Di Paola Moscuzza su Mercoledì, 21 Giugno 2017
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Civile

Chiede il permesso di soggiorno per prendersi cura della figlia: negato per spaccio e violenza domestica

 

A fronte di richiesta, da parte di un padre, delpermesso di soggiorno al fine di avvicinarsi alla figlia per prendersene cura, la Suprema Corte, VI sezione Civile, pronunciandosi con ordinanza n. 15082/17, depositata il 19 Giugno, confermava il rigetto della richiesta, già avvenuto nei gradi precedenti, indicando su cosa il giudice, con il giudizio prognostico, deve soffermarsi per valutare la capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio in una situazione determinata dalla disgregazione dell´unione.
Un uomo presentava presso il Tribunale per i minorenni di Perugia, domanda per un permesso di soggiorno temporaneo in funzione delle esigenze della figlia. Il Giudice respingeva la richiesta, così come la Corte d´Appello adita in prosieguo di tempo.
A motivo del respingimento della relativa richiesta, la riflessione sul disagio subito dalla figlia, che non poteva considerarsi come diverso rispetto ad un disagio normalmente patito dall´ allontanamento di un genitore, e per di più avendo considerato che la vicinanza di un padre dedito ad attività di spaccio di stupefacenti, nonché avvezzo a praticare violenze in famiglia, certamente non avrebbe avuto effetti benefici sulla minore, vista l´incapacità del padre a ricoprire un ruolo di guida educativa esemplare.
Ricorreva per Cassazione il padre, lamentando che la Corte adita non aveva ritenuto realizzata la condizione necessaria per l´ottenimento dell´autorizzazione, evidenziando come l´esigenza della minore era quella di vivere in una famiglia unita. Inoltre, i giudici di merito, per nulla avevano tenuto conto del pregiudizio che sarebbe derivato alla bambina dall´ allontanamento del padre, limitandosi a dubitare della capacità del ricorrente di fare da guida alla minore, riferendosi al reato di spaccio, commesso 10 anni prima, e ad una condotta in famiglia caratterizzata dalla violenza.
Il ricorrente ha poi eccepito la mancanza di approfondimento sulla situazione concreta vissuta dalla minore e della sua famiglia. Il giudice minorile ha infatti l´onere di accertare, in via pregiudiziale, la coesione familiare, che lo straniero esercitava la propria funzione genitoriale in aiuto e beneficio della figlia minore, e che interrompendo in modo brusco tale coesione, si sarebbe solo creato un danno allo sviluppo psico-fisico della minore.
La Cassazione dichiarava inammissibili i due motivi di ricorso. Il primo perché " volto a prospettare una ricostruzione dei fatti alternativa" a quella fornita dalla Corte d´appello. Sul punto è stato richiamato l´orientamento giurisprudenziale secondo cui " il giudizio prognostico che il giudice, nell´ esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell´unione, va formulato tenendo conto, in base ad elementi concreti,del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell´ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore".
Quanto al secondo motivo, l´inammissibilità si deduceva dalla genericità e astrattezza rispetto al concreto accertamento dell´insussistenza delle condizioni per il riconoscimento del diritto reclamato dal ricorrente.
 
Paola Moscuzza, autrice di questo articolo, si è laureata in Giurisprudenza, presso l´Università degli Studi di Messina, nell´anno 2015.
 
 
 
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