La Quinta Sezione Penale della Cassazione con l’ordinanza n. 7125/2016, depositata il 23 febbraio 2016 in esito all´udienza del 9 febbraio dello stesso anno, ha rimesso alle SS.UU della Corte la questione: «Se, a seguito dell’abrogazione dell’art. 594 c.p., ad opera del D. Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, art. 1, debbano essere revocate le statuizioni civili eventualmente adottate con la sentenza di condanna non definitiva per il reato di ingiuria pronunziata prima dell’entrata in vigore del suddetto decreto».
Il problema si è posto a seguito dell’entrata in vigore, il 6 febbraio scorso, del D.lgs. n. 7/2016 che ha abrogato, fra gli altri, anche il reato di ingiuria in precedenza p.e p. dall’art. 594 CP. Con riferimento agli effetti penali della sentenza già pronunciata, ma non passata in giudicato, nulla quaestio; infatti la stessa va annullata per non essere più il fatto considerato come reato dalla legge, in applicazione del principio della retroattività della nuova disposizione e del principio vigente nel nostro ordinamento del favor rei. La Corte si è posto invece il problema della sorte delle statuizioni civili già pronunziate dai giudici di merito a seguito dell’accertamento dei fatti e della attribuibilità degli stessi agli imputati.
In passato la Corte ha avuto modo di affrontare il tema della validità delle statuizioni civili della sentenza allorquando la stessa è stata revocata dal Giudice dell’Esecuzione per intervenuta abrogatio criminis. In queste ipotesi, la Corte ha, senza alcun ombra di dubbio, riconosciuto persistere nella sentenza revocata la natura di fonte dell’illecito civile che la parte danneggiata può far valere. La Corte purtuttavia ha dovuto tenere conto che si trovava ad esaminare una sentenza che, a differenza dell’ipotesi della revoca per intervenuta abrogatio criminis, ha il carattere della non definitività perchè ancora non passata in giudicato. Pertanto in applicazione del combinato disposto degli artt. 185 C.P. e 74 e 538 CPP ha escluso l’applicazione dei fatti valere nell’ ipotesi di cui sopra.
Con la citata ordinanza la Corte continua ad esaminare altri aspetti che la questione in generale porrebbe, ma lo sforzo profuso non la porta, col suo ragionamento logico giuridico, a trovare una soluzione certa. Infatti da ultimo richiama gli stessi D.lgs nn 7 e 8 /2016 nella parte in cui il legislatore ha introdotto una “inedita figura sanzionatoria le c.d.” sanzioni pecuniarie civili” che parrebbero dar man forte a chi sostiene la tesi che le statuizioni civili dovrebbero comunque rimanere valide.
La Quinta Sezione ritenendo pregiudizievole la questione prospetta e ritenuto che la stessa possa essere fonte di contrasti interpretativi, ha deciso così di rimettere il tutto avanti alle Sezioni Unite della Cassazione.
Il problema si è posto a seguito dell’entrata in vigore, il 6 febbraio scorso, del D.lgs. n. 7/2016 che ha abrogato, fra gli altri, anche il reato di ingiuria in precedenza p.e p. dall’art. 594 CP. Con riferimento agli effetti penali della sentenza già pronunciata, ma non passata in giudicato, nulla quaestio; infatti la stessa va annullata per non essere più il fatto considerato come reato dalla legge, in applicazione del principio della retroattività della nuova disposizione e del principio vigente nel nostro ordinamento del favor rei. La Corte si è posto invece il problema della sorte delle statuizioni civili già pronunziate dai giudici di merito a seguito dell’accertamento dei fatti e della attribuibilità degli stessi agli imputati.
In passato la Corte ha avuto modo di affrontare il tema della validità delle statuizioni civili della sentenza allorquando la stessa è stata revocata dal Giudice dell’Esecuzione per intervenuta abrogatio criminis. In queste ipotesi, la Corte ha, senza alcun ombra di dubbio, riconosciuto persistere nella sentenza revocata la natura di fonte dell’illecito civile che la parte danneggiata può far valere. La Corte purtuttavia ha dovuto tenere conto che si trovava ad esaminare una sentenza che, a differenza dell’ipotesi della revoca per intervenuta abrogatio criminis, ha il carattere della non definitività perchè ancora non passata in giudicato. Pertanto in applicazione del combinato disposto degli artt. 185 C.P. e 74 e 538 CPP ha escluso l’applicazione dei fatti valere nell’ ipotesi di cui sopra.
Con la citata ordinanza la Corte continua ad esaminare altri aspetti che la questione in generale porrebbe, ma lo sforzo profuso non la porta, col suo ragionamento logico giuridico, a trovare una soluzione certa. Infatti da ultimo richiama gli stessi D.lgs nn 7 e 8 /2016 nella parte in cui il legislatore ha introdotto una “inedita figura sanzionatoria le c.d.” sanzioni pecuniarie civili” che parrebbero dar man forte a chi sostiene la tesi che le statuizioni civili dovrebbero comunque rimanere valide.
La Quinta Sezione ritenendo pregiudizievole la questione prospetta e ritenuto che la stessa possa essere fonte di contrasti interpretativi, ha deciso così di rimettere il tutto avanti alle Sezioni Unite della Cassazione.
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