Di Carmela Patrizia Spadaro su Giovedì, 12 Ottobre 2023
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Civile

Cessazione della materia del contendere e soccombenza virtuale nel processo tributario

Riferimenti normativi: Art.92, comma 2, c.p.c.- Art.46 D.Lgs.n.546/92

Focus: L'annullamento di un atto impositivo in autotutela da parte dell'Amministrazione finanziaria fa sì che il giudice possa dichiarare cessata materia del contendere e compensare le spese legali tra le parti. Se l'atto viene annullato dopo la notifica del ricorso da parte del contribuente ciò comporta automaticamente la condanna dell'Amministrazione finanziaria al pagamento delle spese processuali?In materia si è pronunciata la Corte di Cassazione con Ordinanza n.18459/5 del 28/06/2023

Principi generali: Nel caso in cui la causa si sia conclusa per cessata materia del contendere si parla di soccombenza "virtuale" perché, di fatto, il giudizio si è concluso senza vinti né vincitori. La soccombenza virtualedeve essere stabilita dal giudice con riferimento all'esistenza di un interesse ad agire del contribuente al tempo in cui è stata proposta l'impugnazione. 

 Il caso: Un contribuente aveva presentato ricorso in Commissione tributaria provinciale avverso una cartella esattoriale emessa dall'Agenzia delle Entrate per il recupero dell'imposta di registro relativa ad una sentenza, sostenendo che quest'ultima, per la quale era stato chiesto il pagamento dell'imposta di registro, era riferibile ad altra persona. La Commissione tributaria provinciale dichiarava "non luogo a deliberare essendo cessata la materia del contendere" e compensava tra le parti le spese del giudizio. La sentenza veniva impugnata dal contribuente dinanzi alla Commissione tributaria regionale per mancanza di motivazione, specie in riferimento alla compensazione delle spese. La Commissione tributaria regionale evidenziava, innanzitutto, il corretto operato del giudice di prime cure che, tenendo conto del fatto che l'Agenzia delle Entrate aveva riparato, in sede di autotutela, all'errore commesso nell'individuazione del soggetto obbligato, aveva dichiarato cessata la materia del contendere. Alla luce di ciò, i giudici di seconde cure avevano ritenuto che il ricorrente, già a conoscenza dell'intervenuto sgravio della cartella esattoriale prima della notificazione del ricorso introduttivo del giudizio, avesse intrapreso una controversia superflua davanti all'autorità giudiziaria e per questo avevano rigettato l'appello. Avverso la sentenza d'appello il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione a fronte del quale l'Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso.

Il ricorrente ha eccepito, con un unico motivo, che la Commissione di secondo grado, con una motivazione meramente apparente, ha erroneamente ipotizzato che la Commissione tributaria provinciale avesse disposto la compensazione delle spese per la sussistenza di "altri giusti motivi", non esplicitati, senza pronunciarsi, peraltro, sulla eccepita mancanza di motivazione della sentenza di primo grado. La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo del ricorso. Essa ha precisato che ricorre il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza quando "il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l'iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, consentendo, così, di verificare se abbia effettivamente giudicato correttamente (Cass. nn. 2876/2017 e 1461/2018)". Nel caso di specie, la Commissione tributaria regionale, dopo aver evidenziato che i giudici di primo grado avevano compensato le spese di lite "in esito ad una valutazione complessiva della situazione determinatasi", ha richiamato il principio generale, in tema di contenzioso tributario, secondo cui la Commissione tributaria può dichiarare compensate le spese processuali, in tutto o in parte (ai sensi dell'art. 92, comma 2, c.p.c.), quando concorrono "altri giusti motivi". La stessa, però, ha commesso un errore processuale nella ricostruzione cronologica degli eventi, in quanto ha sostenuto che il contribuente avrebbe notificato il ricorso introduttivo del giudizio dopo essere venuto a conoscenza dell'intervenuto sgravio, mentre in realtà è il deposito del ricorso che è avvenuto dopo l'accoglimento dell'istanza di reclamo/mediazione (già notificato in precedenza), da parte dell'Agenzia delle Entrate. Il fatto che il contribuente abbia dato seguito all'iniziativa giudiziaria dopo aver appreso dello sgravio in via di autotutela, non è imputabile allo stesso. Infatti, l'iniziativa giudiziaria si era resa necessaria per non incorrere in decadenza (se si considera che l'annullamento in sede di autotutela è avvenuto circa quattro mesi di tempo dopo la notifica del ricorso), legittimando anche la richiesta di rimborso delle spese sostenute per instaurare il giudizio, considerato il tempo di attesa dell'annullamento da parte dell'Agenzia delle Entrate. La compensazione delle spese nel processo tributario non è correlata automaticamente alla cessazione della materia del contendere, a seguito di annullamento dell'atto impugnato in sede di autotutela, dopo la definizione del giudizio di merito. Si deve ricorrere, invece, alla regola, propria del processo civile ordinario, della "soccombenza virtuale", cui possa seguire la condanna dell'Amministrazione alle spese (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1230 del 19/01/2007). In base al principio della soccombenza virtuale il giudice deve valutare e motivare se, in assenza dell'annullamento in autotutela dell'atto impugnato, il ricorso originario sarebbe stato meritevole di accoglimento e, quindi, la parte ricorrente sarebbe risultata vittoriosa in sede giurisdizionale. Pertanto, il giudice deve decidere anche sulle spese di giustizia (Cass. civ., sent.n.24714/2022) e ciò al fine di evitare che sia riconosciuto alla parte pubblica un trattamento privilegiato privo di obiettiva giustificazione, nel rispetto dei principi costituzionali di ragionevolezza, di parità delle parti e del "giusto processo". Il ricorso, quindi, è stato accolto dai giudici di legittimità, riconoscendo la soccombenza alle spese dell'Agenzia delle Entrate. 

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