civile 17854/2007); di diverso avviso, i sostenitori della tesi della distinzione della sanzione penale (usura, legge 108/1996) rispetto alla sanzione civile, applicabile al contratto anche divenuto solo successivamente usuraio (Cassazione civile 9405/2007). In alcune sentenze, invero, si fa ricorso al tema della sostituzione ex lege della clausola divenuta eccessivamente onerosa, ex artt. 1319 e 1419, secondo comma, c.c. (Cassazione civile 602 – 603/2013).
Il legislatore è intervenuto con una legge di interpretazione autentica (decreto 394/2000), dichiarato legittimo costituzionale con sentenza 29/2002 dal Giudice delle leggi, secondo cui la legge 108//1996 si applica solo alle pattuizioni di interessi usurai, con esclusione della c.d. usura sopravvenuta che non può comportare in alcun caso una nullità o inefficacia della dazione di interessi legalmente pattuiti, ancorchè nel corso del tempo il loro ammontare superi il c.d. tasso soglia.
Alla luce dell´intervento di interpretazione autentica della normativa, in dottrina e in giurisprudenza si è tentato di introdurre un diverso argomento giuridico per tutelare il cliente dalla dazione di interessi che, seppure in un momento sopravvenuto, si qualificano come usurai. In tal senso, la giurisprudenza e la dottrina ritengono che la buona fede contrattuale implica il dovere di ricontrattare gli interessi mentre si qualifica contraria a correttezza e buona fede qualunque dazione che, in concreto, rappresenti un interesse usuraio, ancorchè sopravvenuto.
Stante il suddetto quadro, la questione è stata rimessa alle Sezioni Unite per una decisione di componimento del contrasto giurisprudenziale. Con sentenza dello scorso luglio, i giudici di legittimità hanno detto no alla usura sopravvenuta. Alla luce di un quadro normativo chiaro, la natura di clausola usuraia può essere attribuita solo alla pattuizione di interessi che, sin dall´origine, abbiano superato il tasso soglia imposto dalla legge. Nessuna rilevanza, al contrario, può essere riconosciuta alla dazione di interessi oltre tale tasso, per effetto del decorso del tempo e del calcolo periodico. In tal senso neanche il concetto di buona fede potrebbe giustificare la contrarietà all´ordinamento di tali dazioni di denaro in quanto, afferma la Corte, "la violazione del canone di buona fede non è riscontrabile nell´esercizio in sé considerato dei diritti scaturenti dal contratto, bensì nelle particolari modalità di esercizio di tale diritto che siano scorrette in relazione alle circostanze concrete".
Le Sezioni Unite, quindi, frenano le azioni legali dei clienti verso le banche per vedersi restituite le somme versate a titolo di interessi e divenute nel corso del tempo superiori al tasso soglia: tali dazioni, quindi, non sono in sé contrarie all´ordinamento, neanche alla luce della clausola di buona fede contrattuale, perché dovute in adempimento di obblighi e diritti legalmente pattuiti.
Alla luce del complesso quadro giuridico ricostruito appare chiaro che il cliente vanta il diritto a non corrispondere interessi usurai o anatocistici, con esclusione solo del caso di usura sopravvenuta. Pertanto, il cliente che possiede conti bancari, mutui, leasing dovrebbe conoscere le sue ragioni giuridiche e chiedere una consulenza econometrica per verificare se, in sfregio alla normativa e alla giurisprudenza, il proprio istituto di credito sta applicando interessi usurai o anatocistici o se, nel corso dell´esecuzione del contratto, l´interesse sia divenuto usurario in maniera sopravvenuta. Anche in quest´ultimo caso il cliente potrebbe chiedere all´istituto di credito un comportamento in buona fede volto alla ricontrattazione del tasso di interesse. Mentre gli interessi versati in maniera illegittima danno diritto al rimborso integrale che può essere chiesto alla banca giudizialmente o stragiudizialmente.
Centrale in questo percorso di tutela è la corretta informazione del cliente che, sovente, non possiede le competenze per comprendere la natura del proprio contratto bancario; pertanto, risulta necessario affidarsi a una consulenza di tipo bancario e legale per possedere una conoscenza precisa del proprio rapporto bancario.
Avv. Nadia Di Lorenzo – Foro di Catania
Dottore di ricerca in politiche europee
di diritto penale, processuale e
di cooperazione giudiziaria